15:17 Attacco Al Treno è il film più sorprendente di Clint Eastwood

Su Rete 4 alle 21.27 la storia vera dell’atto eroico di tre giovani americani che sventano un attentato viene interpretata dai suoi autentici protagonisti. Una vertiginosa mescolanza di realtà e finzione di un Eastwood che non smette di stupire

15:17 Attacco Al Treno

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Clint Eastwood, questo monumento del cinema che il prossimo 31 maggio compirà novant’anni, viene festeggiato questa settimana come merita dalla tv italiana, con una programmazione molto ricca di titoli (qui l’approfondimento di OM). Si comincia stasera dalla prima tv su Rete 4 di una delle sue regie più recenti, 15:17 Attacco Al Treno (2018).

La storia è nota, perché autentica e basata sul libro autobiografico omonimo scritto dai tre protagonisti della vicenda, Anthony Sadler, Alek Skarlatos e Spencer Stone (questi ultimi due, dei militari). I tre giovani nel pomeriggio del 21 agosto 2015, sul treno diretto da Amsterdam a Parigi sventarono un attentato di un terrorista marocchino, Ayoub El-Khazzani, evitando una strage. Grazie al coraggioso gesto i tre ottennero la Legion d’Onore, ricevuta dalle mani dell’allora presidente della Repubblica francese François Hollande.

Clint Eastwood, cinema dal vero

Clint Eastwood non è nuovo a racconti dal vero: soprattutto nell’ultimo decennio, sempre più il suo sguardo si è indirizzato verso la semplicità dell’autenticità e dell’adesione alla vita reale. Sia attraverso film biografici su personaggi storici come Nelson Mandela o il controverso Edgar Hoover. Sia con storie di gente comune coinvolta in eventi eccezionali: il pilota Sully Sullenberger che effettuò un ammaraggio di fortuna nel fiume Hudson, il fenomenale cecchino Chris Kyle di American Sniper, l’altro eroe per caso Richard Jewell che sventò anche lui un attentato o, interpretato dallo stesso Eastwood, il bizzarro corriere della droga ottuagenario di The Mule.

Quasi sempre in questi film, ci sono degli epiloghi nei quali compaiono le vere persone di cui viene raccontata la vicenda. Come se l’ambizione di Clint Eastwood sottesa a questi racconti fosse di ridurre progressivamente la distanza tra finzione cinematografica e verità fattuale, fino ad annullarla in una sorta di grado zero documentario, nel quale resta solo la realtà. Questo non per un partito preso da teorico del cinema, che poco si adatterebbe a un autore così pragmatico, ma per una tensione sempre maggiore alla sincerità e anche per un ritorno ai valori dell’umanesimo – che è il filo rosso che lega tutti questi film – che ponga davvero le persone al centro di racconti pensati e diretti contro qualunque artificiosità.

15:17 Attacco Al Treno, tra finzione e realtà

Questa impostazione giunge a un punto di sublimazione in 15:17 Attacco Al Treno, attraverso una soluzione rischiosa e molto criticata: far interpretare i tre personaggi ai veri Anthony Sadler, Alek Skarlatos e Spencer Stone. L’uso di non attori non ha nulla di rivoluzionario, naturalmente. Senza scomodare il neorealismo italiano – e Roberto De Gaetano ha giustamente fatto il nome di Rossellini per questo film di Eastwood – e restando al cinema americano, nel 1946 fece grande impressione nel film di William Wyler, I Migliori Anni Della Nostra Vita, la presenza di un vero reduce che aveva perduto entrambe le mani in guerra, Harold Russell, che ottenne anche un Oscar speciale. In quel caso però un autentico veterano veniva inserito in un contesto di finzione, nel quale portava la pressione della sua storia reale, che finiva per diventare più forte del racconto che gli ruotava intorno.

Qui però abbiamo tre persone che interpretano sé stesse: il che produce, soprattutto nel finale, un corto circuito in cui verità e finzione si saldano e dissolvono l’una nell’altra, perché vengono mescolati brani autentici del discorso di Hollande per l’assegnazione della Legion d’Onore a momenti girati ad hoc con la presenza degli attori del film, tra i quali, appunto, i suoi tre veri protagonisti.

I protagonisti ricevono da Hollande la Legion d’Onore

15:17 Attacco Al Treno resta un esperimento largamente sottovalutato. I più si sono focalizzati su un dato inoppugnabile, e cioè che come attori i tre volenterosi ragazzi sono inadeguati. Però al di là del singolare dibattito filosofico che potrebbe partire intorno al concetto dell’essere inadeguati a sé stessi, va detto che l’appunto non coglie un tratto essenziale del film. Che non riguarda solo questa scelta vistosa, ma l’intero impianto della storia. La quale fino al momento dell’attentato, che occupa una parte minima del film, racconta passato e presente dei protagonisti, dall’infanzia all’oggi, che si distingue per una voluta mancanza di esemplarità.

Un eroismo casuale

La vicenda non è costruita secondo l’idea della costruzione di un destino, come è per esempio in American Sniper, in cui le scene di caccia e l’educazione rigorosa impartita al bambino Chris Kyle si traducono nelle sue scelte di vita adulta, in una progressione coerente. Nulla di tutto questo in 15:17 Attacco Al Treno. Alek e Spencer, cui da bambini viene diagnosticato un frettoloso deficit dell’attenzione da curare con farmaci – qui Eastwood esprime il suo rifiuto di questa ossessione medicalizzante – sono individui senza una vocazione manifesta.

Diventano entrambi militari, anche mostrando volontà e desiderio di fare: Spencer, sovrappeso, lavora duramente per trovare la forma fisica che gli permetta di entrare nel corpo. Ma, alla prova dei fatti, poi è capace di addormentarsi e disattendere per questo alle regole dell’addestramento. Mentre Alek è mandato in Afghanistan per una missione che non ha niente di eroico e nella quale non svolge alcun compito specifico.

Clint Eastwood insieme ai tre protagonisti

15:17 Attacco Al Treno poi si disperde, apparentemente, nella lunga parentesi del viaggio di piacere in Europa, zaino in spalla, dei tre amici. Anche qui, Eastwood non la tratta nei termini di una costruzione narrativa progressiva che conduca al climax dell’attentato. I tre viaggiano da una città all’altra, cercano di rimorchiare ragazze, si fanno selfie davanti ai monumenti più prevedibili, dimostrano la loro precaria conoscenza della storia (credono che Hitler si sia suicidato perché accerchiato dall’esercito statunitense e non sovietico).

Insomma, tutto procede in maniera quasi casuale, senza una solida drammaturgia. Un po’ come la vita vera. E l’attentato arriva come un evento improvviso, che provoca nei tre una reazione incredibilmente eroica. La quale però non è scritta nel loro passato o nell’educazione, che francamente né la famiglia (senza padri), né la scuola, né l’istituzione militare sembrano essere stati davvero in grado di fornirgli. È scritta, invece, misteriosamente, nel loro carattere, o forse, semplicemente, nel momento stesso in cui la cosa accade.

Eastwood è un classico, come Ford e Hawks

15:17 Attacco Al Treno è un film stilisticamente non perfetto, ma non contiene quel genere di preoccupazioni formali cui pure Eastwood in capolavori come Mystic River e Gran Torino era ancora attento. Nella libertà assoluta dell’ottuagenario, il regista ha abbandonato apprensioni autoriali, e come i grandi autori classici cui viene spesso accostato, sceglie nella sua tarda età di assecondare solo la propria vocazione. Il risultato lascia perplessi i più: esattamente come accadeva al John Ford di Missione In Manciuria o all’Howard Hawks di Linea Rossa 7000.

Quest’ultimo è il film cui mi viene naturale paragonare 15:17 Attacco Al Treno. Si tratta di una storia di automobilismo girata a metà anni Sessanta: che sconcertò perché priva d’una struttura narrativa, il racconto destrutturato d’un gruppo di piloti che rischiano la vita a trecento all’ora, ma senza impennate drammatiche, che inanella un fatto dopo l’altro, casualmente e ripetitivamente, come ripetitivi sono i giri inanellati in pista. All’epoca tutti lo giudicarono un fallimento, un film che non raccontava e significava nulla. Oggi è ampiamente rivalutato, e giudicato di una modernità preveggente. Ho la netta impressione che accadrà qualcosa di simile a questo frutto tardo e liberissimo del cinema di Clint Eastwood. Tanti auguri.