Riesplode l’interesse per la serie tv Girls di Lena Dunham, ma oltre Adam Driver c’è di più

Con Marriage Story è scoppiata la Driver-mania, ma la serie tv che ne ha sancito la popolarità è stata e rimane un capitolo prezioso dell'intera serialità al femminile

Adam Driver in Girls

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Adam Driver non è certo l’ultimo arrivato. Da sempre amante del teatro e grande frequentatore dei palchi di Broadway, negli ultimi sette anni ha costruito una presenza solida e apprezzata nel mondo del cinema.

È il Kylo Ren dell’ultima trilogia di Star Wars, certo, ma ha anche e soprattutto inanellato performance pluripremiate in Lincoln, Hungry Hearts, Paterson, BlacKkKlansman. E poi c’è Marriage Story, immediatamente etichettato come uno dei migliori film del 2019, con un ruolo che per Adam Driver ha tutto il sapore della consacrazione definitiva.

Questa inarrestabile Driver-mania ha portato a un ritorno di fiamma per la serie tv Girls, ideata e prodotta da Lena Dunham e andata in onda su HBO fra il 2012 e il 2017. Una dramedy ambiziosa, controversa almeno quanto la sua creatrice, e che ad Adam Driver ha offerto la possibilità di mettere in mostra un talento interpretativo a tratti ruvido, a tratti straordinariamente delicato. Tanto da garantirgli tre nomination consecutive agli Emmy Awards.

Trama, cast e personaggi di Girls

Eppure la serie tv Girls non è mai stata soltanto il varco d’accesso alla popolarità di Adam Driver. Anzi, dal debutto e nel corso delle prime due o tre stagioni, è stata principalmente la creatura di Lena Dunham, all’epoca poco più che ventenne e già voce di assoluto rilievo della nuova generazione di creativi di Hollywood. Non erano infatti molte, in quegli anni, le serie concepite da e per le giovani donne sull’orlo della vita adulta, avviluppate in trame personali e professionali al contempo minuscole ed estremamente rilevanti.

Girls ha raccontato anzitutto la vita di Hannah (Lena Dunham), venticinquenne arrivata a New York col sogno di diventare scrittrice. Il sostegno economico dei genitori viene però a mancare all’improvviso, costringendo la protagonista a tentare e fallire in modi diversi e clamorosi prima di trovare la propria strada nel mondo.

Al suo fianco ha avuto la migliore amica Marnie (Allison Williams), assistente in una galleria d’arte e abituata a esistere al lato e in funzione di una serie di compagni, tra i quali i fidanzati Charlie e Ray, e solo in seguito disposta a schiarirsi i pensieri e inseguire i propri sogni.

A completare il gruppo la ribelle e anticonformista Jessa (Jemima Kirke), preda delle dipendenze e di un carattere complicato, vittima di relazioni conflittuali con le amiche e i partner. E infine Shoshanna (Zosia Mamet), la più giovane e ingenua, inesperta nei rapporti interpersonali e volubile negli interessi.

Adam Driver ha interpretato invece un omonimo personaggio, falegname con problemi d’alcolismo e un carattere spigoloso, legato ad Hannah da un rapporto via via più profondo eppure destinato a incomprensioni irrisolvibili. Nel tempo intrattiene relazioni mordi e fuggi, sviluppa un rapporto passionale e intenso con Jenna e infine dà voce al desiderio di diventare attore di teatro.

È proprio questo piccolo, grande gruppo di interpreti a ricordare che la serie tv Girls non è stata solo un trampolino per Adam Driver. Sia l’ensemble che ognuno dei suoi membri ha assicurato alla serie un tocco personalissimo, di grande impatto, che l’ha salvata dalla sua stessa miopia.

Al fianco degli interpreti principali hanno dato prova di ottime performance anche Alex Karpovsky (Ray), Andrew Rennels (Elijah) Ebon Moss-Bachrach (Desi), Becky Ann Baker (Loreen), Peter Scolari (Tad), Christopher Abbott (Charlie), Kathryn Hahn (Katherine), Chris O’Dowd (Thomas-John), Shiri Appleby (Natalia), Gaby Hoffman (Caroline) e tante guest star.

Temi, significati, reazioni di critica e pubblico

Le interpretazioni del cast e le sceneggiature di Lena Dunham sono state una ventata d’aria fresca nel panorama della serialità di quegli anni. Se le ultime stagioni hanno fatto storcere il naso alla stragrande maggioranza dei critici, le prime hanno invece raccolto un consenso unanime. Girls è stata lodata per il suo tono fresco, umoristico ma con spazio alla riflessione, e per la centralità narrativa dell’universo femminile delle millennial.

È stato inevitabile, insomma, innamorarsi delle prime stagioni di una serie calda e ricca di sfumature, sfrontata nel suo approcciarsi alle aspettative, ai bisogni, alle relazioni e alle debolezze di un gruppo demografico cruciale, eppure clamorosamente sottorappresentato.

Il passare degli anni, tuttavia, ha fatto emergere i difetti di Girls che, perso almeno in parte il suo mordente, ha convinto sempre meno. È innegabile che quelle che ancora oggi sono ricordate come le principali mancanze della serie siano state parte del suo DNA fin dal debutto, ma chissà che al principio vi si facesse meno caso per via della potente novità delle stesse.

Quale che sia la motivazione di fondo, col passare delle stagioni si è dovuto accettare che Girls sarebbe rimasta una rappresentazione parziale di un microcosmo di giovani donne bianche estremamente privilegiate, quasi del tutto disconnesse dalle comunità più vibranti di una metropoli cosmopolita come New York, interamente assorbite dalle proprie minuscole vite.

Al di là di qualsiasi giudizio, anche il più severo, la serie tv Girls rimane ancora oggi uno splendido esempio di creatività femminile a tutto tondo. Che si apprezzi o meno la vena artistica di Lena Dunham, a lei va il merito di essersi fatta spazio in uno scenario soffocato dalle presenze maschili, per portare sullo schermo le storie – pur privilegiate e miopi – di donne giovani e libere. Libere di desiderare, libere di ottenere e sprecare, di essere in gamba o puri e semplici disastri, nude o vestite, senza per questo chiedere scusa.