Dal 6 dicembre Netflix ha messo in programmazione una sua nuova produzione, Storia Di Un Matrimonio (Marriage Story, 2019), il film diretto da Noah Baumbach con Adam Driver e Scarlett Johansson. E visto che sulla piattaforma il 27 novembre è uscito anche l’altro gioiello di famiglia, The Irishman di Martin Scorsese, non è difficile prevedere che, nella stagione che condurrà fino agli Oscar del prossimo febbraio, si tornerà a discutere dell’annosa questione già sollevata lo scorso anno da Roma di Cuarón. E cioè se sia opportuno che concorrano ai premi per il cinema dei film con scarsissima o inesistente distribuzione nelle sale.
I due titoli, infatti, sono tra i grandi favoriti per la corsa alle statuette. The Irishman è stato appena incoronato film dell’anno dalla National Board of Review e dal New York Film Critics Circle Award. Storia Di Un Matrimonio invece ha vinto ai Gotham Awards il premio come miglior film e migliore attore protagonista. E già lunedì 9 dicembre, con l’annuncio delle nomination dei prestigiosi Golden Globes, si definiranno meglio le ambizioni in chiave Oscar di entrambi.
Va detto che Storia Di Un Matrimonio, passato colpevolmente in sordina nel concorso della Mostra di Venezia, è un film straordinario, il più maturo di Baumbach, che dopo l’affresco familiare del sottovalutato The Meyerowitz Stories, sempre prodotto da Netflix, dirige una discesa chirurgica dentro una coppia giunta al capolinea.
L’amore è ciò che non si vede in Storia Di Un Matrimonio. Perché il film parte dal momento in cui è tutto finito, quando il talentuoso, egocentrico regista teatrale Charlie (Driver) e l’attrice ex speranza di Hollywood trasformatasi nella sua musa Nicole (Scarlett Johansson) hanno deciso di separarsi. Prendendo lo spettatore in contropiede, il film comincia dalla minuziosa descrizione delle qualità di ognuno dei due elencate dall’altro componente della coppia. Non si tratta però di una romantica dichiarazione, bensì d’un esercizio richiesto dal mediatore per rendere meno doloroso l’iter che condurrà al divorzio, che coinvolge anche il figlio Henry.
Con una calibrata costruzione drammaturgica Baumbach, autore anche della sceneggiatura, si smarca costantemente dal melodramma prevedibile. Così la consegna della richiesta di divorzio avviene durante una sequenza in cui Charlie e l’imbranata sorella di Nicole stanno recitando con accento britannico le battute d’una commedia. Fino a quando la scena non si trasforma nell’attesa tragedia, col plico inopinatamente dato da Nicole al marito.
Per quanto la coppia sia certa che “tra noi sarà diverso” e che la pratica sarà svolta in modo educato e rispettoso, la sofferenza, e purtroppo il conflitto, costituiscono la natura intrinseca di una separazione. Una fase in cui anche le persone migliori del mondo – e nessuno, realisticamente, è la persona migliore del mondo – finiscono per giungere a un punto di saturazione lancinante.
Forse sarà perché Charlie, dopo che Nicole è tornata a vivere in California, è obbligato a far continuamente la spola tra New York e Los Angeles. Sarà perché entrambi si mettono nelle mani di avvocati divorzisti squali da 950 dollari all’ora (Laura Dern e Ray Liotta, ottimi), che dissimulano appena dietro le affettazioni l’aggressività professionale. Sarà per l’assistente sociale che viene a casa e ti mette sotto osservazione per giudicare se sei un padre perfetto in ogni istante della tua vita – “Mi sento trattato come un criminale”, dice Chiarlie. Sarà insomma per la somma di tutte queste spiacevoli ragioni che alla fine le buone maniere collassano e le recriminazioni prendono il sopravvento.
La tenuta di un melodramma dipende soprattutto dalla capacità degli attori di renderlo credibile. E sia Scarlett Johansson che un mai così convincente Adam Driver sono perfettamente nel ruolo, capaci di distillare le proprie emozioni, mutando impercettibilmente il dispiacere in disillusione e poi in furore represso e in rabbia manifesta, che per quanto liberatoria non ha nulla di rinfrancante.
Storia Di Un Matrimonio è anche un film sulla vita come messa in scena e continuo mascheramento. Non solo perché Charlie e Nicole sono un regista teatrale e un’attrice. Baumbach dissemina il racconto di travestimenti. Sin da quando nella prima scena vediamo Nicole emergere dal buio di un palcoscenico, tutto resta immerso in una dimensione di recita. Lei col volto ricoperto di maschere sul set della serie tv; la doppia festa di Halloween con Nicole travestita dal David Bowie di Let’s Dance e Charlie da Uomo invisibile (più chiaro di così), fino all’epilogo in cui tutti sono vestiti come i Beatles di Yellow Submarine.
Così su Storia Di Un Matrimonio aleggia una sensazione ambigua, come si trattasse di due persone che non hanno mai smesso di interpretare una parte. Quando avrebbero cominciato, esattamente? Quando dicevano di amarsi o quando hanno preso a odiarsi? E avranno mai il coraggio di dirsi la verità, all’altro e a sé stessi? Forse potrà succedere soltanto in un altro momento apertamente recitato. Così accade, in effetti: quando entrambi cantano, l’uno all’insaputa dell’altro, due brani, You Could Drive A Person Crazy e Being Alive, tratti guarda caso dallo stesso celebre musical, Company. Al riparo della finzione, hanno finalmente modo, soprattutto Driver in un’esecuzione che non si dimentica, di mostrarsi per quello che sono realmente.