“Questa non è una storia vera” afferma la didascalia in apertura di American Animals. E suona già come una dichiarazione di principio, piuttosto ironica anche, visto che la maggior parte dei film oggi dichiarano di ispirarsi a fatti realmente accaduti, come se questo desse una patente di nobiltà e veridicità al racconto.
Ma affidabilità e veridicità non sono le preoccupazioni di American Animals, al contrario. Infatti subito dopo scorrono i primissimi piani di alcuni ragazzi impegnati meticolosamente a mascherarsi, inframmezzati da inquadrature sottosopra di panorami del Kentucky, lo stato in cui, ci avverte una citazione tratta da L’origine delle specie di Charles Darwin, sarebbero migrati gli antichi “american animals”, da cui il titolo del film.
Che, lo si intuisce da questi primi elementi, sembra assumere un incedere cerebrale, da film indie intellettuale. La cornice però è da cinema di genere, un heist movie appena un po’ sui generis. Questo perché il colpo gobbo architettato da una coppia di studenti, Warren (Evan Peters) e Spencer (Barry Keoghan), ha come obiettivo un libro preziosissimo conservato senza sistemi di sicurezza nella biblioteca dell’università. Il leggendario The Birds of America di John James Audubon, una raccolta di illustrazioni degli uccelli americani pubblicata intorno al 1830 di cui, recentemente, è stata battuta all’asta una copia per 10,8 milioni di dollari.
Il film rispetta i codici di genere, sia dal punto di vista della narrazione – c’è la classica costruzione della banda, con l’aggiunta di Eric (Jared Abrahamson), il nerd esperto di logistica e di Chas (Blake Jenner), l’uomo d’azione – che della forma – le inquadrature in split screen. La vicenda però è continuamente interpolata da brani di intervista di quattro adulti che le didascalie presentano come i “veri” Warren, Spencer, Eric e Chas. Ed è esattamente così, perché American Animals è la storia vera di quattro studenti universitari che hanno tentato il colpo della vita, vogliosi di fare, come dice il personaggio Warren, “qualcosa di molto pericoloso e terribilmente eccitante”. O che, come dichiara il vero Spencer adulto, hanno bisogno di attraversare degli autentici traumi – come quelli vissuti dagli artisti che adora, Van Gogh e Monet – per diventare realmente esperti della vita, e non ridursi a dire “ho una bella vita e sono bravo a dipingere”.
Il regista e sceneggiatore Bart Layton, che aveva già seguito un sentiero simile nel suo precedente documentario The Imposter, ha compiuto un ulteriore passo in avanti, creando con American Animals un affascinante ibrido tra fiction e documentario. Un film in cui il cortocircuito tra verità e finzione, tra recitazione degli attori e dichiarazioni dei veri protagonisti trasforma il racconto in una singolare riflessione sul vero e sul falso, stimolando lo spettatore a interrogarsi sullo statuto delle immagini e la loro intrinseca ambiguità. Con momenti in cui l’intersezione diventa ancora più vertiginosa, con il vero protagonista che dialoga col l’attore che lo interpreta chiedendogli se le cose fossero davvero andate come il film le sta raccontando.
American Animals parla anche della distanza tragica e dolorosa che c’è tra sogno e realtà. Tutta la prima parte da film di genere è attraversata dall’elettrica eccitazione del quartetto mentre costruisce il piano perfetto. L’esecuzione del colpo però si configura come un’immersione dentro la pesantezza intrattabile della realtà, in cui la violenza non è un’immagine che scorre sullo schermo, ma un atto brutale che i ragazzi, se vogliono portare a compimento l’impresa, devono essere disposti a commettere. E il lampo nello sguardo dei veri protagonisti, cresciuti, descrive esattamente questo tipo di consapevolezza acquisita.
Così American Animals diventa un piccolo trattato di anatomia del desiderio e delle fantasie di grandezza d’una generazione inquieta – forse di un intero paese – e su quanto sia scoraggiante doversi misurarsi con la durezza della realtà e risvegliarsi dai sogni. Un’esperienza frustrante: anche per lo spettatore, che s’aspetta un thriller adrenalinico e invece deve misurarsi con un racconto ambiguo ed enigmatico, che sollecita la sua intelligenza e non i suoi nervi.