Nell’album “Rockstar” di Sfera Ebbasta esiste e si manifesta la trasposizione del concetto legato a un vocabolo portato sui palchi di Woodstock, sulla Rock and Roll Hall of Fame e sulle signature di una Gibson Les Paul o di una Fender Telecaster, perché se di concetti si parla, allo stesso modo bisogna argomentarne il ribaltamento. Il disco è il manifesto di un cambiamento nell’industria discografica e nell’indice di gradimento, perché secondo le stime FIMI stiamo parlando dell’album più venduto del 2018.
La forza del trapper di Cinisello Balsamo è il conseguimento di quello step successivo che ogni idolo delle folle raggiunge una volta che il pubblico sente le proprie corde toccate dal personaggio del momento: dal nulla al tutto, come testimoniano anche i testi, il look e il nuovo lessico insinuatosi nei parlanti che discorrono sulla musica e sulle tendenze. “Rockstar” di Sfera Ebbasta è il disco dell’ostentazione di un successo raggiunto dal terzo album, quello che ha portato Gionata Boschetti – questo il nome di battesimo – allo switch sulle proprie abitudini e sul proprio ego. Accanto a lui c’è sempre il fedele Charlie Charles, beatmaker e autore degli arrangiamenti sin dall’album “XDVR” (2015), quando le donne, il denaro, il consumo di droghe leggere e money power erano sì presenti nelle rime, ma sfumati come guarnizione e spezia.
La “Rockstar” di Sfera Ebbasta è lui stesso, perché oggi Gionata è nel vortice del mainstream e si è fatto strada passando dai quartieri ai club, coperto da abiti firmati e accessori personalizzati che dividono l’opinione del pubblico tra sostenitori motivati e detrattori inferociti. La title track che apre il disco parla chiaro: «Sono una rockstar, rockstar, a uccidermi no, non sarà una str***a», e disegna il lusso e l’esclusività di chi può permettersi di tutto: «Rockstar, rockstar. Due tipe nel letto e le altre due di là. Gli amici selvaggi, tutti dentro il privée. Fan***o il Moët, prendiamo tutto il bar».
Seppur il luogo comune vuole accostare il corpo tatuato al sound aggressivo, le basi scelte per “Rockstar” di Sfera Ebbasta restano soft e sinuose, quasi per rispecchiare un corteggiamento che il trapper rivolge al suo pubblico femminile attraverso musiche e parole da duro, anche quando proclama la sua diffidenza verso gli opportunisti in Serpenti a sonagli. L’autotune, ampiamente in uso tra tutti i trapper italiani, colora il flow che Sfera Ebbasta indirizza ai suoi bersagli preferiti: «Quanti serpenti a sonagli, ah, con una mano pronti per spararti, con l’altra pronti a salvarti».
Provocazione e denuncia sociale, così come amore con dichiarazioni annesse, sono presenti nel disco in maniera decodificata: Cupido è la serenata intonata tra i divanetti del club mentre il telefono trilla nervosamente, poggiato tra le bottigliette del Bacardi. Dall’altra parte c’è la ragazza infastidita e gelosa che Sfera rassicura: «Con le altre faccio lo stupido, ma non le scambierei mai con te» e il brano si veste di un romanticismo 2.0 che non sceglie metafore ma immagini: «Non rispondere al tuo ex, ho una freccia come Cupido e l’ho lanciata verso di te». Cupido è un featuring col rapper statunitense Quavo, che interviene verso la fine del brano trasformandolo in un estratto della scena trap americana.
La parentesi più curiosa di “Rockstar” di Sfera Ebbasta è senza dubbio XNX, con un testo che celebra senza mezzi termini il potere d’acquisto ottenuto negli anni su una base da film horror. Il risultato è un brano aggressivo e cupo, quasi una seduta su un trono glitterato con una pistola tra le mani, ma con l’impugnatura Swarovski. «Money gang» sono le prime parole del testo, nient’altro che un elenco di cose che appartengono allo status del trapper di Cinisello Balsamo, sottolineato più volte: «Mi guardano come quel paio di scarpe dentro quel negozio, che vogliono tanto, quel paio di scarpe che non compreranno manco per Natale o per il compleanno», e ancora: «Io una superstar, tu una cometa, un nulla di fatto».
Denaro, sesso e successo si ripetono in Ricchi x sempre, con l’autocelebrazione che fa parte delle fondamenta di tutto il disco “Rockstar” di Sfera Ebbasta, come se Gionata volesse ricordare a se stesso che questo è il suo momento nella storia della musica italiana e nel suo vissuto personale: «Non mi cambiano i soldi né la fama, no, ho ancora la fame dalla prima volta, quando ai live sotto il palco erano in dieci e mo’ che uso lo champagne solo per bagnare la folla». Il testo, ancora, parla schiettamente di quanto questa scalata verso la notorietà sia una costante dei suoi pensieri: «E mi è tornato in mente che non avevamo niente. Nelle tasche solamente le mie mani fredde, qualche sogno infranto e le sigarette. Ora siamo sulle stelle coi tatuaggi sulla pelle, non ci pentiremo da vecchi perché saremo ricchi per sempre». La base è un flebile reggaeton che non deve spingere groove per ballare ma accompagnare solamente il testo, perché Sfera Ebbasta tiene davvero a farsi comprendere e ascoltare.
Uber è l’altro accessorio, quello della mobilità, passato tra le mani di Sfera Ebbasta per diventare un ulteriore status symbol per far vedere al mondo intero che lui arriva per ultimo agli appuntamenti, ma con un motivo: «Sono l’ultimo arrivato, ma su un mezzo nero opaco». La base r’n’b di Uber rafforza l’immagine del trapper ricco e facoltoso, che non si sposta su mezzi propri ma sceglie di viaggiare su auto esclusive con conducente. Ascoltare il brano a occhi chiusi rende ancora meglio l’idea di una star in giro di notte lungo le luci della città, intenta a guardare fuori dal finestrino tutti i passanti come dall’alto di un podio. Uno sguardo ai suoi trascorsi, invece, fa parte di Leggenda, la seconda parentesi curiosa di “Rockstar” di Sfera Ebbasta. Leggenda è un manifesto degli anni passati: «Il mio quartiere ora lo vedo un po’ meno, ma mi sento a casa», ma anche una consapevolezza delle cose che cambiano, di quanto un presente possa vestire di superato e vetusto un quartiere nel quale si viveva di giornate passate al freddo della strada. Lo dice chiaramente, Gionata, quando ai suoi fra’ rivolge un augurio: «La ruota gira per tutti ‘sti ragazzi, sperano cambi qualcosa». La base elettropop è solo un tappeto sonoro dal ritmo lento, perché tutto il resto è fatto di parole e autotune, ma l’impronta malinconica è ben percepibile in tutto il brano.
Se Leggenda è forse la manifestazione più intimista di Sfera Ebbasta, Bancomat è la ripetizione, un ritorno al concetto sottolineato poche pagine prima, come accade quando si prepara un esame all’università. Bancomat, dal titolo eloquente, risponde alle critiche dei puristi del rap con strafottenza: «Sfera Ebbasta ha ucciso il rap con la Sprite e l’autotune. Sì, lo so che un po’ ti sca**a perché non l’hai fatto tu» e lo fa su una base che si muove sulla falsa riga del reggae. Un flow che parzialmente viene ripreso in Sciroppo, un featuring con il rapper DrefGold che sa di tropicale, e 20 collane chiude la trilogia. Tre canzoni dal sapore di un’acida Giamaica, qui ribaltata come il concetto di rockstar e usata solamente per le sfumature sonore. L’album si chiude con Tran tran, un’ultima provocazione che il trapper indirizza ai suoi detrattori: «Giro l’Italia riempendo i locali mentre questi a casa parlano di Sfera». Ancora una volta Sfera Ebbasta raccoglie l’odio che ha attirato su di sé per farne un dissing e restituirlo al mittente, senza troppa abilità ma con la leggerezza di chi non è interessato allo scontro intellettuale.
Di “Rockstar” di Sfera Ebbasta esiste anche l’edizione internazionale, ma sopratutto l’edizione deluxe intitolata “Popstar edition” che contiene, infatti, il singolo Popstar e l’ultimo inedito Happy birthday. La “Popstar edition” è il perfetto continuum di “Rockstar” anche nei videoclip dei due singoli e di Pablo, un featuring con Rvssian. Ciò che Sfera Ebbasta vuole comunicare, come da lui stesso ribadito in più interviste, è che ce l’ha fatta e non intende fermarsi: i suoi ultimi video, in particolare, mostrano il trapper circondato da auto, donne e denaro, un po’ sull’onda dello stereotipo del rapper che diventa Master of Ceremony e può permettersi di tutto, un po’ con quei modi scanzonati del giovane che scopre il potere del denaro e si diverte a mostrarlo al mondo.
Aspettarsi una magnum opus da questo disco non è certo quanto dovrebbe fare un critico, perché “Rockstar” di Sfera Ebbasta è una coda di pavone, eretta per attirare su di sè l’attenzione di tutti e corteggiare, manifestarsi a tutti i costi, ostentare oltre il consueto e fino allo sfinimento per sottolineare con insistenza uno status, una condizione nuova che oggi crea repertorio, domani crea un disco e dopodomani un concerto. “Rockstar” di Sfera Ebbasta è il Narciso che si specchia sulle bottiglie vuote di un locale in chiusura, pronto a spostarsi in un altro locale per spendere denari e sentirsi ancora invincibile.