Tutti i Soldi del Mondo senza Kevin Spacey, Paul Getty secondo Ridley Scott (recensione)

Può Tutti i Soldi del Mondo funzionare senza Kevin Spacey? Ecco il Paul Getty di Ridley Scott in un film dal ritmo calzante e ansiogeno: la nostra recensione.


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Girare di nuovo Tutti i Soldi del Mondo senza Kevin Spacey? Un’impresa impossibile, ma non per Ridley Scott, che non ha pensato neanche un secondo a sostituire l’attore Premio Oscar, travolto da una pioggia di accuse di molestie sessuali, con Christopher Plummer, curiosamente sua prima scelta per il ruolo del protagonista. Archiviato Spacey, spesi ulteriori costi di produzione (ben 10 milioni di extra in nove giorni di riprese), Tutti i Soldi del Mondo è risultato funzionale?

La risposta è affermativa: il film di Ridley Scott si mantiene su un ritmo calzante e ansiogeno per circa due ore, tra dialoghi serrati, scoppiettanti, e una regia mozzafiato. Tutti i Soldi del Mondo racconta il celebre fatto di cronaca degli anni Settanta: il rapimento dell’adolescente John Paul Getty III a Roma, ad opera di alcuni membri della ‘Ndrangheta. Il riscatto fa gola a tutti: 17 milioni di dollari o il ragazzo muore. Il nonno del ragazzo, però, il noto magnate dell’industria petrolifera J. Paul Getty, si rifiuta categoricamente di pagarlo, costringendo la madre Abigail a una lotta contro il tempo per salvare la vita di suo figlio.

Tutti i Soldi del Mondo avrebbe consegnato con molta facilità il terzo Oscar a Kevin Spacey. Ma con la stessa semplicità, Christopher Plummer fa dimenticare al pubblico Kevin Spacey: la sua presenza scenica è immensa, diretta, crudele e avara, adatta alla storica figura dell’uomo più ricco del mondo. Il Paul Getty di Ridley Scott è un uomo senza scrupoli, un negoziatore spietato, una sorta di Scrooge dall’humour nero che pensa agli affari e misura ogni cosa col valore dei soldi. E sono proprio i soldi e la ricchezza i fili conduttori del film.

Tutto ha un prezzo, ogni cosa è negoziabile, anche le persone. Il giovane Getty diventa merce di valore quando il riscatto si alza e si abbassa; perfino l’addolorata ma coraggiosa Abigail (una Michelle Williams algida e calata nella parte), nel momento in cui il figlio viene rapito, smette di essere una persona e diventa un simbolo: inseguita dai riflettori e sbattuta in prima pagina sui giornali. Il Fletcher Chase di Mark Wahlberg è l’unico che vive lontano dal denaro: ex agente segreto, tratta con le persone usando i suoi mezzi e, in casi estremi, la violenza.

Ridley Scott dipinge una famiglia in lenta distruzione, ne esalta il rapporto nonno/nipote – nella realtà ben diverso da quello illusorio del film – e quasi martirizza la figura di J. Paul Getty. Come accadde con Exodus, Scott si prende delle libertà e in alcune parti si discosta dalla verità dei fatti in una sequenza finale che deifica in maniera poetica il magnate del petrolio. L’Italia gioca una buona parte del film: nelle vicende si intrecciano capitalismo, Brigate Rosse, l’omertà del Sud e tanti altri luoghi comuni di quei terribili anni di piombo.

Non sapremo mai come sarebbe stato Tutti i Soldi del Mondo con Kevin Spacey, ma una cosa è certa: “Essere un Getty è una cosa straordinaria” ed è altrettanto straordinario il lavoro svolto da Scott per far funzionare un film che rischiava di passare inosservato nella prossima stagione cinematografica.