Cesare Cremonini ricorda Chester Bennington sulla sua pagina Facebook, pubblicando una lunga e profonda riflessione sulla depressione.
Il cantante dei Linkin Park si è tragicamente tolto la vita tre giorni fa e, anche se non è ancora stata fissata l’autopsia, il rapporto del coroner ha confermato che Bennington si è suicidato impiccandosi alla porta della sua camera da letto; sulla scena della tragedia non è stato trovato alcun messaggio d’addio, ma solo mezza bottiglia di alcol e nessuna traccia apperente di uso di droghe.
In questi giorni il web è stato sommerso di messaggi di solidarietà e di affetto per il frontman dei Linkin Park, ma d’altro canto non sono mancati i post colpevolisti o critici.
Dopo Hailey Williams, gli Evanescence e i OneRepublic, anche Cesare Cremonini ha voluto dire la sua a proposito della morte di Chester Bennington e del male della depressione.
Il cantautore bolognese ha voluto soffermarsi su diversi punti cruciali in questa tragedia e in particolare sulle reazioni di chi non sembra aver capito quanta disperazione ci debba essere dietro a un gesto del genere. La critica di Cremonini ha voluto concentrarsi su quel genere di messaggi che hanno sottolineato il fatto che a farla finita sia stata una persona di successo e benestante, un marito e un padre con sei bambini da crescere, parametri che, agli occhi di costoro, dovrebbero rendere immuni da una malattia come la depressione.
Ho letto tanti commenti in queste ore che si rifiutavano di accettare una fatale debolezza da parte di chi ha il successo fra le mani, o figli da crescere, o grandi responsabilità. Ma mettere sulla bilancia del giudizio di chi compie un gesto estremo e incomprensibile il denaro, il successo, il valore della famiglia, come se bastassero a salvare una vita, è il sintomo di un pensiero tanto presente quanto affrettato, che crede che il mondo sia davvero diviso in ricchezza e povertà, in tanto e poco, prima che in malattia e in salute. Fino a quando mancherà la conoscenza che genera la giusta sensibilità sull’argomento, la depressione sarà una battaglia silenziosa, incompresa, e dura.
Cremonini ha poi aggiunto: “Vincere o perdere con la depressione non dipende solo da chi sei” e di questo, purtroppo, la cronaca ci dà esempi quasi ogni giorno. Pochi mesi fa si è spento nello stesso modo Chris Cornell, leader dei Soundgarden, grande amico di Bennington, che avrebbe compiuto 53 anni proprio il giorno del folle gesto del leader dei Linkin Park. Ma ci sono moltissimi altri esempi di artisti all’apice del successo che si sono tolti la vita, da Robin Williams a Kurt Cobain, sintomo che non sono la fama e il denaro a rendere una persona capace di sconfiggere i propri demoni interiori.
Tra i messaggi di rabbia e di incredulità, anche quello di un altro amico di Bennington, il chitarrista dei Korn Brian Welch, che ha scatenato un’ulteriore polemica con le sue forti dichiarazioni, in linea con i commenti poco empatici già citati.
Troppo spesso non si hanno i mezzi, per ignoranza culturale, per capire il tormento di una persona afflitta da depressione, a cui anche la vita più soddisfacente può sembrare insopportabile e a cui solamente il supporto di chi è vicino e soprattutto degli specialisti può dare una speranza.
“Non è questione di libertà di pensiero. Quel che conta davvero per chi ne soffre, è il progredire di una società sempre più cosciente di cosa sia questo male che fa vittime ogni giorno sotto ai nostri tappeti” prosegue Cremonini, ricordando quanto forse questa ignoranza renda tutti complici: “Quel che rimane dopo qualche giorno è la nostra ignoranza e la disinformazione diffusa nei riguardi della depressione, un buco nero che risucchia tutta l’intelligenza e la sicurezza di cui la società occidentale fa vanto.. La nostra inconsapevolezza su cosa sia ci rende tutti responsabili, ognuno con la sua parte di colpa, dell’alienazione o della morte di chi ne soffre, dell’abbandono in cui battagliano le famiglie che la affrontano”.
La chiosa del post di Cremonini è per i figli di Bennington, ricordando che non c’è dolore più grande che sentirsi responsabili per la sofferenza dei propri genitori, immaginando quanto il padre abbia potuto sentirsi un peso per loro e per il mondo intero, al punto da decidere di farla finita.
Sono molte le iniziative che stanno nascendo spontaneamente, sia per commemorare il frontman dei Linkin Park, che per sensibilizzare su questa malattia e prevenire i suicidil’hashtag . Tra queste ieri la band di Bennington e Shinoda ha lanciato #ripchester, per segnalare i numeri utili a chi ha bisogno di aiuto e per creare una sorta di memoriale in onore del proprio amico e collega.
Il post completo di Cesare Cremonini può essere letto qui:
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Pubblicato da CESARE CREMONINI su Lunedì 24 luglio 2017