A metà concerto guardi l’orologio perché vorresti che continuasse tutta la notte. Dopo la fine ti penti per non aver preso il biglietto per la serata successiva. Trascorri le giornate seguenti a riguardare video/foto che hai fatto con quella malinconia mista a gioia per aver assistito a qualcosa di veramente unico.
Alzi la mano chi dei 140.000 presenti a Milano per i Coldplay non è stato vittima di questi sintomi, quasi da Sindrome di Stendhal. La mia esperienza in fatto di concerti è discreta, credo che siamo tra i 50 e i 100 in tutto, soprattutto di artisti italiani: Ligabue (il primo mitico Capovolo), Vasco Rossi, Caparezza, Pino Daniele (quanto manca), Francesco De Gregori, 99 Posse solo per citarne una piccola parte di quelli nostrani.
Ma ci sono 5 motivi per cui aver assistito a uno dei 2 dei Coldplay a Milano lascerà il segno in maniera diversa da quelli passati e futuri.
L’attesa. Tutti noi che siamo riusciti ad assicurarci un biglietto per una delle 2 date di Milano (nel mio caso la prima) abbiamo capito fin da subito che avremmo partecipato a un evento storico. I tagliandi polverizzati da mesi e le polemiche per il Secondary Ticketing sono state un chiaro indicatore di quanto la venuta dei Coldplay in Italia rappresentasse qualcosa di unico al mondo. Anche per chi non è un vero e proprio fanatico della loro musica. E io forse rientro tra questi ultimi. Anche se li seguo fin dai primissimi tempi, da quando mi innamorai di “Yellow” passato a rotazione da MTV e All Music, di quel video su una spiaggia inglese vagamente maliconica, dove Chris camminava saltellando al rallenty e in solitudine. Con l’avvicinarsi dei giorni e delle ore, inutile dirlo, l’adrenalina è salita sempre di più.
L’atmosfera. E’ molto difficile descriverla con parole, solo chi è stato a un concerto dei Coldplay lo può capire appieno. Io ero al mio primo e devo dire che chi mi aveva preceduto aveva ragione nell’averlo predetto. La presenza di un maggiore personale dedicato alla sicurezza (forze dell’ordine, steward, volontari) non è stata per nulla invasiva e non ha rovinato assolutamente il clima di festa. La maggioranza degli spettatori giovani ma non giovanissimi, con presenze anche di diversi Over 50 in particolare sugli spalti. E davvero tanti stranieri accorsi a Milano per l’evento.
Le scenografie. Devo essere onesto, quando all’ingresso mi hanno dato una specie di mega-orologio che nel corso del concerto si sarebbe illuminato colorandosi da solo ho pensato: “Ma che devo fare con ‘sta roba?”. Ho pensato più a un concerto di Cristina D’Avena che alle star del pop mondiale. E invece devo dire che il tripudio di colori e di viola del concerto è stato impareggiabile. A me che ero sul prato più di una volta mi è capitato di guardarmi intorno a a 360 gradi e pensare: “Ma in che posto fantastico mi trovo?”. E la stessa cosa vale per i maxi schermi e per il palco. Anzi, i palchi. Perché i Coldplay hanno suonato in 3 zone differenti dello stadio muovendosi dall’una all’altra parte a pochissimi metri dal pubblico estasiato (nella foto in basso potete vederne una testimonianza).
La band. Che Chris Martin & Co. sentissero questo concerto più di tutti gli altri del tour è stato palese fin da subito. Nel frastuono di San Siro all’inizio dell’evento il cantante ha detto che per Milano anche loro avevano un’attesa particolare, diversa da tutti gli altri (nel suo inglese brit, chiaramente). Durante il concerto ho apprezzato il reale trasporto e le emozioni dei quattro, forse anche più delle loro doti musicali. E l’overdose di colori di Milano deve aver colpito Chris, che a fine evento ha voluto dare la sua personale “gold medal” all’Italia, con buona pace delle sedi del tour del resto d’Europa.
La musica. Personalmente le emozioni più grandi sono state su:
– “Yellow” (avevo 16 anni, e chi se la scorda)
– “The Scientist” (con quel “Nobody said it was easy” ripetuto a unica voce in 70.000)
– “Paradise” (tripudio di colori)
– “Viva la Vida” (ormai un vero e proprio inno generazionale)
– “Up & Up” (chiusura)
Ma ognuno dei 24 brani ci lascerà qualcosa. Anzi, 25. Perché è entrata un scaletta anche “Don’t look back in anger” degli Oasis (vedi video allegato), brano che unisce tutta Europa dopo gli attentati che negli ultimi mesi hanno colpito ripetutamente in particolare la Francia e la Gran Bretagna. Attentati a cui quella di ieri è stata la miglior risposta.
Il mio consiglio? Almeno una volta nella vita, andate a un concerto dei Coldplay. Perché queste emozioni, questo calore, queste note ve le porterete dietro per sempre.