Potrebbe essere una storia diversa per certi versi. E forse lo è. Lo è per la sua semplicità e per la sua veridicità. Ma lo è soprattutto per la sua elementare assurdità che continua a vivere in parecchi contesti, che spesso non conosciamo, o forse facciamo solo finta di non conoscere. Cino è una storia vera di povertà e miseria, raccontata dallo scrittore Nuto Revelli, a Carlo Alberto Pinelli. Povertà e miseria del portafoglio però, perché poi è una storia ricca di animo e di spirito, di sentimenti e di umanità. Questa storia arricchisce molto più di un buon affare, ma forse molti non sapranno “approfittarne”.
Cino è un ragazzino di nove anni che viene affidato dai genitori ad una sorta di rigattiere: per soldi. Il contesto sono le valli della provincia di Cuneo sul finire dell’ottocento ed una situazione di estrema povertà; non è raro cedere i propri figli per denaro, per cercare un piccolo spiraglio di sopravvivenza. Cino durante il viaggio incontra la piccola Catlin, figlia di una prostituta morta di tifo e destinata ad essere venduta come “servitrice” di un parroco d’oltralpe; la comitiva è diretta in Francia. Catlin però si ammala e allora viene abbandonata durante il viaggio perché “non più conveniente”. Alla fine del viaggio Cino viene venduto, ma il suo padrone sprizza umanità al pari di un sasso e perciò maltratta il piccolo di nove anni. Il bambino decide perciò di fuggire e durante la sua fuga reincontra la piccola Catlin: torneranno insieme a casa. Storia di disagi e di infanzia negata: la stessa infanzia negata che spesso (ma non sempre…) vediamo ormai relegata in confini geografici lontani dai nostri.
Ci aiuta a non dimenticare il passato questo film: è un passato vigile che ci scruta come un guardiano e magari ci ammonisce nelle coscienze, ogni qualvolta crediamo di essere distanti e salvi da certe logiche aberranti. Il valore della memoria potrebbe salvarci da certi ragionamenti di odio, spiccioli e superficiali come logiche estreme di un gioco senza vincitori né vinti. Quella stessa memoria che, in un contorto e strano gioco di parole e di concetti abbiamo dimenticato, o forse abbiamo riposto, messo da parte per nasconderla; perché ricordare fa paura. E perché la paura porta insicurezza e l’insicurezza porta spesso a ragionamenti istintivi dettati dal fare finta di niente dal “tanto non mi riguarda, non sono affari miei”. In questo senso Cino, nel suo piccolo, potrebbe aiutarci a levare quelle mani che spesso portiamo davanti agli occhi per farci vedere di nuovo lontano e mostrarci, con la grazia dell’innocenza dei nove anni, che non bisogna aver paura della miseria, se poi nella testa e nel cuore abbiamo una ricchezza senza confini. Né geografici, né mentali.
Cino sarà distribuito nei cinema italiani da Whale Pictures, da giovedì 11 dicembre 2014.