Da New York a Parigi c’è un filo che unisce le sorti di due donne, Jill Abramson e Natalie Nougayrède. Situazioni diverse fanno da sfondo alla loro decisione di dimettersi dalla direzione di due dei più importanti quotidiani internazionali, rispettivamente il “New York Times” e “Le Monde”.
Jill Abramson, 60 anni, prima donna alla guida dello storico quotidiano statunitense, verrà sostituita da Dean Baquet, finora vicedirettore vicario e a suo modo pioniere da oggi, in qualità di primo direttore afroamericano del giornale newyorchese. Sui motivi dell’abbandono c’è ancora incertezza, ma circolano diverse voci su incomprensioni che sarebbero sorte nella redazione.
A convincere Nougayrède a rassegnare le proprie dimissioni sarebbe stata invece la sfiducia da parte della redazione, in protesta contro un discutibile piano di mobilità di colleghi tra sito web e quotidiano. Ma in realtà pare che il malcontento nel consiglio di amministrazione e nella redazione serpeggiasse da tempo contro le due direttrici. Entrambe le donne sarebbero infatti state definite dal loro staff autoritarie, egocentriche e “con tutti i difetti delle donne in posizioni di comando”.
Abbiamo chiesto a Daniele Laino, studente Optima Erasmus a Liegi, un’opinione su questa curiosa coincidenza, che impone una riflessione sul futuro del giornalismo.
In entrambi i casi le direttrici avrebbero dato troppa importanza ai contenuti digitali del giornale, scontentando la vecchia guardia delle redazioni: come vedi il futuro delle redazioni di giornali e in genere della carta stampata da qui a 10 anni?
La questione a monte è che la concorrenza influenza anche l’ambiente della diffusione d’informazioni. Le Monde è in lotta con Le Figaro per un piccolo margine di lettori; per tale motivo, da parte del primo si era deciso di puntare su una maggiore diffusione della versione online della testata. Mi rendo conto che già adesso esistono miriadi di applicazioni che presentano una panoramica news con tutte le maggiori testate; inoltre, quasi ogni redazione ha la propria app online, a cui spesso bisogna sottoscrivere un abbonamento per usufruirne. Credo quindi che da qui a dieci anni le cose penderanno ancora più a favore della carta “pixelata”, ma non penso ci saranno cambi radicali, tanto da abolire del tutto la stampa cartacea. Si tratterà solo di una variazione nelle due proporzioni.
Jill Abramson del NYT avrebbe contestato la decisione del CEO di servirsi del native advertising, con i vari sponsor che scrivono articoli promozionali sul sito e il quotidiano: cosa ne pensi di questo ruolo sempre crescente di banner e sponsor all’interno dei media?
La questione dei banner sugli articoli online è dovuta al fatto che molte versioni internet delle testate non sono ben organizzate. Con ciò intendo che sarebbe più giusto regolare la sottoscrizione ad un abbonamento, piuttosto che presentare pubblicità invasiva agli occhi del lettore. In fondo è più che giusto, così come noi paghiamo (in questo caso però l’edicolante) per ricevere il giornale, allo stesso modo non possiamo pensare che solo perché la versione online sia “immateriale” sia gratis.
Jill Abramson avrebbe contestato che il suo predecessore veniva pagato più di lei e aveva discusso con il CEO a proposito di questa disparità di salario. Come mai anche a livelli dirigenziali si verifica queste disparità? Inoltre entrambe le redazioni avrebbero attaccato le loro direttrici anche sul piano personale. Perché pensi che questi pregiudizi colpiscano spesso le donne al potere?
Le donne e gli uomini ricevono trattamenti diversi nella società, e questo è un dato di fatto. Di recente anche noi di Optima Erasmus abbiamo affrontato la questione supportando la campagna Equal Pay Day. Ciò passa dalla differenza di retribuzione, alle relazioni interpersonali. Una donna è trattata diversamente, spesso peggio, indipendentemente da quale sia il suo ruolo sociale, in questo caso direttrice di giornale. Una donna al potere suscita invidia negli uomini, molti per istinto sentono che dovrebbero esserci loro al suo posto, e spesso una donna semplicemente carismatica, volitiva, intraprendente e, perché no, anche dura nel modo di porsi, comincia a non rispondere più ai canoni di femminilità che sono radicati nella mente maschile, ed ecco quindi che viene etichettata come egocentrica ed autoritaria. Al contrario, se fosse un uomo a possedere queste caratteristiche, verrebbe considerato normale, anzi ammirato. La disparità uomo-donna è una questione molto delicata, e si perde nell’alba dei tempi. Ogni cosa, dalla religione alla letteratura, ha costruito nel corso dei millenni l’immagine di una donna sottomessa all’uomo, ad essa inferiore, ed il fatto che solo negli ultimi cento anni vi siano state delle svolte dimostra quanto ancora ci sia da lavorare.
Dopo l’annuncio del licenziamento di Abramson, tutti i più importanti giornalisti americani hanno preso parte al dibattito sui social network sulla disparità di trattamento economico tra uomini e donne, nelle redazioni e in altre imprese. Ed Emily Bell, giornalista del Guardian, ha rincarato la dose: “Non era mai successo che il direttore di un giornale venisse licenziato quando il giornale andava bene sul piano editoriale e delle vendite. E’ chiaro che dietro a questo licenziamento c’è qualcosa che non va.”