Il recente studio dell’OMS conferma una realtà sempre più allarmante. Su 1600 città di 91 paesi solo il 12% presenta una qualità dell’aria accettabile o quantomeno conforme con le linee guida dell’OMS.
La situazione peggiore nelle città di paesi emergenti, con Delhi a fare da capofila, seguita da Patna e Gwalior, sempre in India.
Più distanziata, a sorpresa, la Cina, mentre sono addirittura mancanti i dati di molte città dell’Africa, dove pure sono in corso un inurbamento e un aumento dello smog senza precedenti. Più rosea la situazione italiana, dove nessuna delle città raggiunge i limiti di concentrazione di polveri sottili di 50 microgrammi per metro cubico, giudicati pericolosi per la salute dall’OMS. Sono tuttavia lontani i risultati di Svezia e Danimarca, promosse a pieni voti dall’OMS, per aver migliorato la qualità dell’aria attraverso la promozione di ‘trasporto attivo’ e la priorità di reti stradali dedicate al trasporto pubblico urbano, ai percorsi a piedi e in bicicletta. Abbiamo chiesto le sensazioni di Alessandra Schioppa, studentessa Optima Erasmus a Roskilde, in Danimarca.
Non c’è dubbio che l’aria che si respira in Danimarca, è un’aria pulita, nuova, perfino se si cammina per Stroget, la strada principale di Copenhagen, e aldilà dell’uso capillare delle biciclette, ormai religione consolidata in Danimarca, occorre aggiungere che questo paese ha puntato sulla green economy da circa 2 anni e intende dire addio entro il 2050 ai combustibili fossili, puntando a soddisfare l’intero fabbisogno nazionale esclusivamente attraverso le fonti rinnovabili.
Perchè pensi che queste strategie non siano state adottate in Italia o altri paesi?
Il motivo del perchè qui si e in altri paesi no tento di capirlo da quando ho conosciuto questa realtà, ma riesco solo a spiegarmelo con una particolare sensibilità all’argomento visto le peculiarità del territorio. Basti pensare alla regione dello Jutland, che continua a conservare paesaggi del tutto diversi da quelli europei e unici nel suo genere, quindi probabilmente quest’attenzione alla conservazione del paesaggio e, di conseguenza al problema dell’inquinamento, è dovuta a motivi di nazionalismo e amore per il territorio originario. Voglio citare l’esempio del ponte di Oresund che collega Copenaghen a Malmo, in Svezia, la cui costruzione ha impiegato svariati anni e impegnato non solo ingegneri ma anche biologi marini per studiare metro per metro come salvaguardare le specie marine dello stretto di Oresund. Una sensibilità e un’attenzione assolutamente impensabili qui in Italia.
La ricerca OMS mostra che i ritmi di crescita di alcune città come Delhi o Pechino sono ormai insostenibili e attesta una correlazione tra sovrappolazione e inquinamento. Pensi che delocalizzare e ridurre la popolazione potrebbe contribuire a ridurre la concentrazione di polveri sottili?
Credo che il fenomeno della sovrappopolazione in paesi come l’India e la Cina sia troppo radicato ormai e intrecciato con ragioni politiche e soprattutto economiche. si potrebbero solo tentare anche lì in futuro strategie di trasporti pubblici efficienti ed energia rinnovabile, sperando in una sensibilità dei governi col passare del tempo. Penso infatti che finora paesi come Brasile, India, Russia e Cina siano stati troppo preoccupati all’accrescimento delle loro città e della loro economia per “permettersi di distrarsi” con la questione dell’inquinamento ed è proprio questo il motivo per cui si fa uso in questi paesi di centrali elettriche a carbone e combustibili fossili in grande quantità. L’argomento inquinamento è quindi al momento secondario per i governi di questi paesi.
Quindi credi che con il boom economico che tali paesi emergenti stanno attraversando l’inquinamento delle loro città sarà sempre crescente?
Io spero vivamente che tutti i paesi del mondo, insieme, sviluppati e in via di sviluppo si rendano conto che la corsa verso l’industrializzazione, l’arricchimento, la crescita spropositata e non sostenibile di centri urbani, senza considerare il problema dell’inquinamento che è forse l’unico che riguarda tutti allo stesso modo, è una corsa senza senso, in cui tutti escono sconfitti. Ricordo che solo nel 2012 l’inquinamento dell’aria esterna ha provocato la morte di circa 3,7 milioni di persone di età inferiore ai 60 anni, per non citare l’aumento del numero di decessi per malattie cardiache e respiratorie, oltre che per ictus e tumori.