In attesa del terzo (e ultimo?) episodio Ad honorem, Rai Tre stasera manda in onda in prima tv alle 21.15 Smetto quando voglio – Masterclass, seconda tappa della saga della banda dei ricercatori capitanata dal neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo), tutti precari dell’università che reagiscono alle continue umiliazioni professionali mettendosi a spacciare una droga sintetica di loro invenzione. Ovviamente, trattandosi di criminali da strapazzo, e poveracci per la prima volta alle prese con soldi successo e belle donne, già dal primo episodio va tutto risibilmente a scatafascio.
Così, all’inizio di Smetto quando voglio – Masterclass ritroviamo i nostri eroi al punto di partenza, anzi peggio. Perché nel frattempo Pietro è finito in galera, il geniale chimico Alberto (Stefano Fresi) è in una comunità per curare la dipendenza dalle droghe pesanti e gli altri s’arrabattano come possono. All’orizzonte però si profila una soluzione: l’ispettore di polizia Paola (Greta Scarano) vuole metter su una task force per combattere il dilagare delle smart drugs, e ovviamente il team saranno Pietro e i suoi, che passano dalla parte del bene per ripulire l’impresentabile fedina penale.
Ideata e diretta da Sydney Sibilia, la serie Smetto quando voglio ha rappresentato una ventata d’aria fresca nel cinema italiano contemporaneo. Un cinema nel quale registi sceneggiatori attori delle ultime generazioni, nutriti di film e serie tv americane, hanno cominciato a ripensare e rinnovare le strategie narrative del nostro cinema, non più ossessivamente italianocentrico. Giungendo quasi naturalmente nei territori del cinema di genere, fino agli anni Settanta sovraffollati e poi improvvisamente desertificatisi (per una pesante crisi industriale e di pubblico).
Parliamo, oltre a Sydney Sibilia, di nomi come il Gabriele Mainetti di Lo chiamavano Jeeg Robot, il Matteo Rovere di Veloce come il vento (che di Smetto quando voglio è coproduttore); con, a guardarli benevolmente da padri putativi, i Manetti Bros., ostinatamente legati al cinema di genere e popolare quando non ci credeva nessuno (adesso ne colgono meritatamente i frutti, col dittico partenopeo Song ’e Napule e Ammore e malavita, quest’ultimo persino in concorso a Venezia); poi ci sono i nuovi narratori che saltabeccano tra webserie e cinema (Pills, uno dei quali, Luigi Di Capua, è sceneggiatore di Smetto quando voglio; The Jackal, che hanno esordito sul grande schermo addirittura con la fantascienza; Il terzo segreto di satira), a segnalare in epoca di cultura convergente il cortocircuito continuo tra forme, linguaggi, immaginari. È un movimento ormai così ampio, e legato allo spirito del tempo, da aver coinvolto la generazione precedente: così Gabriele Salvatores si dà anche lui alla fantascienza con Il ragazzo invisibile (sequel in uscita a gennaio), mantenendo però l’autonomia del suo sguardo italiano; e pure cineasti d’autore sbarcano in tv, come il Paolo Sorrentino di The Young Pope, che sperimenta una narrazione seriale inevitabilmente ibridata di ritmi e logiche cinematografiche.
Di questo vasto e composito fenomeno Smetto quando voglio costituisce uno dei capitoli centrali: per la sua capacità di sintesi tra un racconto dal sapore inequivocabilmente italiano – nell’assunto della storia, nell’apologia dei perdenti modello armata Brancaleone -, e una confezione all’americana, che pesca tra cinema di genere, tv, fumetto, social (la fotografia pesantemente filtrata, per la quale Sibilia cita Instagram); e per la novità delle scelte produttive, con la scelta, per economia di scala, di girare secondo e terzo episodio insieme.
Smetto quando voglio – Masterclass, per eccesso d’affezione verso la creatura, si lascia prendere un po’ la mano, e soffre del problema tipico degli episodi di raccordo, che dipendono troppo dalle puntate precedenti e successive e quindi hanno poca autonomia. Ma il racconto scorre veloce e divertente. C’è l’innesto, da perfetto film di supereroi, di new entry: Marco Bonini, anatomista che fa thai boxe a Bangkok (crolla al tappeto al primo colpo, come il pugile Gassman de I mostri) e Giampaolo Morelli, ingegnere trafficante d’armi in Africa (col Sordi di Finché c’è guerra c’è speranza dietro l’angolo, a conferma di quanta commedia all’italiana ci sia in questi film “all’americana”). C’è finalmente un vero personaggio femminile, l’ispettore di Greta Scarano, a “correggere” l’eccesso di maschilismo del primo episodio. E fa la sua apparizione un terribile supercattivo (a Luigi Lo Cascio bastano due minuti di presenza per renderlo intrigante), che incatena lo spettatore alla storia e gli fa venir voglia del seguito. Che è dietro l’angolo: Smetto quando voglio – Ad honorem esce il 30 novembre. Nell’attesa, stasera tutti a ripetizione dai professori del crimine su Rai Tre.
Smetto quando voglio – Masterclass (2017) di Sydney Sibilia, con Eodardo Leo, Greta Scarano, Stefano Fresi, Valerio Aprea, Pietro Sermonti, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Valeria Solarino, Lorenzo Lavia, Giampaolo Morelli, Marco Bonini, stasera in prima tv su Rai Tre, ore 21.15.