Conto alla rovescia: meno due giorni alla notte degli Oscar 2016, in programmazione, per il pubblico italiano, nella notte tra domenica 28 e lunedì 29 febbraio. Quindi è giunto il momento per lanciarsi nel gioco delle previsioni, con i classici pronostici che poi sistematicamente si rivelano sbagliati. E che si fanno proprio per questo.
Piccola premessa metodologica: i premi Oscar non sono una scienza esatta, e non basta affidarsi a una supposta “qualità” dei film in concorso. Primo perché la qualità è un concetto aleatorio; secondo perché, sulle decisioni dei giurati pesano tanti fattori, il peso delle macchine produttive che sono dietro ciascun film (lobbying e pubbliche relazioni sono determinanti), l’affrontare argomenti che arrivano al momento giusto, un’interpretazione vistosa di un personaggio palesemente proibitivo (come lo Stephen Hawking con cui vinse l’anno scorso Eddie Redmayne); ovviamente le precedenti vittorie di un candidato, che sono solitamente elementi a sfavore.
E allora non possono mai mancare polemiche: quest’anno,su tutte quella, piuttosto seria, lanciata da Spike Lee, che al grido di #oscarssowhite, ha lanciato un’accusa all’Academy che, per il secondo anno consecutivo, non ha concesso una sola tra le principali candidature a un artista di colore.
Una notte “bianca” dunque per gli Oscar 2016.
Come principali bussole per orientarsi e individuare i possibili favoriti ci sono principalmente due vie: la prima è affidarsi ai bookmakers, che la sanno sempre lunga, per esempio il sito di scommesse online Paddy Power; la seconda è ripercorrere i diversi premi, molti, che son stati fin qui assegnati, alcuni dei quali, come i Golden Globe o i Sag del sindacato degli attori, sono solitamente ritenuti segnali piuttosto affidabili.
Limitiamoci alle sei categorie più importanti, individuando un favorito e un outsider. Ricordando anche il numero di nomination agli Oscar 2016 dei film principali, poiché il “peso” e la forza delle pellicole si stabilisce anche in base a questo indicatore: al comando c’è The Revenant del messicano Alejandro González Iñárritu, con 12 nomination, tallonato da Mad Max: Fury Road dell’australiano George Miller con 10, Sopravvissuto – The Martian di Ridley Scott (che non ha avuto candidatura) con 7, Il ponte delle spie di Spielberg (anche lui senza nomination) con 6, Il caso Spotlight di Todd McCarthy con 6 candidature tutte pesanti e altrettante anche Carol di Todd Haynes, molto accreditato qualche mese fa e ora, in base ai rumours, ampiamente declassato.
Miglior Film
Il favorito: Il caso Spotlight.
L’outsider: The Revenant.
Gli altri candidati: La grande scommessa, Il ponte delle spie, Brooklyn, Mad Max: Fury Road, Sopravvissuto – The Martian, Room.
In realtà il favorito naturale è The Revenant. Però c’è un “ma”: Iñárritu l’anno scorso ha vinto le statuette più pesanti con Birdman (lui personalmente ne ha ritirate 3, per film, regia e sceneggiatura, una cosa successa prima solo a sua maestà Billie Wilder), e quindi, sebbene qualcosa a casa porterà anche stavolta, credo che gli verrà sfilata proprio la statuetta maggiore. E allora l’outsider che si trasforma in favorito è Il caso Spotlight, un film stilisticamente assai più piatto, che però ha dalla sua un tema socialmente impegnato, la pedofilia tra i preti, e credo che dopo la polemica sull’assenza di candidati di colore l’Academy abbia bisogno di dimostrare una qual certa indipendenza di giudizio, e il film di Tom McCarthy, con la sua critica assai sfumata dell’istituzione ecclesiastica è la soluzione ideale. Oltretutto il film ha vinto ai Sag il premio per il miglior cast – categoria che, detto per inciso, l’Academy farebbe bene a introdurre – che costituisce spesso un ottimo indizio in chiave di film favorito agli Oscar.
Miglior regia
Il favorito: Alejandro González Iñárritu (The Revenant).
L’outsider: George Miller (Mad Max: Fury Road).
Gli altri candidati: Tom McCarthy (Il caso Spotlight), Lenny Abrahamson (Room), Adam McKay (La grande scommessa).
Non sembra esserci gara: Iñárritu ha vinto tutti i premi maggiori, dai Golden Globe ai Bafta, gli Oscar britannici. Sarebbe un risultato molto prestigioso, dato che il regista messicano entrerebbe nell’esclusivo club degli autori in grado di bissare il successo, insieme a John Ford (Furore nel 1940; Com’era verde la mia valle, 1941) e Joseph Leo Mankiewicz (Lettera a tre mogli, 1949; Eva contro Eva, 1950). L’unica alternativa, considerate anche le numerose nomination, è il George Miller del trascinante racconto distopico Mad Max: Fury Road, che sotto la superficie meno altisonante conduce, a mio avviso, una riflessione sull’essere umano più sottile del film sontuosamente confezionato da Iñárritu. Che comunque vincerà.
Miglior attore
Il favorito: Leonardo DiCaprio (The Revenant).
L’outsider: Bryan Cranston (L’ultima parola).
Gli altri candidati: Matt Damon (The Martian), Michael Fassbender (Steve Jobs), Eddie Redmayne (The Danish Girl).
Quest’anno DiCaprio ha vinto tutto ed è pronto per il suo discorso memorabile della notte degli Oscar 2016, quel premio che insegue ormai da più vent’anni – la prima nomination è del 1993 come non protagonista per Buon compleanno, Mr Grape –, sfuggitogli per cinque volte, una persino come produttore. È impossibile che perda, anche perché non ha rivali: l’unico papabile, Redmayne con la transgender di The Danish Girl, ha vinto lo scorso anno; Fassbender veste benissimo Jobs ma senza le ossessioni mimetiche che solitamente l’Academy, composta per un quinto di attori, predilige; Damon ha un ruolo troppo sorridente e ottimistico per poter trionfare, e infatti ai Golden Globe, dove distinguono tra dramma e commedia, l’hanno fatto vincere in quest’ultima categoria. Resta Bryan Cranston, che ha due caratteristiche interessanti: primo, nonostante la lunga carriera al cinema, è percepito come un attore televisivo, dato che la fama l’ha conquistata con Breaking Bad, e un premio a lui sarebbe l’indice del rapporto sempre più paritetico tra cinema e tv nella creazione dell’immaginario contemporaneo; secondo, interpreta Dalton Trumbo, lo sceneggiatore perseguitato dal maccartismo, una pagina scomoda della storia statunitense, che porta spesso la giuria dell’Academy a premiare i film che parlano dell’argomento per dimostrare che, appunto, si tratta di una macchia ormai stinta ed antica. Quindi l’outsider è lui. E quello che alzerà la statuetta è DiCaprio.
Migliore attrice
La favorita: Brie Larson (Room).
L’outsider: Charlotte Rampling (45 anni).
Le altre candidate: Saoirse Ronan (Brooklyn), Cate Blanchett (Carol), Jennifer Lawrence (Joy).
Premessa: manca Charlize Theron di Mad Max: Fury Road. Vero è che il suo Oscar l’ha già vinto col modesto Monster, ma l’Academy ha sbagliato a ignorare il singolare modello di femminilità incarnato dall’attrice sudafricana nel film di Miller. Per il resto questa è una categoria strana: perché in condizioni normali le attrici più accreditate sarebbero Blanchett e Lawrence, che però hanno già vinto rispettivamente nel 2014 e 2013 (la Blanchett ha pure una statuetta come non protagonista, per The Aviator), ed è da escludere una riconferma. Per cui Golden Globe, Sag e Bafta si sono tutti orientati sulla giovane Brie Larson di Room, una storia che contiene un elemento di difficoltà oggettiva che, tipicamente, è ciò su cui si orientano i giurati: in questo caso è la vita di una donna rinchiusa da sette anni in una casa insieme al suo bambino. Per cui è lei la favorita. E tralasciando la Saoirse Ronan del melò vecchio stile Brooklyn (una donna deve scegliere tra l’amore, l’America e l’Irlanda natìa), come outsider scegliamo la regale Charlotte Rampling, una lunga carriera alle spalle e un ruolo drammatico con cui ha vinto l’European Film Award. Che a Hollywood conta come il due di picche, ma è meglio di niente.
Miglior attore non protagonista
Il favorito: Sylvester Stallone (Creed – Nato per combattere).
L’outsider: Tom Hardy (The Revenant).
Gli altri candidati: Mark Rylance (Il ponte delle spie), Mark Ruffalo (Il caso Spotlight), Christian Bale (La grande scommessa).
Sly è strafavorito: i bookmakers lo dànno a 1,18, e ha vinto anche il Golden Globe. I Sag gli avevano preferito l’Idris Elba di Beasts of no Nation, ma agli Oscar se ne sono perse le tracce. Non che i contendenti di Stallone non siano agguerriti: è piaciuto a molti il Mark Rylance de Il ponte di spie, con una sardonicità molto alla fratelli Coen (che in sceneggiatura ne hanno cesellato il ruolo) che gli ha fatto anche vincere il Bafta, e assai accreditato è anche il lanciatissimo Tom Hardy. Comunque, su tutti, si lascia preferire Rocky: sia perché è un premio alla carriera di un attore che non è certo un grandissimo interprete ma che pure merita un riconoscimento; e secondo perché, dal punto di vista sentimentale, il ruolo del vecchio campione che traghetta il giovane Creed nei mari tempestosi della vita e che, così facendo, trova anche una ragione per andare avanti, è uno di quelli fatti per colpire al cuore i giurati dell’Academy. E, per una volta, ha colpito anche noi. Come outsider scegliamo l’Hardy della corazzata The Revenant.
Migliore attrice non protagonista
La favorita: Kate Winslet (Steve Jobs).
L’outsider: Rooney Mara (Carol).
Le altre candidate: Jennifer Jason Leigh (The Hateful Eight), Alicia Vikander (The Danish Girl), Rachel McAdams (Il caso Spotlight).
Categoria complessa: gli scommettitori indicano la giovane svedese Alicia Vikander, data a 1,28, che ha anche vinto i Sag. Ma Kate Winslet ha vinto sia i Golden Globe che i Bafta. E c’è un altro fattore: quale credete sia la foto che tutti i media attendono? Ma l’ennesimo abbraccio tra Kate e Leo, questa volta però finalmente tutti e due con la statuetta. Si chiuderebbe un cerchio aperto quasi vent’anni fa con Titanic. Perciò propendiamo per l’attrice britannica, che ha già un Oscar quale miglior attrice in bacheca, per The Reader. E come outsider, senza nessuna plausibile pezza d’appoggio, ma solo come augurio, indichiamo la splendida Rooney Mara di Carol che, come tutti hanno sottolineato, avrebbe dovuto concorrere come protagonista.
Buona notte degli Oscar a tutti!