Pietrificati si resta ancora oggi, a distanza di 30 anni, davanti alle immagini delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio dove furono fatti saltare in aria i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, moglie di Falcone che gli sedeva accanto, Paolo Borsellino mentre si recava dalla madre e gli uomini e le donne della loro scorta: Rocco Dicillo, Antonino Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.
Tutti servitori dello Stato, uomini e donne di valore e con un’alta dedizione verso il ruolo e il lavoro che stavano svolgendo.
Una strage che è rimasta indelebile negli occhi e nel cuore di quanti l’hanno vissuta nel 1992 ma anche dei ragazzi e giovani di oggi che la stanno rivivendo attraverso i racconti dei familiari e dei sopravvissuti di quella immane crudeltà avvenuta per mano di mafiosi e dei tanti collusi dentro il sistema politico-istituzionale.
“L’omertà non è solo quella mafiosa ma c’è quella istituzionale che è più grave”, ha detto ieri Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, nella trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”. Lei che da anni persegue con determinazione la ricerca della verità e chiede soprattutto che si faccia luce sui mandanti dell’uccisione del padre. Ieri nell’interessante Speciale del TG1 della giornalista Maria Grazia Mazzola che ha documentato i primi attimi dopo l’esplosione e la strage con immagini e interviste alle quali non ci si può sottrarre per cogliere fino in fondo cosa è stata quella strage spietata che non solo ha distrutto vite umane ma ha anche cercato di seppellire un metodo di indagini rigorose intriso di sacrifici, lavoro instancabile, rinuncia alla vita familiare pur di giungere alla comprensione e poi alla sconfitta del sistema mafioso.
Falcone e Borsellino, ma come loro tantissimi altri magistrati da Rocco Chinnici a Rosario Livatino morti per mano mafiosa, morti perché avevano compreso l’ingranaggio perché erano vicino alla verità.
Le parole delle vedove, dei figli, dei fratelli e sorelle, dei nipoti dei tanti che hanno perso la vita ma anche dei sopravvissuti sono intrise ancora di dolore ma in esse non c’è rassegnazione, non c’è paura c’è invece coraggio e soprattutto una forza speciale che li spinge a non restare fermi neanche un momento per far nascere e crescere nelle nuove generazioni il seme e la consapevolezza della cultura della legalità e contro ogni forma di omertà.
“Ci sono dei momenti in cui la paura si prova, l’importante è che insieme alla paura ci sia il coraggio”, sono queste le parole di Paolo Borsellino che non ha mai avuto dubbi che dopo la morte di Falcone poi sarebbe toccato a lui. Perché lo Stato non lo ha protetto come si doveva?
E come non ricordare quelle di Falcone che disse in una intervista: “La mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle Istituzioni”.
Si rimane sempre attoniti e la commozione stringe ancora la gola davanti ai documentari in onda nella programmazione televisiva in questi giorni e in queste ore, in occasione dei 30 anni da quelle infami stragi. Allora come oggi e come domani ci sarà sempre una grande commozione – ma anche tanta rabbia – senza abbassare mai la guardia sulla mafia, la camorra e la ‘ndrangheta!
E sono così vere le parole di Fiammetta Borsellino che, sempre a Che tempo fa, ha detto “La ricerca della memoria vuol dire ricerca della verità”.