Smart working sì, smart working no, cosa ne pensate? Il “lavoro agile” a distanza, per la maggior parte svolto da casa, migliora o peggiora la nostra qualità della vita, trasforma le nostre abitudini e i nostri comportamenti? E’ più ecologico e ci stressa di meno? Trasforma o complica i nostri spazi abitativi? Migliora o peggiora l’efficienza delle prestazioni lavorative? Accentua di più le disuguaglianze tra generi e lavoratori?
Sono queste e tante altre ancora le principali questioni al centro della discussione che vede coinvolti milioni di lavoratrici e lavoratori che, a causa della pandemia da Covid 19 e dell’attuale elevato numero di contagi, con l’ultimo DCPM sono sottoposti all’estensione di questa modalità di lavoro da remoto fino al 31 gennaio 2021, in concomitanza del prolungamento dello stato d’emergenza. In particolare nella Pubblica Amministrazione arriva addirittura al 50%, anzi con «l’invito alle amministrazioni dotate di adeguata capacità organizzativa e tecnologica» a garantire «percentuali più elevate possibili di lavoro agile, garantendo comunque l’accesso, la qualità e l’effettività dei servizi ai cittadini e alle imprese».
Non è più dunque una scelta che ogni lavoratore avrebbe potuto chiedere all’azienda in direzione di un bilanciamento tra lavoro e vita personale, cercando magari di operare qualche giorno da casa, applicando una certa flessibilità nell’organizzazione della propria attività. Insomma in condizioni di normalità può succedere, ma non sempre l’azienda concedeva questa possibilità smart di organizzare il proprio lavoro, fino a quando non ci si libera da vincoli e taluni pregiudizi che riguardano appunto la fiducia. Oggi invece, queste aziende, pubbliche private, si trovano di fronte ad una esigenza e addirittura all’obbligo di ricorrere a questa modalità per provare il più possibile a contenere i contagi, ma anche per limitare gli spostamenti di flussi di lavoratori ed evitare il congestionamento del trasporto pubblico. Dunque il “lavoro agile” ha assunto un ruolo fondamentale e strategico. Quale sarà il suo futuro, entrerà a far parte di una nuova e flessibile condizione organizzativa di lavoro?
Un’altra importante questione: i vostri appartamenti hanno consentito di ricavare spazi per più postazioni di lavoro del nucleo familiare, della coppia, a cui si aggiungono le postazioni di ciascun figlio per la DAD? Qual è la vostra esperienza in proposito? I carichi di lavoro sono ben distribuiti tra uomini e donne?
Il lavoro “agile” da remoto può favorire la liberazione, come afferma il sociologo Domenico De Masi nel suo ultimo libro “Smart working” La rivoluzione del lavoro intelligente, Edito da Marsilio Nodi. Attraverso un’accurata indagine svolta proprio nel periodo del lockdown, giunge alla conclusione che “quello in atto sia solo l’inizio di un processo che vedrà rivoluzionato non solo il tempo e il luogo del lavoro, ma il suo significato, il suo contenuto e il suo ruolo”. E si chiede: “Quali sono i motivi che finora hanno impedito il diffondersi di una modalità di lavoro più produttiva, ecologica, meno costosa e stressante?” Sarà interessante scoprirlo.