Freud sì oppure no? Il nostro è un sì e non perché la serie Netflix sia qualcosa di impedibile o di cui non potrete fare a meno, ma perché in questo particolare momento di reclusione forzata è sicuramente un folle work in progress a cui possiamo dare una possibilità. Fatto sta che in giro i commenti sono tutti gli stessi e riguardano la psicanalisi mancata, il biopic fallito che alcuni pensavano di trovare negli episodi che compongono la prima stagione della serie Netflix, ma perché?
Il popolo italiano si è riscoperto pasticcere e mastro pastaio in casa mentre gli abbonati Netflix addirittura esperti di psicanalisi ed è per questo che si sono avvicinati a Freud solo per scoprire qualcosa in più sulla nascita delle sue discusse e controverse teorie. Niente di più sbagliato. Nessuno ha mai annunciato la serie come un biopic o un trattato sulle origini della psicanalisi, e anche quell’iniziale pendolo che il protagonista fa oscillare davanti alla sua domestica, non riesce a trarre in inganno lo spettatore.
Il protagonista di Freud è un giovane neurologo acerbo nella Vienna del XIX, un emarginato social che non può godere della compagnia della sua fidanzata proprio perché ritenuto folle anche dalla comunità scientifica a cui appartiene che continua a denigrarlo e deriderlo. Se a questo aggiungiamo il fatto che è solo un povero squattrinato che non riesce nemmeno a pagare l’affitto il gioco è fatto. Il suo obiettivo, però, non è diventare ricco ma scardinare le teorie dell’epoca a cominciare dall’isteria, titolo dell’episodio pilota.
A tenere insieme gli otto episodi della prima stagione ci pensano una serie di omicidi che sembrano essere frutto di quello che possiamo definire un serial killer, ma qual è il suo volto e quali sono le armi attraverso cui opera? Dipendente dalla sua voglia di scrutare l’animo umano, quello che chiama casa, e dalla cocaina, Freud si lascia travolgere dalle indagini dell’agente Alfred Kiss (Georg Friedrich) e dalla misteriosa medium tormentata Fleur Salomè (Ella Rumpf).
Da questo momento in poi lo spettatore sarà travolto proprio come il personaggio di Robert Finster distinguendo spesso a fatica tra ciò che è reale o ciò che è frutto di una visione o di una percezione alterata. I generi messi insieme sono tanti mentre il ritmo rimane lento e questo potrebbe allontanare gli amanti della “velocità” già al secondo episodio, ma poi c’è qualcosa che ci tiene incollati allo schermo, una vera e propria sorta di follia ben mixata in cui la psicanalisi diventa un pretesto per una sorta di thriller ben orchestrato che non delude gli amanti del genere.
Sicuramente i punti di forza di Freud possono diventare difetti visti da un’altra prospettiva. La voglia di calcare spesso la mano piazzando alcune scene che sembrano davvero sospese e quasi “fastidiose”, momenti di libertà narrativa che si trasformano in eventi poco credibili rispetto al contesto potrebbero far storcere un po’ il naso ma quello che si evince è che Freud è sicuramente un work in progress che fa leva su una fotografia magistrale che sa rendere cupi anche gli interni e non solo la splendida Vienna.