Dismessi i panni di un indomito capostazione, il nuovo album di Renato Zero fa qualche passo indietro – più di uno – verso la dimensione pop che in questi lunghi anni di carriera è stata quella più congeniale per il cantautore romano, tornato prepotentemente con un disco che risuona di echi internazionali fin dalla prima traccia.
Renato Zero è volato fino a Londra per cercare qualcosa che suonasse diversamente ma che non snaturasse il messaggio che da anni caratterizza la sua poetica. E così è stato. Al suo fianco, l’ormai inseparabile Phil Palmer al quale si è aggiunto Alan Clark come autore di tutti gli arrangiamenti dei brani contenuti in Zero Il Folle.
Lontano dalla rivoluzione e anche da quella follia che in molti attendevano, Zero Il Folle è invece un lavoro maturo nel quale si concentrano tutte le essenze di un artista che si può ancora permettere di mettersi in gioco a una manciata di mesi dai 70 anni, con una voce che qui si riscopre limpida e potente, in ogni traccia, fino a spingersi ai velleitari virtuosismi che non stonano con gli arrangiamenti scelti per questo nuovo lavoro che ha debuttato in vetta alle classifiche di vendita, sia su supporto vinile che su CD.
Si parte immediatamente a muso duro con il tema dei social, in una Mai Più Da Soli in cui viene stigmatizzato il fenomeno, da sempre rigettato da Zero che invece auspicherebbe a un ritorno alle relazioni vere, senza schermi, senza chat e senza relazioni virtuali. Qui si sente per la prima volta la mano di Trevor Horn ma anche la chitarra di Phil Palmer, che molto era mancata nelle sue ultime produzioni.
Il videoclip di Mai Più Da Soli, primo singolo estratto dal disco, rinforza la fragorosa sberla che si tenta di scansare col testo del brano che apre Zero Il Folle e con il quale riprende il tema dei social, con il tentativo di aprire un nuovo spiraglio critico sul fenomeno.
Viaggia è probabilmente uno dei momenti più alti dell’album, con un accorato invito per i giovani. Viaggia, sogna e cadi. Rinasci e combatti di più. Questa la ricetta di Zero per i ragazzi, che non manca di rivolgersi alle nuove generazioni, che considera – a ragione – una risorsa per il futuro da sostenere e da difendere.
Si cambia completamente tono in La Culla è Vuota con una svolta che si potrebbe definire quasi rock. Il tema è quello del calo delle nascite ma anche quello dell’aborto, che non arriva come una novità nella poetica zeriana.
Si mantiene il ritmo in Un Uomo è ma anche in Tutti Sospesi, un inno dissacrante alla mediocrità dilagante, nel quale viene fornita anche una soluzione all’abulia, mentre Quanto Ti Amo ci restituisce un Renato Zero romantico che ricorda molto quello di Magari, tanto in arrangiamento quanto in contenuto.
Il brano si presta a molteplici chiavi di lettura, compresa quella di una preghiera a Dio, eventualità che è stata però smentita dall’artista nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’album che ha tenuto alla presenza dei fan.
Che Fretta C’è spinge invece sul tema dell’ecologia, tanto moderno quanto drammatico, senza grandi slanci rivoluzionari pur rimanendo nel campo degli arrangiamenti godibili che sono la cifra stilistica di questo nuovo album con il quale tornerà in concerto nei palasport a cominciare dal 1° novembre.
Torna l’ironia in Ufficio Reclami e torna anche la penna di Vincenzo Incenzo che in questi anni è stato suo fedele collaboratore, ma il testo si perde in qualcosa di già sentito nonostante i diversi spunti divertenti in cui spicca il finale alla Renato Zero in cui confessa di essere un po’ uacci uari.
Questi Anni Miei si lascia andare alle atmosfere retro con una punta di sassofono piuttosto affascinante. In questo caso, è il testo a sorprendere. Un punto fermo sull’età raggiunta, che molto si avvicina ai 70 anni, ma senza rimpianti. D’altronde, non poteva essere altrimenti, se si comprendono gli intenti di una delle copertine del disco in cui Renato Zero compare con una sontuosa parrucca argentea.
Figli Tuoi è un canto alla Zero in cui ci si rivolge verso l’alto, mentre Quattro Passi Nel Blu è una dedica a tutti coloro che non ci sono più. Mia Martini, Lucio Dalla ma anche tanti altri amici e artisti che se ne sono andati troppo presto rimangono i protagonisti del brano nel quale si guarda verso il cielo qualche volta di più.
Il tema del consumismo è invece quello di La Vetrina, scelto come secondo singolo, in cui si cerca di scindere tra l’apparenza e la sostanza. Il video del brano è stato presentato in anteprima nel corso dell’ultima edizione di IMAGinACTION e sarà disponibile prossimamente su YouTube, nei canali ufficiali dedicati all’artista.
L’album si chiude con Zero Il Folle, brano empaticamente più emozionante, nel quale Renato Fiacchini s’inchina a Zero, ringraziandolo per tutti questi anni trascorsi nei pressi di un palco e tra la gente, che ancora lo segue con un affetto che è unico nel panorama musicale italiano.
Zero Il Folle non è un capolavoro né un disco rivoluzionario, è però un disco sincero, nel quale Renato Zero conferma la sua caratura artistica e il coraggio – a volte sfacciato – di sfidare un mercato che non premia la musica e le nuove uscite.
Renato Zero non è quello di 50 anni fa, nemmeno quello di 40, e Zero Il Folle ha il grande merito di non far rimpiangere il primo Renato che pure rimane un mito nell’immaginario comune e nella storia della musica italiana moderna.
Tanto ha scritto e tanto ci si aspetta da un artista che ha anticipato i tempi di decenni, ed è così che rimane un po’ di amaro un bocca per un progetto nel quale si poteva osare forse qualcosa di più. Diversi i punti alti di questo album, che con un certo sforzo potrebbero confluire in Questi Anni Miei, con il supporto degli arrangiamenti di Alan Clark e Phil Palmer che movimentano la narrazione di un artista che ha raggiunto vette inimmaginabili persino per Renato Fiacchini.
Tanto si è scritto e detto sul ritorno di Renato Zero, che in queste pagine è stato trattato tanto spesso in questi anni. Giusta la critica, giusto esprimere le proprie opinioni che qui sono state ridotte a un si poteva fare di più perché è quello che mi suggerisce un ascolto approfondito dell’album che sentirò anche in tour, e dalla prima fila, in una delle date di Pesaro.
E lo so che nelle recensioni non si usa la prima persona, ma è così che voglio ribadire quanto sia importante non giudicare il lavoro di un artista che ha 50 anni di carriera in maniera superficiale. Non si può parlare di Renato Zero e dire che Figli Tuoi non è La Pace Sia Con Te, che Quanto Ti Amo non è Magari e che Ufficio Reclami non ha quell’ironia sprezzante che ci si sarebbe attesi da un Renato diverso.
Non metto le mani addosso a un artista che ha 52 anni di carriera, non posso perché cerco di dare voce alla coscienza che è quella che ogni giorno mi muove quando metto le mani sulla tastiera. Zero Il Folle non è peraltro un disco da stroncare e non si può ascoltare senza considerare quello che è avvenuto prima del 4 ottobre.
I testi sono già sentiti, forse sì. E non ci si poteva aspettare diversamente. Questo è Renato Zero, questa è la sua poetica e questo è il suo modo di essere rivoluzionario, abbracciando il senso comune con coerenza. Ed è con verità che continua ad affascinare il suo pubblico, desideroso di risentire la sua voce con il medesimo brivido di 50 anni fa.
Zero Il Folle non conferma quindi la continua capacità di stupire di Renato Zero, ma la volontà di esserci, provare, cantare, scrivere, emozionare, porre interrogativi e, in qualche caso, anche deludere. Esserci è la vera rivoluzione di Renato Fiacchini. E questa è la sua follia.
Serenamente, Renato Zero torna con Zero Il Folle che suonerà nei palasport a cominciare dal 1° novembre al Palazzo dello Sport di Roma. 13 brani da portare in una scaletta di 32 canzoni alle quali prenderà parte anche il produttore Trevor Horn, già annunciato come ospite in alcune delle date del tour.
Qui di seguito, la tracklist di Zero Il Folle.
Mai Più Da Soli
Viaggia
La Culla è Vuota
Un Uomo è
Tutti Sospesi
Quanto Ti Amo
Che Fretta C’è
Ufficio Reclami
Questi Anni Miei
Figli Tuoi
La Vetrina
Quattro Passi Nel Blu
Zero Il Folle
Interessante la recensione. Non ha segnalato che Viaggia e Quattro passi nel blu hanno la stessa base musicale. CE’ un esperimento che aveva già realizzato in Zerovskji con la canzone Mi trovi dentro te che ha la stessa base musicale di La voce che ti do dell’album precedente Amo.