È certamente facile immaginare cosa possano aver provato i più conservatori al primo ascolto di Lamette di Donatella Rettore. Quando c’è di mezzo il punk, almeno nel contesto dell’epoca, c’è sempre qualcuno che sussulta. Frenetico, vivace e provocatorio, il testo esordiva con: “Dammi una lametta che mi taglio le vene”. Era il 1982.
Lamette di Donatella Rettore
Lamette di Donatella Rettore fu inserito nel disco Kamikaze Rock’n’Roll Suicide (1982), un concept album sul suicidio nel senso nipponico, la morte indotta per onore.
Il testo fu scritto dalla stessa Rettore insieme al compagno Claudio Rego. Il ritmo frizzante, il riff di chitarre e il testo coraggioso la resero da subito una hit, con la cantante che in ogni strofa ripeteva il suo intento di tagliarsi le vene con dettagli onomatopeici (“da destra verso il centro, zac, dall’altro verso il basso, zip”) e talvolta splatter: “Senti come taglia questa canaglia, ma che poltiglia!”.
Il significato
Descrivere Lamette di Donatella Rettore come un brano che affronta con leggerezza il tema del suicidio, tuttavia, è riduttivo. Qualche anno più tardi l’artista – riferì Corriere della Sera l’8 luglio 2023 – descrisse la sua canzone come “una traccia molto intima”, ma il suicidio non era l’unica conclusione da trarre.
Lamette, spiegò Rettore, affrontava anche i problemi di “ansia e depressione“, sofferenze che spesso sono “motivo di vergogna per tante persone”. Con la sua canzone, Donatella Rettore decise di dare una voce a tantissime persone: “Con Lamette vorrei che ci sentissimo tutti meno soli nella nostra sofferenza e che chiedessimo aiuto senza timore di essere giudicati”.
Oggi Lamette è una delle canzoni più richieste sul palco, sia nelle occasioni corali che nei grandi eventi come il Festival di Sanremo 2024 e, più in generale, i grandi revival in cui gli artisti ripropongono i loro successi. Insieme Kobra e Splendido Splendente, Lamette è in assoluto uno dei brani più famosi di Donatella Rettore.