La prima cosa che rende Lovebars di Coez e Frah Quintale un’opera meritevole è l’assoluta modestia. I due rapper non hanno vissuto l’attesa come l’imminenza di un capolavoro, come il disco che avrebbe polverizzato tutto il resto che si trova sulla scena. Di questo joint album colpisce la semplicità e l’assoluta professionalità dei due protagonisti che al lavoro hanno dedicato spazi e tempi centellinati per curare ogni dettaglio. Il risultato, diciamolo, si sente.
Lovebars di Coez e Frah Quintale
Coez e Frah Quintale non vivono il rap come un ring sul qual fare a cazzotti senza regole, né come un’occasione per flexare l’ennesima marchetta al brand più vistoso da sfoggiare davanti a un prosecchino per fare scena di fronte a un selfie. Parliamo, difatti, di due artisti che si distinguono per abbracciare il cantautorato ed elevarlo con nuove sfumature, che non vengono tacciati di sacrilegio da parte dei puristi e del folkbeat italiano e dell’hip hop.
Il disco nasce per “fare uno step in avanti”, riferisce Quintale a Billboard, da un’idea di Coez dopo la collaborazione per il Rooftop Concert 2. Perché “lovebars”? L’amore non è soltanto il mondo delle lacrime strappastorie da affiggere nelle storie Instagram, e questo i due colleghi lo sanno benissimo. Per questo Coez chiarisce che in questo disco l’amore è inteso nel suo senso “più anglosassone”. Pop, nobilmente, come i Beatles ci hanno insegnato più volte.
Ora da una finestra sul mare partenopeo, ora a Milano, ora ovunque, Lovebars di Coez e Frah Quintale è stato concepito senza mettere sul piatto l’ego di due colossi della scena italiana: un pacifico lavoro di squadra e di leggerezza. Il risultato è nelle 12 tracce in cui l’indie viene messo da parte per ritrovare il romanticismo urbano degli anni ’90, l’hip hop di oggi – con Frah Quintale che si concede qualche autotune – e la parte più bella della solitudine. Un disco triste? No, un disco sincero.
Le tracce
In questo caso vale la pena giudicare il disco dalla sua copertina: l’artista Daniele Bufer Attia firma l’artwork in cui vediamo Coez tagliare i capelli di Frah Quintale, e tutto fa rima con complicità. La ritroveremo in ogni traccia, a partire da Era Già Scritto che apre il disco con stile quasi archetipico: una base, la voce calda di Coez e Frah Quintale ci preparano a Terra Bruciata, l’inizio del viaggio, o la fine gloriosa della serata.
Nella title-track si gioca con l’r’n’b ma con Fari Lontani si arriva al pezzo forte che ci trasporta dritti verso Alta Marea, il tormentone che ha allietato un modo diverso di vivere l’estate. C’è groove, c’è un bel beat e la cosa bella è che niente di ciò risulta scontato. I fan, e con ragione, elogiano Vetri Fumè e se tendiamo bene l’orecchio possiamo sentire l’impronta di Dargen D’Amico.
Lo snare e il kick bucano l’impianto e la saturazione è quasi “zozza”, il tanto che ci basta per ritrovarci negli anni ’90 senza troppo miele amaro da nostalgia. Local Heroes e Che Colpa Ne Ho sono probabilmente il cuore del disco, con la seconda che “è molto Coez”, impreziosita da un levare che impedisce ogni tentativo di skip.
C’è, poi, DM, l’unico feat. del disco al quale partecipa Guè Pequeno e che ha scatenato gli entusiasmi dei fan di tutte e tre le persone coinvolte. L’atterraggio morbido è garantito con le ultime tre tracce, Una Luce Alle 03:00, Se Esiste Un Dio e Aspettative, che chiude il disco, e quasi dispiace.
Lovebars di Coez e Frah Quintale è quell’amico che non sapevi ti mancasse, quando lo vedi ritornare, un’esperienza che entrambi gli artisti hanno vissuto come un momento di liberazione e autoanalisi.