Trasformare Augusto Pinochet in un vampiro centenario per fare satira politica: questo è El Conde, il nuovo film di Pablo Larraín presentato a Venezia 80.
Il dittatore cileno viene immaginato come un morto vivente, vissuto nella Francia di Luigi XI, che ha assaggiato la rivoluzione e ha scalato la società attraverso i secoli. Un film inusuale, narrato quasi interamente da una voce fuori campo sconosciuta (il suo volto verrà rivelato verso la fine, con un colpo di scena da lasciare a bocca aperta).
Augusto Pinochet, soprannominato “El Conde”, ha assaggiato sia sangue inglese (il suo preferito) che sangue sud-americano (che considera acre e non raccomanda). La narratrice ci spiega che il personaggio a un certo punto sparì dalla storia inscenando il suo stesso funerale. Finché non diventò comandante e poi generale in Cile, dove ha dato vita alla sua famiglia, i cui membri conoscono la sua natura.
Pinochet, ormai vecchio vampiro di 250 anni, è però stanco di vivere; decide di smettere di bere sangue e di rinunciare a una vita eterna. L’anziano generale non può più sopportare l’idea che il mondo lo ricordi come un essere avido, crudele e soprattutto ladro. Il problema è che non capisce in che modo farla finita. Dopo aver riunito i figli al suo capezzale con l’intento di aiutarlo in questo suo scopo, Pinochet non ha idea che l’incontro con una giovane contabile (in realtà una suora esorcista) assunta per valutare la sua eredità, gli darà incredibilmente una nuova ragione di vita.
Larraín realizza a modo suo un biopic surreale, spesso grottesco, che non sempre risulta di facile comprensione. O meglio: per chi è poco familiare con la situazione socio-politica del Cile probabilmente si troverà in difficoltà a seguire la narrazione. Il regista di Spencer sfrutta al massimo l’arma della farsa politica immaginando un universo parallelo in cui il crudele dittatore non se n’è mai andato e vive la sua esistenza come un vampiro, un essere che si aggira nell’ombra per succhiare sangue e spremere fino all’ultimo le sue vittime.
La satira funziona fino a un certo poiché El Conde, pur esplorando la storia più recente del Cile, sfiora picchi di non sense assoluto nella seconda parte del film, forse non necessari, che lo rendono una dark comedy non adatta a tutti.