Elemental, il nuovo cartoon Pixar è una storia d’amore e di emancipazione femminile

Nel film di Peter Sohn i protagonisti sono una ragazza di fuoco immigrata, povera e volitiva, e un ragazzo d'acqua ricco, buffo e generoso. Destinati a combinarsi alla perfezione, in una vicenda alla Romeo e Giulietta

Elemental

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Elemental si pone nel solco di quella peculiare filosofia narrativa che la Pixar ha sperimentato a partire dal clamoroso successo (con Oscar per il miglior cartoon) di Inside Out. Il quale, ispirandosi alle neuroscienze, personificava le cinque emozioni principali di una ragazzina undicenne trasformandole nelle protagoniste di una vicenda ambientata nel suo cervello, costruito come un universo articolato in numerosi e affascinanti mondi. La stessa ricetta, basata sull’antropomorfizzazione di concetti astratti, guidava Soul, viaggio esistenziale tra corpo e anima, con lo spirito di un musicista nero appena scomparso che, per cercare un modo per tornare sulla Terra, deve passare attraverso le tante, bizzarre dimensioni del regno dell’aldilà.

Elemental, come è facile intuire dal titolo, dà una consistenza fisica, caratteriale e psicologica ai quattro elementi, fuoco, acqua, aria e terra. Anche se gli autentici protagonisti sono gli opposti fuoco e acqua, incarnati da due personaggi ovviamente agli antipodi, Ember Lumen (in italiano voce di Valentina Romani), la ragazza di fuoco figlia di Bernie e Cinder, coppia di immigrati che per sfuggire alla povertà ha affrontato il grande viaggio sino alla megalopoli Element City, abitata dagli uomini d’acqua, dove con grande fatica e abnegazione s’è costruita una vita gestendo un negozio. Uomo d’acqua è invece Wade Ripple (Stefano De Martino), ispettore comunale buono e pasticcione che prima, quasi senza volerlo, commina una multa al negozio di Ember per la rottura di una tubatura e poi, per ovviare al comportamento eccessivamente fiscale, s’industria in ogni modo per aiutarla, innamorandosene perdutamente.

Il ventisettesimo lungometraggio della Pixar, e il secondo diretto da Peter Sohn dopo Il Viaggio di Arlo (2015) pesca nelle memorie del regista, figlio di coreani emigrati negli Stati Uniti. Ed Elemental guarda all’immaginario dell’immigrazione, a cominciare dall’arrivo dei Lumen nella metropoli, costretti a passare attraverso una sorta di Ellis Island in cui, data l’incomprensibilità del loro nome, il funzionario gliene assegna uno più acconcio. E la contrapposizione tra fuoco e acqua di questo amore impossibile alla Romeo e Giulietta non è solo etnica, ma anche sociale ed economica. Perché alla povera Ember corrisponde il ricchissimo benché ingenuo Wade, rampollo d’una famiglia facoltosa parecchio bizzarra (essendo fatti d’acqua hanno una tendenza esagerata al pianto), che fa pensare alle famiglie incredibilmente svitate ma inclusive (Ember viene immediatamente accettata dai Ripple) della screwball comedy degli anni Trenta alla Impareggiabile Godfrey.

Elemental, va detto, non ha la complessità di Inside Out e Soul: la natura multidimensionale di quei film si riduce all’antitesi tra la periferia modesta del quartiere col negozietto degli industriosi immigrati di fuoco e lo svettante, scintillante centro della città affluente che rimanda a un prevedibile immaginario futuribile e futurista, caratterizzato dalle onnipresenti tubature di una società-organismo, manco fossimo dentro una distopia burocratica alla Brazil. È infatti l’esplosione delle tubature, e l’invasione dell’acqua, che minaccia di estinguere la fiammella del piccolo mondo di fuoco faticosamente costruito dai Lumen.

Elemental è anche scopertamente una favola allegorica sulla crescita, la scoperta delle vocazioni, l’accettazione-superamento delle paure. Perché l’irascibile Ember, che s’accende come un fiammifero di fronte alla maleducazione dei clienti, deve capire che la sua rabbia è lo specchio del represso desiderio di autonomia di una ragazza di talento la quale, nonostante l’infinito affetto per i genitori, vuole inseguire i suoi sogni, ambizioni e talenti. Ed è proprio Wade, con la sua caotica ma empatica esuberanza, ad aiutarla a scoprire cosa le si agita dentro, secondo un principio di coincidenza degli opposti che si combinano come un reagente chimico perfetto – e, inutile dirlo, didascalicamente inclusivo e politicamente corretto.

Certo, la vecchia generazione, che benevolmente finisce per accettare e benedire il nuovo che avanza, nutre qualche residua perplessità. Papà Bernie, di fronte al piagnone Wade chiede alla figlia se sia sicura che quello sia un uomo. Ed Elemental mostra un tratto da empowerment femminile, perfettamente aggiornato: perché la donna, che custodisce l’energia della fiamma, vuole fare carriera e conoscere il mondo. Sebbene sia poi il maschio facilitatore a consentirle di capirlo. Ed è l’amore che acquieta i suoi fumantini sbalzi temperamentali, secondo un meccanismo che invero potrebbe pure sembrare piuttosto reazionario. Così forse alla fine il messaggio del film è che dietro una grande donna c’è un grande uomo. Semplicemente ribaltando – e non cambiando davvero – modelli culturali molto resistenti.

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