A tanti piglierà male leggere un titolo che parla di Council Skies di Noel Gallagher anziché “Noel Gallagher’s High Flying Birds”, ma siamo tutti d’accordo che ogni lavoro firmato da “our kid” è sempre Noel-centrico. Anche questo progetto, per quanto suggerisca la presenza di una band al suo quarto album, è un disco di Noel. Il paragone con il fratello Liam Gallagher è inevitabile, se pensiamo che da quando si sono sciolti gli Oasis con tanto di cazzotti e chitarre sfasciate ci siamo ritrovati tutti orfani degli anni ’90, di cui la band di Manchester è stata portavoce fino all’ultimo.
Liam, diciamolo, è l’anima tormentata e nervosa. Anche i suoi dischi da solista – escludiamo, vi prego, la parentesi Beady Eye – trasudano tensione e reflusso, nonostante la presenza di ballate intense e numerosi pezzi acustici. Tra i due, paradossalmente, Liam è quello che ha conservato al meglio l’anima degli Oasis pur non essendo mai stato l’autore principale; Noel, invece, è sempre quello che un po’ si sente Bob Dylan, quello “rock” nel senso più cringe del termine, quello riflessivo e accademico, quello poco divertente e più calato nel personaggio del cantautore.
Non è cattiveria, è carattere. Come il retrogusto amaro del vino fatto assaggiare a Postiglione in Compagni Di Scuola di Carlo Verdone. A Noel frega poco di litigare col fratello o di ricomporre gli Oasis. Noel non ha bisogno degli Oasis, si basta da sé. Lo dimostra con questo disco. Council Skies è un disco pieno di chiaroscuri. Ascoltarlo rievoca l’ossimoro usato da Cristiano Godano in Gioia (Che Mi Do): “Verdi colli in chiaroscuro”. Perché sì, il disco ha tinte che profumano di una Manchester deserta e silenziosa, la stessa che Noel osservava dalla finestra durante la pandemia, ma allo stesso tempo è pieno di colori. Sbiaditi, ma ci sono. Noel-centrico perché “our kid” è riuscito a tenere a cuccia anche Johnny Marr dei The Smiths che ha partecipato in alcuni brani ma senza influenzare l’esito dell’album. Almeno finché non parliamo di Think Of A Number.
- Council Skies
- Audio CD – Audiobook
Che ci azzecca Marr con Noel? Parecchio, diremmo, visto che Council Skies è un disco che subisce il fascino crepuscolare del post punk dei primi anni ’80 che solo un fortunello nato nel Regno Unito può aver conosciuto da vicino. Attenzione, ne subisce il fascino ma non lo emula. A partire da I’m Not Giving Up Tonight, che ha la ca**imma dell’opening track e anche l’orchestralità dei Beatles, abbastanza paracu*a da farci annuire; Pretty Boy, è risaputo, è il pezzo più interessante del disco che strizza letteralmente l’occhio a Robert Smith il quale, e lo abbiamo ascoltato tutti, ci ha messo mano per un remix che spacca.
La ballatona intensa è Dead To The World, un 6/8 onirico da film romantico degli anni ’60, da città osservate di notte mentre scorre il fruscio di un vinile. Si lega inesorabilmente a Open The Door, See What You Find che ha quel giro di archi à la James Bond. Il disco, poi, prende una piega inaspettata e più piatta, degna di quel discorso secondo il quale certi album suonerebbero diluiti e con uno spessore ridotto.
Tuttavia, Council Skies di Noel Gallagher e i suoi uccelli che volano alto è un album che nel 2023 mancava. Quel tocco british e malinconico di cui sentiamo la nostalgia dai tempi d’oro dei Cure c’è tutto, ovviamente declinato al pop rock di questi tempi. Come tutti i dischi, ha una parte sì e una parte no. Succedeva anche con gli Oasis, ammettiamolo. L’album è uno dei migliori della produzione post-Oasis di Noel, che per la prima volta ritorna con un suono più caldo e presente.