Se il 2 giugno è Festa della Repubblica, dal 1981 c’è poco da festeggiare. Il 2 giugno ricorre, tristemente, la morte di Rino Gaetano per le strade di una Roma ancora sonnecchiante. Sono le 3:35 e il cantautore sta percorrendo la Via Nomentana a bordo della sua Volvo. Ha trascorso una serata con amici e sta rincasando, Rino, e alle 3:55 tutto precipita.
Il cantautore raggiunge l’incrocio con via Carlo Fea dove in quel momento, dalla direzione opposta, sopraggiunge il camion guidato da Antonio Torres. La Volvo di Rino Gaetano invade la corsia opposta e Torres suona il clacson ripetutamente, ma senza risultati. Gaetano e la sua Volvo si schiantano contro il mezzo pesante. Sarà lo stesso Torres a fornire i primi soccorsi al cantautore, che viene trasportato d’urgenza al Policlinico Umberto I.
Rino Gaetano riporta una frattura alla base cranica e una allo zigomo destro, insieme a una sospetta lesione allo sterno e contusioni gravi sulla fronte. Al Policlinico Umberto I, tuttavia, non hanno l’attrezzatura necessaria per craniolesi, dunque il medico di turno contatta altri ospedali. Anche presso le altre strutture mancano gli equipaggiamenti per quel tipo di trauma, finché il cantautore viene trasportato finalmente al Policlinico Gemelli dove morirà, a soli 30 anni, alle 6 del mattino.
La sua morte è al centro di un dibattito sempre acceso, secondo il quale la scomparsa di Rino Gaetano non sarebbe una fatalità. Complice La Ballata Di Renzo, canzone ancora inedita nel giorno della sua morte e con un testo pieno di analogie con la sua tragica fine, l’ipotesi di una morte indotta viene sempre più caldeggiata.
Nella versione ufficiale, Rino Gaetano avrebbe accusato un malore prima dell’impatto – Torres racconterà che l’artista si è accasciato sul sedile di fianco per poi riaprire gli occhi pochi istanti prima dello schianto – ma secondo alcuni il cantautore sarebbe stato ucciso perché a conoscenza di fatti che sarebbero dovuti rimanere segreti. C’è, infine, quella storia del “rifiuto” da parte degli ospedali che la sorella Anna smentirà con fermezza:
“Non è vero che Rino fu rifiutato dagli ospedali. Questa è una leggenda. Quando il corpo di mio fratello fu estratto dalle lamiere, venne portato al Policlinico Umberto I semplicemente perché era il posto più vicino. La struttura non aveva una sala operatoria attrezzata per craniolesi, ma non l’avevano neppure gli altri ospedali contattati telefonicamente”.