OM incontra Marco Mengoni per Materia (Prisma): “Ho fatto da prisma alle mie corde vocali”

Esce Materia (Prisma), un disco in cui Marco Mengoni gioca con la sua voce per darle colori diversi. Lo abbiamo incontrato

marco mengoni materia prisma

ph: Andrea Bianchera


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“Non riesco a fare la stessa cosa più di tot volte”, dice Marco Mengoni nel presentare Materia (Prisma), ultima parte della trilogia Materia, disponibile da venerdì 26 maggio. Lo ribadisce anche quando parla del tour negli stadi: metterà sicuramente mano alla scaletta dei concerti.

Un disco in cui è stato molto attendo al ritmo, questo è Materia (Prima), che include anche feat. d’eccezione tra cui il nuovo singolo con Elodie, Pazza Musica. Un disco pieno di colori e di sperimentazione, in cui Marco Mengoni ha voluto giocare con la sua voce, come mai prima d’ora: “Ho cercato di dare colori diversi alla mia voce passandola per la prima volta in plugin che non avevo ancora sperimentato per darle prospettive e colori diversi. In questo disco ho giocato un sacco su questo, ho voluto fare da prisma alle mie corde vocali”.

Oltre ad Elodie, Marco Mengoni duetta con Ernia in Fiori D’Orgoglio. A proposito di questo brano, spiega di averlo già cantato in Europa nelle anteprima del tour. Ne parla come un pezzo “serrato, veloce, con tante parole”. Hanno preso ispirazione da un brano di Kendrick Lamar per un tocco di elettronica.

Nel disco c’è anche Jeson in Lasciami Indietro, un brano che parla di errori, debolezze e limiti da superare, anzi da utilizzare come trampolini di lancio per raggiungere traguardi importanti.

In Materia (Prisma) c’è, poi Calcutta, ma solo nella firma. L’artista ha infatti scritto Due Nuvole, brano che chiude il progetto. “Due Nuvole è stato un regalo di Edoardo. Era un po’ spoglio e io ho cercato di rivestirlo con uno stile che richiama anche Battisti, ma più psichedelico”. Due Nuvole è una canzone strategica, che alleggerisce la “sostanza” più impegnativa di altri pezzi. Tra questi c’è sicuramente The damned of the Earth, un brano dal testo profondo con numerosi riferimenti storici. Un grido, come lo definisce Marco, contro le ingiustizie.

Contiene tanti spunti e messaggi, a partire dalla piaga del caporalato. “Ci sono tante riflessioni e tante parole sulla società che vivo e sulla storia che abbiamo vissuto e che qualcuno ha studiato e qualcun altro mi sa di no”, dice Mengoni.

“Il problema – o la bellezza – di questo pezzo è che ci sono tanti spunti. A volte è come se ci fosse un assolutismo per tutto, come se ci fosse un filo chiaro per affrontare determinati temi. Abbiamo preso il caporalato come esempio di qualcosa di ingiusto, come è ingiusto non spiegare frasi che si dicono su diritti, libertà, evoluzione della nostra società. Ci sono molti riferimenti storici perché c’è stata un’evoluzione della nostra società e dell’uomo per quanto riguarda il diritto di essere liberi e di poter esprimere il proprio pensiero, la propria sessualità. Per questo dicevo che è un pezzo molto complesso. Parla di paure, le paure del passato che si riflettono sul presente. Ho paura per il modo nel quale si stanno affrontando temi nel nostro Paese”.

In chiusura c’è la voce di Nelson Mandela, per gentile concessione della sua associazione. “Come la batteria martella, credo che sia giusto continuare a martellare su alcuni temi, come il fatto che la donna possa usare il proprio corpo come vuole e che ognuno possa sentirsi libero di essere se stesso. Cerco di spiegarlo prendendo spunto dal passato, da marce fatte per la libertà, da battaglie che ci hanno portato ad essere quello che siamo oggi. Uomini liberi, abbastanza. Ovviamente c’è ancora tanto da fare, mi spaventa il fatto che si possano fare passi indietro quindi cerco di urlarlo il più possibile”.