Non era certamente una novità che James Hetfield, spesso nel ruolo di uomo-orchestra, pensasse a tutto. Nothing Else Matters dei Metallica è una di quelle canzoni che ormai, a fan più interessati, sono andate in noia, eppure la sua storia è interessante.
Chi ha il coraggio di dire che il Black Album – o meglio, Metallica – sia un album controverso? Il peso di questa opinione è tutto in Nothing Else Matters, la ballata paracuba con cui i Four Horsemen arrivarono anche alle orecchie dei più scettici e che oggi sopravvive tra chi cerca quel giusto equilibrio tra clean e distorsione. Bisogna ricordare che la sua registrazione e il suo inserimento nella tracklist del disco sono dovute all’insistenza di Lars Ulrich, che apprezzò le prime bozze composte da James Hetfield tanto da convincerlo ad elaborarle.
Hetfield scrisse la canzone durante un tour, in preda alla malinconia per la lontananza da casa. C’è una teoria secondo la quale iniziò a comporre l’arpeggio mentre si trovava al telefono con la sua fidanzata. Possibilissimo, perché l’arpeggio che apre il brano si può suonare con una mano sola. Hetfield reputava il pezzo troppo personale, per cui non volle proporlo alla band. Ulrich lo ascoltò e lo convinse a svilupparlo, con Hetfield un po’ scettico: i Metallica hanno sempre parlato di morte, violenza, ossessioni, fiabe nere, fantascienza e ancora morte, per cui un brano d’amore poteva risultare fuori luogo.
Vinse Ulrich, e quella demo diventò una canzone. Kirk Hammett non partecipò alle registrazioni e rivelò di aver imparato la sua parte solamente poco prima del tour. Era già successo con (Anesthesia) Pulling Teeth di Cliff Burton, dove addirittura suonarono solo il bassista e Lars Ulrich. James Hetfield registrò ogni parte di chitarra, compreso l’assolo che oggi è uno dei momenti più attesi durante i concerti.