Non si può parlare più belle canzoni dei Tool senza andare in confusione. Qualsiasi nota sfiorata dalla voce di Maynard James Keenan e suonata da Adam Jones, Justin Chancellor e Danny Carey diventa oro, e nella complessità delle loro composizioni c’è tutta la spiritualità che i nostri amici losangelini trasudano dal primo disco. Non un semplice progressive metal: i Tool vanno ben oltre l’esibizione di tecnica con la quale i Dream Theater ci hanno nauseati, riuscendo a creare atmosfere surreali anche nei momenti più pirotecnici e selvaggi, mai scontati.
Ænema (1996)
Uno dei brani più amati, anticipato da quel “hey hey hey” che dà il ritmo al riff di Adam Jones che seguirà. Il resto è un dito feroce puntato contro la società californiana, ma non certamente come lo racconterebbe un punk o un combat-rocker.
Schism (2001)
Che importanza ha la comunicazione nei rapporti umani? Lo spiegano i Tool in Schism, una delle loro canzoni più amate impreziosita dall’intro di basso che consente veri e propri stati di ipnosi. Non mancano le esplosioni, ma in questo estratto da Lateralus troviamo il giusto compromesso tra potenza e poesia. Ogni singola parte della canzone ha riscritto per sempre i canoni del metal.
Lateralus (2001)
La title-track del terzo album in studio dei Tool è ancora oggi una lezione di stile e spiritualità: con uno schema metrico che rispetta la successione di Fibonacci, Maynard canta il percorso verso la consapevolezza in un crescendo liberatorio e labirintico, ma in grado di alleggerire anche l’ascoltatore più scettico.
Vicarious (2006)
La morbosità dell’uomo verso le tragedie trova in Vicarious la narrazione perfetta: il 5/4 è violento e diretto proprio come il testo.
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10.000 Days – Wings Part 2 (2006)
Da sempre Maynard James Keenan ha raccontato con sofferenza la morte della madre Judith Marie. In questo brano la affida a Dio, e trattenere le lacrime è impossibile.