A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide di Fabio Pisano al Teatro Nuovo di Napoli

Cos’è l’Alcesti? Una tragedia? Un dramma? È il punto di partenza dell’autore e regista che realizza una trasposizione del testo classico e porta in scena un’originale riscrittura di Euripide


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Cos’è l’Alcesti? Una tragedia? Un dramma? E’ il punto di partenza dell’autore e regista Fabio Pisano per rileggere il testo di Euripide in A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide, con interpreti  Francesca Borriero, Roberto Ingenito e Raffaele Ausiello, in scena fino a domenica 27marzo al Teatro Nuovo di Napoli.

Presentato da Liberaimago, l’allestimento si avvale delle scene a cura di Luigi Ferrigno, il disegno luci di Cesare Accetta, i costumi di Rosario Martone, con il contributo della residenza artistica C.O.S. / C.Re.A.Re. Campania.

Alcesti fu rappresentata per la prima volta, intorno al 430 A.C., alle Dionisie; era l’ultimo testo di una tetralogia, che prevedeva tre tragedie e un ultimo dramma. Pur avendo nota questa cronologia, però, non è mai stato definito del tutto il significato; molti sono i pareri discordanti, che si dividono in chi considera quella di Alcesti una tragedia a lieto fine, chi – per ragioni di forma e stile – lo definisce un dramma.

Fabio Pisano realizza una trasposizione complessa del testo classico e porta in scena un’originale riscrittura di Euripide “asciugando” e riportando in chiave contemporanea i rapporti epici tra i protagonisti. Ci voleva coraggio per tentare una simile operazione. Qualunque sia il giudizio su di essa è giusto riconoscere che Pisano, autore e drammaturgo più volte premiato, lavora e si addentra nella indefinitezza del genere, dramma o tragedia, scavando in questa dimensione che gli consente di spaziare con grande autonomia all’interno del capolavoro di Euripide, sempre però rispettando l’impianto tradizionale rispetto a quelli che sono i cardini intorno cui ruota il testo, i punti chiave, i punti luce e i punti di buio della “fabula”. È il coraggio di misurarsi sui testi classici anche rischiando che lo sforzo risulti ostico per gli spettatori. Ma in questo caso il gioco è valso la candela.

La trama. Alcesti, moglie di Admeto, si offre di morire al posto del marito. Il suo gesto di generosità e di affetto viene premiato dagli dèi, ed ella torna a vivere con lo sposo amatissimo, grazie soprattutto all’intervento di Eracle, amico di Admeto. Ma in questa versione, in questa appropriazione, qualcosa non va come Euripide ha scritto.

Alcesti interpretata dalla brava Francesca Borriero è una donna risoluta, decisa, che non ha dubbi di morire al posto del marito, ma in chiave contemporanea appare come una donna stanca, appassita nel ruolo di moglie che recita un copione, classico o moderno che sia, di appartenenza al sistema familiare tuttavia mostrando chiaramente il suo distacco emotivo. Ed è interessante la chiave interpretativa del coro antico che fa da sfondo immaginario in cui i protagonisti si appellano per chiedersi “cosa farebbe il coro?”.Insomma Pisano ci invita a chiederci su che fine ha fatto il coro ovvero che fine ha fatto il sentire collettivo, elemento fondante di ogni testo antico, nella nostra attualità? E l’autore spiega: “Viviamo un individualismo tale per cui il coro non può, non è più possibile sia presente. Ma se ci fosse?

Il rapporto tra Admeto, il marito, ed Eracle, prima amico e poi in veste di padre, e qui Roberto Ingenito che ricopre entrambi i ruoli è molto abile in questo duplice passaggio. Raffaele Ausiello che interpreta Admeto è un convincente marito, prima accorato e poi tormentato che però mostra la sua fragilità dell’uomo moderno spaesato e confuso nel nuovo ruolo di chi, una volta che la moglie accetta il sacrificio di morire, dovrà rispondere e occuparsi dei figli. E quella litania farsesca sul latte in polvere dà l’idea di questa riscrittura che gioca sulle ripetizioni, sui ruoli, amico e padre, rendendo tutto un tiepido A.D.E.

Scrive Fabio Pisano: “Cosa accadrebbe, se crollasse la struttura che determina la tragedia classica greca? Se Apollo fosse troppa vita/dramma, e Tanato troppa morte/tragedia? Se Alcesti, prima d’essere un’eroina classica, fosse una moglie ormai stanca e affetta dal “morbo” dell’abitudine? Se Admeto fosse un marito, un figlio, un amico “mite” e “temperato”? Cosa accadrebbe se Eracle prima d’essere Eracle, fosse un amico pentito di un torto? Cosa accadrebbe se un padre, un nonno, un suocero fosse spietato nella sua vecchiaia? Cosa accadrebbe se, invece di un primo posto, si cercasse, per riparare, di vincere il “secondo premio in palio”? Di quell’edificio tragico, resterebbe soltanto un dramma borghese, che rappresenta la vita nei suoi aspetti dolorosi e in quelli lieti, concomitanti, con fine positivo. O meno”. Andiamo al teatro Nuovo a vedere A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide per trovare la chiave di queste domande ma anche per incuriosirsi verso una riscrittura drammaturgica che riflette sul mondo contemporaneo.

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