Chi, fra quanti stanno leggendo questo articolo, avrebbe il coraggio di puntare un cagnolino randagio, che non dà fastidio a nessuno, che vive di qualche carezza e crosta di pane, e stritolarlo sotto le ruote di un suv? Eppure è questo che è successo, che succede di continuo, ultimo caso giudicato a Monteroni, nel Leccese, dove la notte del 5 giugno 2019 un balordo di 32 anni ha trovato Biondo, cane di tutti e di nessuno, che dormiva accucciato sul marciapiede e si è divertito a stritolarlo con la sua Range Rover. Poi ha fatto marcia indietro e se n’è andato. Tranquillo, fiero di sé. Forse felice. Siccome siamo una società civile, tollerante, rispettosa, i media tutelano l’identità di questa merda subumana e non si sa chi sia, almeno fuori dalla provincia. Neanche il gusto di additarlo sui social. Ci basti sapere che il tribunale di Lecce lo ha appena condannato a 2 anni e a diecimila euro di multa da versare all’Enpa, l’ente della protezione animali, costituitosi parte civile. Non sgancerà un euro e non farà un minuto in galera, perché sta dentro il limite minimo. Poi ci sono gli appelli, volendo la Cassazione, campa cavallo. E uccidi il cane.
Piacerebbe sapere cosa passi nella testa corrosa di un laido che si diverte a sentire le ossa di un cane sbriciolarsi sotto il peso del suo macchinone, un ultimo disperato guaito, di dolore, di sorpresa, e poi il silenzio atroce offeso dal motore di quel suv che si dilegua. Piacerebbe sapere come si fa, dopo, a dormire. Ma è meglio non saperlo, perché ci avvicinerebbe alla disumanità dell’infamia. No, non può saperlo chi è normalmente umano, chi inorridisce al pensiero. Concentriamoci piuttosto su questo ennesimo episodio di giustizia apparente, in realtà somma ingiustizia reale. Perché ha un bell’esultare Claudia Ricci, legale di Enpa, sul “passo fondamentale sulla strada del riconoscimento del valore della vita degli animali”: ma che valore ha un cane se chi lo macella non sconta in concreto un accidente?
E due anni sono niente, un ganascino, come a dire: va beh, non farlo più, ma se vuoi fallo ancora, io stato, io giustizia farò finta di oppormi. È tutta roba che fa curriculum, criminale ma curriculum, è l’istituzione che si arrende: emette leggi ipocrite, sterili, commina condanne di cartone, non fa paura a nessuno, non si fa rispettare da nessuno, non fa nessuna giustizia. Puntare un animale sfortunato, che dorme rannicchiato su un marciapiede, sfracellarlo senza una ragione, ammesso che si possa mai trovare lo straccio di una ragione: questa è roba da ergastolo, se davvero la vita di un cane vale una vita. Se abbiamo imparato a rispettarla come vita e basta, sullo stesso piano di quella umana. Invece ne esce una sentenza sbrigativa, tanto per fare, perchè ci si è costretti, ma insomma che noia, con tutto quello che abbiamo da fare qui, e poi mica è colpa nostra se le leggi le fanno così, e poi c’è di peggio al mondo.
C’è sempre di peggio. Ma Biondo tutte queste cose non le sapeva e non ha avuto il tempo di saperle ed è chiaro che questa è bassa retorica da Libro Cuore, ma come fai a scamparla quando inciampi in una giustizia da cani? Anzi, che neanche i cani. Questo animale aveva un’anima. Non ha mai aggredito nessuno, si nutriva delle attenzioni della gente e sapeva ripagarle. Che bisogno c’era, porco maledetto senza nome? Che cosa ci hai guadagnato? In Italia ammazzano solo col veleno 44mila cani l’anno: poi ci sono gli altri mezzi e nessuno sa quanti ne vengano sterminati in totale. Nel 2009 se ne contavano 25mila, oggi sicuramente più del doppio. Le leggi sono piovute, ma ecco cosa hanno sortito: una progressione esponenziale della ferocia. Segno che non spaventano nessuno. Poi ci sono i gatti, gli altri animali da compagnia, in rete si trovano cose assurde, deprimenti, che fanno venire voglia di abbandonare il pianeta col suo consorzio umano che di umano non ha niente. Cani abbandonati da un momento all’altro dopo dieci, quindici anni di amore incondizionato. Cani presi e subito rifiutati perchè troppo affettuosi. Gatti lasciati a crepare di fame da soli in casa per un mese. Bestiole impiccate, crocifisse, torturate, squartate. Muoiono sempre con gli stessi occhi, increduli e ancora pieni d’amore. Uno si è lasciato bruciare e il suo istinto buono era così forte che non si ribellava, continuava a guardare i suoi aguzzini.
E non è vero che c’è di peggio al mondo, sì, ci sono le guerre, le invasioni, le stragi, i genocidi ma badate, maciullare un cane indifeso e buono racchiude ogni altro genere di abominio, è un gesto crudele ma anche simbolico, è la rinuncia irreversibile all’umanità. Perdonateli voi. Comprendeteli voi. Non subiranno giustizia divina e non ricevono quella umana. Almeno nel Mondo Piccolo di Guareschi, mondo che non esiste ma dovrebbe, c’è un farabutto che spara al suo stesso cane e Peppone molla tutto, lo insegue in motocicletta finché, a un passaggio a livello, lo prende, lo tira giù dall’Aurelia e lo carica di botte. Poi torna indietro e c’è don Camillo che lo sta curando perché il cane “ha preso solo una sventagliata sul sedere” e alla fine i due se lo dividono, anzi lo condividono. Il cane ha unito ancor più i due amici che fingono di detestarsi. Il Mondo piccolo che non c’è ma dovrebbe. Nel mondo marcio che c’è invece, resta solo da sperare nel contrappasso, una jeep, un furgone, un suv che punti il balordo di Monteroni e gli faccia provare, per un attimo solo, cosa ha sentito Biondo quando lui l’ha annientato.