Guardando verso sud

Non perdetevi Giuliano Gabriele e Orchestra Officine Meridionali con "È Meridionale", un brano che ha le chance di farvi ritrovare quella voglia di muovere il culo che due anni di pandemia hanno immobilizzato


INTERAZIONI: 171

A distanza di nove anni da Recine Carrée esce Multitude, il nuovo album di quel genio di Stromae. Anticipato dalla devastante L’enfer, brano in cui l’artista belga racconta di come mal abbia sopportato e gestito il successo, presentato in maniera perfetta al telegiornale della rete ammiraglia della tv di stato francese, lui lì a cantarla a cappella di fronte alla giornalista, impeccabilmente vestita e elegantemente seduta, Multitude, se possibile, alza ancora più in alto l’asticella, già altissima, del repertorio del nostro, dando alla parola scelta come titolo, moltitudine, un senso concreto e preciso, politico, anche. Stromae, infatti, canta il mondo, in ogni suo aspetto, quello suo interiore, certo, ma anche quello abitato dagli uomini, il mondo mondo, appunto. Un capolavoro pop, certo, Stromae ha la capacità unica di rendere fruibile a chiunque un prodotto colto, originale, alto, un capolavoro pop, quindi, che è anche una sorta di compendio, filologico e radicale, di world music. Moltitudine in musica, quindi. Che la world music sia in effetti quella preposta a raccontarci le storie degli uomini, credo, dovrebbe essere qualcosa di scontato più che di sorprendente, ma evidentemente ancora così non è, e di fronte alle canzoni di Stromae, fisicamente, ci si ritrova con la mascella spalancata. Ma non è di Moltitude né di Stromae che voglio parlarvi oggi, e so che nel dirlo ora sarà spiazzante, anche vagamente autolesionista, stando alle dinamiche SEO.

Voglio invece parlare di world music, sì, e di un manipolo di artisti che si è trovato sotto la guida illuminata di Giuliano Gabriele, artista che da anni si muove a cavallo tra musica tradizionale, folk o world music che dir si voglia, e pop, il fatto che tocchi distinguere tra generi è una prova provata che stiamo in effetti vivendo in un’epoca oscura, perché la musica è musica, e la musica popolare dovrebbe quantomeno essere ascrivibile tutta nello stesso folder. Un artista, Gabriele, che prova a mescolare le carte, portando contemporaneità laddove esiste tradizione e soprattutto provando a colorare di tradizione il vuoto pneumatico nel quale ci troviamo invischiati ora, e non parlo solo di musica, ma proprio di vita. L’occasione che mi spinge a parlarne, oltre che un mio tentativo personale di concentrare lo sguardo su qualcosa che mi disincentivi a spararmi un colpo in testa, è l’uscita del singolo È meridionale, a nome dell’Orchestra Officine Meridionali. Un ensemble creato per l’occasione, che vede il nostro affiancato da quattro delle voci più significative della musica tradizionale del sud, dalla splendida e evocativa romanità di Lavinia Mancusi, artista che io personalmente metterei su un piedistallo, soffermandomi in un grado quasi idolatrante di celebrazione, alla cifra tipicamente partenopea di Annalisa Madonna, passando per quella siciliana di Antonio Smiriglia e la più vicina a lui ciociarissima voce di Luca Attura, al fianco delle quali si muove lo stesso Giuliano Gabriele, non solo alla voce ma anche all’organetto, passando per una sorta di all star team che vede uno a fianco all’altro Lucia Cremonesi alla viola, Carmine Scialla al bouzouki e alle chitarre battenti, Andrea Pisu alle Launeddas sarde, Eduardo Vessella al tamburo a cornice, Giuliano Campoli alla zampogna a chiave, Gianfranco De Lisi, al basso acustico, Riccardo Bianchi al drum set e Giovanni Aquino alle chitarre. Un brano che è un invito alla danza, come spesso capita alla musica di tradizione, anche se qui si tratta di brano contemporaneo che decide di muoversi in quel campo, e quindi brano che è un invito alla vita, alla vita per come la conoscevamo prima, l’abbracciarci, il respirare, il muoverci tra la gente, un invito che è anche un augurio, e a suo modo una invocazione, senza tutto questo una musica di tale fatta non avrebbe senso, sembra dirci l’Orchestra Officine Meridionali, e forse non ha senso neanche transitare su questo pianeta.

Certo, parlare di È meridionale, di Orchestra Officine Meridionali di Giuliano Gabriele potrebbe suonare pretestuoso. Addirittura nuocergli, perché certi paragoni uno, razionalmente, li tiene a debita distanza, possono solo far male. Ma sono io a averlo fatto, non lui e se l’ho fatto è per una ragione semplice semplice, trovo che da noi si guardi sempre con troppa spocchia alla musica di tradizione e popolare, e che questo guardarvi con spocchia ci precluda la possibilità non solo di ascoltare un sacco di bella musica, in un’epoca che di bella musica per altro ne produce davvero poca, ma anche di ottimi artisti, come tutti quelli coinvolti in questo singolo e questo progetto. Magari possiamo soffermarci a ascoltare musica irlandese, o certi suoni latini, ma figuriamoci se ci abbassiamo a sporcarci gli orecchi con la nostra cultura territoriale. È meridionale è un brano che, lo dico senza paura di smentita, ha le chance di girare molto oltreconfine, dove la nostra tradizione viene ovviamente apprezzata anche a prescindere dalla Notte della Taranta e dalla anche troppo sponsorizzata pizzica, sarebbe forse il caso di invertire la tendenza e cominciare a dare alla nostra musica una chance. Ascoltate tutti Multitude di Stroame, è ovvio, che ve lo dico a fare?, ma non perdetevi Giuliano Gabriele e Orchestra Officine Meridionali con È meridionale, potreste guardare al passato riconoscendo gli stessi tratti caratteristici del presente, e ritrovare quella voglia di muovere il culo che due anni di pandemia hanno immobilizzato, lì sul divano davanti a una serie di Netflix.