Al cinema Il Ritratto Del Duca, storia vera di un Robin Hood in pantofole (recensione e curiosità)

La commedia con Jim Broadbent funziona grazie all’impeccabile interpretazione di Helen Mirren. Ecco tutto quel che c’è da sapere sul film e sul furto d’arte più imbarazzante al mondo


INTERAZIONI: 95

James Bond è nel covo di Dr. No e sta per salire le scale quando un dipinto attrae la sua attenzione tanto da tornare indietro per accertarsi che sia proprio quello Il Ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya.

007 Licenza Di Uccidere (Dr. No – 1962) – scena con il ritratto del Duca di Goya

Il perché di questa gag nel primo film della serie, 007 Licenza Di Uccidere (Dr. No – 1962), che ha decretato Sean Connery al rango di spia britannica più amata al mondo, sta proprio nella storia fino ad oggi dimenticata della sparizione del dipinto del maestro Francisco Goya.

Il ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya

LA STORIA DEL DIPINTO

Il Goya ha iniziato il ritratto del Duca di Wellington nel 1812 proprio durante la Guerra Peninsulare (1807-1814), il conflitto tra Spagna e Portogallo, assistiti dal Regno Unito, contro le forze di occupazione francesi per il controllo della penisola iberica. L’opera ritrae il celeberrimo Arthur Wellesley, primo duca di Wellington , militare ed esponente del Tory Party, per ben due volte primo ministro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda e rappresentante del suo paese al Congresso di Vienna.

Nei primi anni ’60 del novecento il ritratto stava per lasciare il paese. Il collezionista di New York Charles Wrightsman offrì 140.000 sterline per acquistare l’opera. Il governo britannico, incalzato dalla stampa che concentrò molta attenzione sulla vicenda, decise di comprare l’opera ed esporla presso la National Gallery di Londra, dove fu esposto per la prima volta il 2 agosto 1961 prima di essere rubata esattamente diciannove giorni dopo.

Ecco spiegato quindi, tornando alla pellicola del primo 007, il siparietto di James Bond in Dr. No. Che ritrae il dipinto sparito dalla National Gallery solo qualche mese prima della realizzazione del film. James Bond indugiando sul dipinto, sembra voler dire: “Ecco dove si era cacciato il Duca…”

IL FILM E IL FURTO DELL’OPERA

New castel 1961, Kempton Bunton è un pensionato britannico ed è il nonno estroverso che tutti vorremmo avere: simpatico, idealista, pronto a prendere le parti dei più indifesi. Questo suo atteggiamento gli vale la simpatia dei figli e la preoccupazione della moglie che tiene invece alla riservatezza british e al buon nome della famiglia.

Una delle battaglie di Bunton è quella contro il pagamento del canone tv deciso dal governo inglese per tutti i cittadini dotati di una televisione in casa. Il nostro eroe, che passa il tempo a cambiare lavori da cui puntualmente viene licenziato per la sua impertinenza, viene condannato a dodici giorni di prigione per il mancato pagamento del canone. Neanche la visita di Bunton a Londra al fine di intercettare manager della tv e deputati della Camera dei Lord per convincerli delle sue ragioni, riesce a smuovere la situazione.

Intanto proprio a Londra, quel governo che non ha fondi per evitare il pagamento del canone ai già vessati pensionati britannici, trova invece più di 140 mila sterline per l’acquisto del ritratto del Duca di Wellington ad opera di Francisco Goya. Secondo Bunton e figli si tratta di un vero e proprio sperpero di danaro pubblico e allora perché non rapire il ritratto del Duca e chiedere un riscatto utile a pagare il canone a tanti pensionati di Inghilterra ?

Kempton Bunton e Jim Broadbent a confronto

Il film di Roger Michell mette giustamente al centro la performance di Jim Broadbent nei panni di Kempton Bunton, che riesce nell’intento di rendere piacevole la figura del signore inglese nello stesso modo in cui ci ha rasserenato con la dolcezza del personaggio del Professor Lumacorno in Herry Potter. Il film al cinema Il Ritratto Del Duca è fin troppo scontato e basandosi su una storia vera, non ha colpi di scena dietro l’angolo di Trafalgar Square. Così per salvare il film dalla noia ci pensa Helen Mirren che interpreta con sobria eleganza la Signora Dorothy Bunton.

Della carriera di Helen Mirren, storia e filmografia, ne abbiamo parlato nell’articolo che è possibile leggere qui.

Sembra quasi che alla Mirren non abbiano comunicato il tono della commedia, che per l’intera durata è tutto un susseguirsi di disavventure e battute del Sig. Bunton. La sua interpretazione drammatica, invece, fa di Dorothy una donna pudica, riservata, severa e vera Signora inglese dei primi anni ’60 e salva il film dall’essere una banale commedia tv della domenica pomeriggio.

Il secondo filone narrativo del film infatti, racconta della famiglia Bunton, una famiglia distrutta e disgregata dopo la morte dell’unica figlia a seguito di un incidente in bicicletta. Mentre la reazione del Sig. Bunton è scrivere drammi per la tv, che nessuna emittente vorrà mai produrre e che parlano appunto della storia della giovane, la reazione di Dorothy è quella del silenzio, del divieto di parlarne in casa e fuori poiché troppo doloroso, finanche nascondendo alla vista la fotografia della giovane in un cassetto.

Il personaggio della Mirren sente il peso dell’inadeguatezza e della vergogna per tutto, soprattutto per le battaglie contro i mulini al vento del marito. Persino negli istanti prima del verdetto finale del tribunale, facendo visita al marito in carcere, il suo personaggio non cambia e lascia trapelare una composta tribolazione che non da luogo a nessun contatto fisico, ma sa anzi di rimprovero verso il compagno anche in un momento così delicato per il nostro imputato.    

Alle battute finali del film, di cui non sveliamo il climax, al suon di jazz arriva come un fulmine nella cupa atmosfera della periferia londinese e direttamente dal 1898, la tecnica preferita da Georges Méliès: lo split screen. Diversamente dal solito, la divisione dello schermo in diverse inquadrature, è utilizzata dal regista non per farci vedere più personaggi al telefono nei rispettivi ambienti, ma per raccontare l’epilogo della vera storia di questo incredibile furto e soprattutto per dar ritmo ad un film un po’ piatto e farci lasciare la sala del cinema con un bel sorriso.

ALTRE CURIOSITA’

L’urlo di Munch. Nell’iconica scena del furto di Il Ritratto Del Duca, come visibile anche nel trailer visibile qui in basso, il vuoto lasciato dall’opera di Goya lascia intravedere un altro quadro altrettanto famoso: L’urlo, del pittore norvegese Edvard Munch. La presenza del dipinto gioca ovviamente con lo spettatore sullo stato d’animo di stupore e paura a seguito del furto del ritratto del Duca, ma forse c’è anche un altro riferimento legato alle storie vere di furti d’arte.

Ben due versioni dell’opera di Munch infatti sono state nel tempo trafugate. La versione de L’Urlo (1893) è stata derubata nel 1994 dalla Galleria Nazionale di Oslo. Due uomini si introdussero nel polo museale, rubando l’opera in soli cinquanta secondi e lasciando in luogo del dipinto un biglietto con scritto “Grazie per le misure di sicurezza così scarse”. Una modalità e un epilogo che ricorda molto la curiosa storia di cui parla il film di Roger Michell. L’opera in quel caso venne fatta ritrovare integra tre mesi dopo in un albergo, mentre la versione de L’Urlo (1910) esposta presso il Museo Munch, è stata rubata esattamente dopo dieci anni, nel 2004. La tela venne poi recuperata nel 2006, per poi tornare in esposizione al museo dopo un restauro di ben due anni.

Mr. Bean. Se state pensando che non è la prima volta che un goffo signore inglese combina guai con un opera d’arte al museo, non vi sbagliate e state forse pensando ad un altro film di tutt’altro genere, Mr. Bean – L’ultima catastrofe (1997). Mr. Bean qui è un impiegato scansafatiche della National Gallery di Londra che dovrà prendersi inspiegabilmente cura del celebre ritratto di James Abbott McNeill Whistler intitolato La madre con risultati che possiamo ricordare, immaginare o vedere qui.

Maledetti italiani. Non sappiamo se è merito della sceneggiatura o se c’è un fondo di verità storica, fatto sta che per lungo tempo nel film per i servizi segreti della Regina, i principali indiziati del furto sono stati “gli italiani”.

Common Law. La vicenda ha spinto il legislatore ad approvare la sezione 11 della legge del 1968 sul Furto, che chiarisce una volta e per tutte che rimuovere senza autorità qualsiasi un oggetto in esposizione in un edificio a cui il pubblico ha accesso, è reato.

Il Sig. Bunton è innocente. Nel 1996 alcuni documenti e una possibile confessione, implicarono un altro individuo nel furto dell’opera, ma nessuna autorità ha più voluto riaprire quel fascicolo per motivi di chiaro imbarazzo.

DIALOGHI

Uno dei dialoghi più irriverenti all’interno del film Il Ritratto Del Duca è quello tra il Signor Bunton e figlio impallati davanti al dipinto e decisi a nasconderlo in casa:

– Cristo!

– Sì è proprio di lui che avremmo bisogno

– Cosa ?

– Era un falegname, ce ne servirebbe uno in grado di costruire un doppio fondo nell’armadio.

Il Ritratto Del Duca di Roger Michell con Jim Broadbent ed Helen Mirren è al cinema.