Casanova di Red Canzian, Opera Pop o del Rinascimento

Uno spettacolo avvincente, imperioso tanto quanto l’ambizione di dar vita a un’opera pop, non a un musical, ripeto, che ci racconti la leggenda Casanova

casanova opera pop

Ph: Angelica Cinquantini


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Strano il destino. Non dico nulla di particolarmente originale, lo so, ma a volte attestare la normalità può essere rassicurante, e mai come in questi tempi malsani un po’ di certezze non guasterebbero. Per cui parto da qui, dal constatare che il destino, appunto, è strano. La normalità certificata dall’essere fuori norma, quindi. Lo dico non cazzeggiando, né basculando sul generico, a poco servirebbe in questo contesto, quanto piuttosto andando a soffermarmi su qualcosa di specifico, che riguarda la mia vita, certo, ma che al tempo stesso è pubblico, di tutti.

Sono tornato a Teatro. C’ero già tornato, ve l’ho raccontato, andando due giorni di fila, a novembre, a vedermi i concerti di Tosca e di Simona Molinari. Due concerti, appunto. Stavolta sono tornato a teatro. Non succedeva dal 2019. Non saprei neanche dire a vedere cosa, l’ho ovviamente dimenticato, come spesso succede a quelle cose che riteniamo naturali e che di colpo finiscono, dando seguito a un cambiamento, magari anagrafico, o perché così va la vita. Pensiamo all’ultima volta che abbiamo giocato, da bambini, senza sapere sarebbe stata l’ultima volta. O all’ultima volta che faremo l’amore. Idem. Sono stato a teatro, un giorno imprecisato del 2019, pensando che sarebbe stata una delle tante volte in cui ero lì, a teatro, tra un prima e un dopo, poi per due lunghi anni, anche più, non ci sono andato più. Una anomalia, certo, che però protratta così a lungo nel tempo è diventata la norma, sostituendo quella che era la norma in precedenza, al punto che tornare a teatro, come ho fatto l’altra sera, è diventato un fatto eccezionale, straordinario proprio letteralmente, fuori dal mio ordinario, fatto prevalentemente di sere in casa, sul divano.

L’occasione era emozionante, a prescindere da quanto detto fin qui, già di suo emotivamente impegnativo, perché era la premiere dell’opera di un caro amico. Un fatto straordinario nella straordinarietà. Certo, per chi fa il mio mestiere, lo dicevo proprio parlando di questo amico e del fatto che essergli amico sarebbe di suo già qualcosa di straordinario, perché sostituire la casella che un nome del genere occupa, da mito a amico è piuttosto spiazzante, avere amici che fanno premiere, o date zero di un tour, o in tutti i casi presentano progetti importanti per le loro carriere e di conseguenza per il pubblico è un po’ più comune, ordinario, ma qui la faccenda è più complessa. Come ho avuto modo di raccontarvi, a Casanova Opera Pop di Red Canzian, di questo sto parlando, è legato un passaggio importante di questi due anni, ultimo momento di libertà almeno ipotetica prima che arrivassero i duecento e passa giorni nei quali, tra novembre 2020 e maggio 2021, tutto si è fermato. Magari tutto tutto no, ma sicuramente il mondo nel quale mi muovo, quello dello spettacolo e dell’intrattenimento, mondo che ha la singolare caratteristica di riguardare un po’ tutti, anche quelli che lavorano in tutt’altro ambito. Proprio quando stava per piombarci addosso il secondo tempo di questa apocalisse, decisamente più devastante del primo, per la sua durata e per come l’impatto di una ricaduta ha avuto sul nostro spirito, già messo a dura prova dagli eventi, Red, storico membro dei Pooh, certo, ma anche cantautore con una sua voce, non solo intesa come strumento, ma anche come cifra, mio amico fraterno, mi ha convocato in quello che un tempo era lo studio dei nostri Fab Four per farmi ascoltare in anteprima assoluta il frutto del lavoro di oltre tre anni, un’opera pop dedicata a Giacomo Casanova. Un ascolto insolito, accompagnato da immagini che Red aveva nel suo PC, la sua voce e quella di sua figlia Chiara, un giorno spero qualcuno mi spiegherà perché un talento del genere non è coccolato dalla discografia, a sostituire, mi ha spiegato, quelle che poi sarebbero state le voci dei protagonisti dell’opera stessa. Un’opera, più che un musical, ispirato alla figura storica veneziana, Venezia è coprotagonista assoluta del progetto, ispirata dalla lettura del romanzo storico di Matteo Strukul, qui nelle vesti di librettista, Miki Porru autore di tutti i testi dei brani. Un lavoro che mi era subito parso bellissimo, importante, epico e struggente, divertente e emozionante, un ottimo volano per una ripartenza, ho pensato. L’idea, infatti, che sarebbe andata in scena in primavera, nessuno di noi, quel giorno, presente anche sua moglie Bea, con lui produttrice dello spettacolo, e Elena, il suo ufficio stampa, sapeva cosa ci avrebbe riservato il destino. Ora lo sappiamo. Le zone a colori, l’impossibilità di muoversi per l’Italia, le restrizioni, i vaccini e via discorrendo. Un anno dopo, anche questo l’ho raccontato, Red mi ha invitato nuovamente a ascoltare il frutto del suo lavoro, suo e dei suoi collaboratori, su tutti Phil Merr, che ha lavorato agli arrangiamenti e alle orchestrazioni di tutti i brani. Stavolta con le voci degli attori e cantanti che nel mentre erano stati presi attraverso un lungo lavoro di casting. Nel farmelo ascoltare mi ha fatto vedere i costumi, le scenografie, anche alcune coreografie, lì, sempre dentro il suo computer. L’idea, più cauta che in precedenza, l’esperienza insegna, che la premiere sarebbe stata a gennaio 2022 a Venezia, e dove se no? Un lavoro che mi è parso ancora più bello, in parte perché molti dei brani ancora li ricordavo, un solo ascolto l’anno precedente, un po’ perché ravvisavo in Casanova Opera Pop le caratteristiche per poterlo definire l’opera di una vita di un artista che già di opere ne aveva tirate fuori molte, anche assai rilevanti, la storia dei Pooh, credo, non necessiti di didascalie.

Ma il destino è strano, perché è arrivata Omicron, e altre restrizioni. È arrivato un nuovo scoramento, perché il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, già vessato e abbandonato a se stesso, dovrei dire al suo destino, ha subito un nuovo colpo, forse mortale. Certo, i teatri sono stati di nuovo aperti al 100%, ma molti tour sono saltati, lasciando spazio a progetti più agili e veloci. L’idea della messa in scena di un’opera, tanto più di un’opera imponente, ha cominciato a vacillare, a essere messa in dubbio.

Nessuno diceva quello che molti temevano, per scaramanzia, forse, o per lasciare che le brutte notizie, in caso, arrivassero il più tardi possibile.

Poi, lo sapete tutti, Red si becca una brutta infezione. Mentre lo spettacolo è in allestimento, così, di colpo. Viene operato d’urgenza, si salva ma comincia una lunga degenza, che lo tiene lontano dalla prima di Venezia, a gennaio, e anche dalle successive repliche. I messaggi vocali che ho ricevuto, lo dico senza paura di sfociare nel personale, mi hanno preoccupato, la voce flebile, ma al tempo stesso ho sentito come la voglia di vivere fosse ben presente in quelle parole strappate all’affanno. La voglia anche di vedere quello che per tre anni ha occupato tutto il suo tempo, la sua fantasia.

La premiere di Milano, quindi, non poteva che essere doppiamente emozionante, forse anche di più. Da una parte c’era l’idea di vedere l’opera di un grande artista, un sogno finalmente realizzato. Dall’altra un chiaro sintomo di ripartenza reale, uno spettacolo impegnativo, economicamente, a livello di energie e risorse, qualcosa che lascia intendere una progettualità a lungo raggio. Infine l’opera di un amico che però non è presente, la sua voce che arriva sui saluti finali, a ringraziare i presenti, a spostare più in avanti, si spera non troppo, un nuovo caloroso abbraccio.

Mettere tutto questo da parte e raccontare Casanova Opera Pop senza sovrastrutture e pregiudizi, positivi, è quindi operazione quasi impossibile, dalla quale mi sottraggo senza alcuna difficoltà, questa non è una recensione, ma un consiglio da amico. Quello che ho visto, che mi sono goduto per oltre due ore è un’opera strepitosa, perché racconta una storia che la stragrande maggioranza di noi, almeno tutti quelli che non hanno letto il bel libro di Matteo Strukul, non conosceranno. Casanova non è solo e tanto il conquistatore che è diventato iconico, ma figura centrale nella storia veneziana, a sua volta fondamentale per raccontare la storia dell’Europa che si stava delineando, pronta a farsi nostro presente. La si capisce tutta, la storia, tra i tanti brani cantati, i balletti, le orchestrazioni, le parti recitate. E la si capisce bene perché il cast è davvero stellare, a partire dai due protagonisti, Gian Marco Schiaretti, Casanova, Angelica Cinquantini, Francesca, via via, passando per lo strepitoso e cattivissimo Inquisitore portato in scena da Gipeto, o la conturbante Contessa von Steiberg, interpretata da Manuela Zaier, tutti attori e cantanti di prima grandezza. La si capisce bene perché la scrittura di Red Canzian, come quella di Miki Porru, è a fuoco come non mai, e stiamo comunque parlando di Red Canzian e Miki Porru, non di gente a caso. La si capisce perché la Venezia che esce dall’Opera Pop è talmente pulsante e viva da divenire tridimensionale, non solo per la capacità dello scenografo di Massimo Checchetto di lavorare sulla scena, come quella di Desirée Costanzo di farlo sui costumi, della coppia di coreografi Nadalini-Carrozzino di farlo sui balli e del regista Emanuele Gamba di rendere un sogno a occhi aperti reale. Uno spettacolo avvincente, quindi, imperioso tanto quanto l’ambizione di dar vita a un’opera pop, non a un musical, ripeto, che ci racconti la leggenda Casanova, nome noto in tutto il mondo, e in fondo è tutto il mondo a cui l’opera guarda, che ti tiene per due ore e passa lì, su quei seggiolini ricoperti di rosso, siamo al Teatro Arcimboldi di Milano, le mascherine FFP2 a renderci la respirazione faticosa. Un lavoro che mi ha fatto emozionare, è ovvio, e quando dopo la fuga da Bolzano della Contessa, non voglio spoilerare niente, si sente il basso fretless di Red irrompere nell’aria, confesso, emozionante fino alle lacrime, che consiglio a tutti di andare a vedere. Perché la bellezza ci può salvare da questa nuova normalità dalla quale dovremo in qualche modo imparare a affrancarci, più che adeguarci a conviverci insieme, e perché dopo la decadenza, il medioevo, non può che esserci un Rinascimento, e niente mi sembra oggi più vicino al Rinascimento che un’opera pop come Casanova. Certo, io sono di parte, e l’idea di andarmelo a rivedere quando finalmente ci sarà anche Red, è evidente, mi fa scandire le giornate con più ottimismo, ma se vi volete bene, anche inconsapevolmente, fidatevi di un vecchio brontolone, non perdetevelo.