Addio a Sidney Poitier, l’attore-icona che ha cambiato la storia dentro e fuori Hollywood

A 94 scompare il grande interprete di colore che ha segnato un’epoca. Il primo nero a vincere l’Oscar da protagonista. E anche un divo da box office. Da “Indovina Chi Viene A Cena?” a “La Calda Notte dell’Ispettore Tibbs”, tanti i suoi film di culto

Sidney Poitier

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Con la morte a 94 anni di Sidney Poitier scompare una delle poche, autentiche icone di Hollywood e non solo. Non è semplicemente il primo attore di colore ad aver vinto il premio Oscar come protagonista, nel 1964, per I Gigli Del Campo di Ralph Nelson, e il primo nero a raggiungere uno status divistico riconosciuto. È stato soprattutto un uomo, partendo da umili origini – era nato a Miami in Florida nel 1927 da una famiglia di modesti commercianti provenienti dalla Bahamas e nella prima parte della sua vita aveva fatto un po’ di tutto, anche il lavapiatti – capace di modificare la percezione della comunità di colore e anche i ruoli che fino agli anni Cinquanta venivano affibbiati agli attori di colore.

Con Sidney Poitier, dopo le Mami di Via Col Vento degli anni Trenta, un ruolo eccezionale ma ancora nei confini della donna nera anzi “negra” al servizio dei padroni bianchi, gli artisti di colore acquisiscono seppur faticosamente in un’industria del cinema che comunque li accetta fino a un certo punto, una nuova dimensione da protagonisti positivi, da “eroi”. È un passaggio epocale che pochi attori e artisti, quali Sidney Poitier o il suo sodale e amico Harry Belafonte – col quale recitò quando decise di passare nel 1972 anche dietro la macchina da presa, nel western Non predicare… spara! – hanno compiuto con grande sforzo quasi da soli, facendo da apripista per i vari Denzel Washington, Eddie Murphy, Danny Glover, Morgan Freeman, che a partire dagli anni Ottanta hanno potuto anch’essi, e con relativa minor fatica, conquistare una immagine divistica interpretando ruoli non di rincalzo e non piattamente stereotipati.

Sidney Poitier aveva cominciato a recitare nell’American Negro Theater, arrivando a Broadway (Lysistrata nel 1946) e poi facendosi spazio nel cinema, sicuramente confidando sulla sua abbagliante bellezza, che lui combinava con una vocazione all’impegno per la sua comunità e una consapevolezza via via crescente del ruolo che poteva giocare e avrebbe giocato per cambiare la percezione rispetto alla gente di colore, finendo per divenire un simbolo della Hollywood liberal, soprattutto a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta.

Il Seme Della Violenza, un film che ha fatto epoca

L’esordio fu in una parte rilevante nel film di un maestro, Uomo Bianco Tu Vivrai di Joseph Leo Mankiewicz (1950), dove è già bravissimo – secondo alcuni l’interpretazione migliore della sua carriera, nel ruolo veramente inedito per l’epoca di un medico nero che deve confrontarsi, accadrà spesso nella sua storia d’attore, con un razzismo pervasivo. La parte che gli regala la vera notorietà è in un film che ha fatto epoca, Il Seme della Violenza del 1955 di Richard Brooks, la cui fotografia dell’ambiente turbolento dei cattivi ragazzi di una scuola popolare oggi risulta abbastanza datata e addomesticata, ma allora colpì per la sua verosimiglianza. E Poitier, uno degli studenti che il bianco e bravo professorino Glenn Ford cerca di ricondurre alla ragione ha una parte determinante per la riuscita della pellicola – anni dopo, nel 1967, sarebbe tornato sulle tracce di quel film ne La Scuola Della Violenza, stavolta però promosso insegnante.

Da quel momento per Sidney Poitier comincia un decennio magico: nel 1958 giunge con La Parete Di Fango la prima nomination all’Oscar, in un film di Stanley Kramer che tematizza con consapevolezza volutamente quasi didascalica il problema razziale, immaginando due prigionieri evasi, il bianco Tony Curtis e il nero Poitier, che fuggono ammanettati l’uno all’altro, con la fuga resa più difficoltosa prima che dagli inseguitori dai pregiudizi reciproci. E poi c’è Porgy and Bess di Otto Preminger, nel 1959, versione del capolavoro di George Gershwin e omaggio alla vita della gente di colore nel Sud, in cui l’attore si esibisce anche nel canto e ballo. E quindi la consacrazione dell’Oscar per I Gigli Del Campo.

Indovina Chi Viene A Cena?, il conflitto razziale e quello generazionale

A quel punto Sideny Poitier è una delle stelle di Hollywood. Nel 1967 è al settimo posto della classifica degli attori più remunerativi dell’industria del cinema americano. L’anno dopo è al primo posto, dopo una doppietta di interpretazioni indimenticabili, Indovina Chi Viene A Cena?, ancora di Stanley Kramer, e il poliziesco La Calda Notte Dell’Ispettore Tibbs di Norman Jewison. In particolare il ruolo del compagno di colore della donna bianca nel primo dei due film col senno di poi può essere tacciato di una rappresentazione del conflitto razziale pesantemente edulcorata, con la famiglia borghese progressista e riflessiva composta da Katharine Hepburn e Spencer Tracy e Poitier così perfetto educato e perbene che quasi si stenta a credere possa esistere un uomo simile. Ma è anche un film che va calato nel suo tempo, e per quanto discutibile il suo effetto fu dirompente. Nel 1969 decise anche di fondare una sua compagnia di produzione, la First Artists Film, insieme a Paul Newman, Dustin Hoffman, Barbra Streisand e Steve McQueen, per raggiungere una maggiore autonomia e slegarsi da una certa ripetitività dei ruoli che gli venivano offerti. Anche se poi, quando decise di passare alla regia, nessuno dei suoi film, a parte Nessuno Ci Può Fermare (1980), con la rodata coppia comica Gene Wilder e Richard Pryor, ottenne un gran successo.

Dagli anni Ottanta in poi la sua attività si diradò drasticamente, solo un terzetto di thriller non disprezzabili, Sulle Tracce Dell’Assassino (1988), Nikita – Spie Senza Volto (1988) e il più brillante I Signori Della Truffa (1992), in cui duetta con l’altro divo Robert Redford. Cose non più fondamentali, ma che non cambiano la sostanza e l’importanza di Sidney Poitier, che negli anni sarà insignito di una quantità incalcolabile di riconoscimenti, coronati dal titolo di Sir nel 1974, l’Oscar alla carriera nel 2002 e la medaglia presidenziale della Libertà consegnatagli dal presidente Barack Obama nel 2009.