Un Dollaro d’Onore, stasera in tv il western-capolavoro di Hawks, cinema hollywoodiano in purezza

È la summa di tutto il cinema di Hawks questo film con l’icona John Wayne, dove il western duetta con la commedia e tiene conto persino delle innovazioni del linguaggio televisivo. Un classico. Stasera alle 21 su Iris

Un Dollaro d’Onore

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Se mi chiedessero di scegliere un film che giustificasse l’esistenza di Hollywood, penso sarebbe Un Dollaro d’Onore”. Così si espresse il grande critico Robin Wood a proposito del film diretto nel 1959 da quel maestro del cinema americano classico che è Howard Hawks, aggiungendo: “Un Dollaro d’Onore è il più tradizionale dei film. Alle sue spalle c’è tutto Hawks, e l’intera tradizione del western, e dietro di essa la stessa Hollywood”.

Effettivamente Un Dollaro d’Onore è la summa del cinema di Hawks, un capolavoro che ricapitola tutti i suoi temi. C’è l’amicizia virile, l’elogio del professionismo, c’è una morale – sottolinea Joseph McBride nel suo libro-intervista al regista – “basata più sulle relazioni tra piccoli gruppi che non su astratti codici di comportamento”. Non manca il motivo tipicamente hawksiano, di solito presente nelle sue commedie, della battaglia tra i sessi, nel quale donne volitive, moderne e indipendenti menano le danze e mettono sistematicamente in crisi uomini destinati a restare, almeno emotivamente, succubi.

Un altro elemento canonicamente hawksiano di cui Un Dollaro d’Onore è esempio inimitabile è la capacità di mescolare i generi. Western roccioso con al centro dei cowboy che cercano in ogni modo di far rispettare la legge nella frontiera turbolenta, il film però è punteggiato da tocchi di autentica commedia: da un lato grazie al confronto tra lo sceriffo John T. Chance (John Wayne) e la giocatrice professionista Feathers (Angie Dickinson) di cui si scopre – con vistoso imbarazzo – innamorato; dall’altro tramite le parentesi comiche dell’impagabile Walter Brennan, nella parte di Stumpy, proverbiale vecchietto brontolone.

Ci sono persino tracce di musical in Un Dollaro d’Onore: sia per il rilievo drammaturgico che ha la colonna sonora – è ascoltando il Degüello che il vicesceriffo ubriacone Dude (Dean Martin) realizza per la prima volta quanto è caduto in basso –, sia perché la presenza di due divi della canzone come appunto Martin e il giovane idolo dei teenager Ricky Nelson – scelto perché capace di intercettare un altro target di pubblico – consente a Hawks di concedersi degli intermezzi canori che in qualunque altro film sarebbero parsi incongrui e che qui, invece, funzionano benissimo.

Un Dollaro D'Onore (1959)
  • Wayne,Martin,Nelson (Actor)

Questa è la forza di Un Dollaro d’Onore che, partendo da una sceneggiatura di Jules Furthman e Leigh Brackett – “una donna che scrive come un uomo” disse Hawks, per lui suonava come un complimento, oggi chissà – prevede una struttura tanto coesa dal punto di vista dell’unità di tempo e di luogo – un western da camera che si svolge in tre giorni in pochissimi ambienti – quanto stilisticamente libera e rapsodica.

Un film in cui, come sempre in Hawks, sono i rapporti tra i personaggi a cadenzare umore e ritmo della vicenda. Al centro del dramma è la scelta dello sceriffo di asserragliarsi coi suoi assistenti nella prigione, attendendo che arrivino i federali per prelevare un tizio arrestato per omicidio, fratello dell’uomo più potente della zona, Nathan Burdette (John Russell), disposto a tutto pur di farlo evadere.

Intorno alla struttura principale – talmente elementare da far sostenere a Hawks di aver fatto un film senza trama – si snoda la vera storia del film, legata alle dinamiche tra i protagonisti, che contemplano una variegata tastiera emotiva: sentimentale con risvolti da commedia nelle schermaglie tra Chance e Feathers; commovente e virile nel rapporto tra Chance e Dude, col primo che fa di tutto per aiutare l’amico alcolizzato a ritrovare la propria dignità; fino al tono apertamente umoristico nei duetti tra Chance e Stumpy, dai quali affiora un elemento paterno e filiale, nel profondo e comprensivo affetto che lo sceriffo prova per l’anziano e sbadato aiutante.

Un Dollaro d’Onore è anche un film in equilibrio tra classicità e modernità, tra la rispettata retorica del western e le continue piccole deviazioni che riaggiornano il genere dall’interno. È linguisticamente sorprendente il prologo, una sequenza muta di diversi minuti volutamente stilizzata – che Hawks ammise essere ispirata al modello dei telefilm western, con la prima scena che funge da gancio per catturare l’attenzione dello spettatore (“Se analizzi Un Dollaro d’Onore, troverai che è come se fossero tre storie televisive”, disse).

Il duetto musicale tra Dean Martin e Ricky Nelson

Spiazzante è la scelta del western da camera, che dissimula bene la sua claustrofobia di fondo, mettendo da parte la tipica vocazione paesaggistica del genere che lo stesso Hawks aveva impiegato nei suoi precedenti Il Fiume Rosso e Il Grande Cielo. Tutto qui è invece compresso in pochissimi metri quadratii tra saloon, locanda e prigione, dove quasi naturalmente emergono i personaggi nelle loro dinamiche reciproche, in una storia fatta quasi solo di caratteri ed emozioni. Singolare fu anche la scelta di fare un film in aperta polemica con un, allora, recente caposaldo del western come Mezzogiorno Di Fuoco: “Non credevo – disse Hawks – che un bravo sceriffo dovesse correre in giro per la città come un pollo a chiedere aiuto, e che alla fine dovesse salvarlo la moglie quacchera”.

La ricetta di Un Dollaro d’Onore funzionò egregiamente, il film fu il secondo migliore incasso della stagione dopo A Qualcuno Piace Caldo. E ad Hawks piacque tanto da spingerlo a ripetere la formula in due altre pellicole, El Dorado e Rio Lobo, praticamente dei remake del capostipite. Il quale resta indiscutibilmente un capolavoro, posto cronologicamente sul crinale terminale di un’epoca, i primi anni Sessanta, dopo la quale Hollywood cambierà profondamente, chiudendo la stagione del cinema americano classico. Di cui Un Dollaro d’Onore resta un esempio superbo, “un film – ha scritto la studiosa Molly Haskell – a cui si torna come da un vecchio amico”. Difficile non essere d’accordo.

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