I Virostar da passerella hanno sbagliato tutto, però offendono gli Italiani

Virologi da tastiera e da chiacchiera televisiva: cosa ha a che fare tutto questo con la professione?


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Per capire quanto effettivamente importi della salute pubblica agli scienziati da talk show, detti anche virostar, è sufficiente seguirli sui loro profili social. Matteo Bassetti, quello che aspettava una candidatura dalla Lega, ma adesso gli va bene da chiunque, mette su Instagram una vignetta offensiva: Cappuccetto Rosso che dice al lupo “che naso grande che hai” e il lupo che risponde “sono i tamponi”. Con tanti saluti alla fatica di quanti non vogliono o non possono procedere a vaccino e di conseguenza debbono fare a meno del greenpass che consente, letteralmente, di vivere. Non è umorismo, è meschinità: i deprivati del lasciapassare sono costretti a file umilianti, di ore davanti alle farmacie, vengono respinti, la loro giornata è un inferno, ora una donna cui il tampone è scaduto da 4 ore viene buttata giù dal treno e costretta a passare la notte in stazione a Bologna, ora una insegnante ha ricevuto l’immaginifico QR ma, per qualche mistero tecnologico, le hanno trasmesso quello del tampone precedente e lei viene allontanata da scuola, deve tornare a precipizio in farmacia, riscattare il QR buono, la mattina se ne va, al disagio delle ore perdute si somma l’umiliazione. E potremmo continuare per pagine. Tutto questo diverte Bassetti, i problemi di milioni di cittadini non lo smuovono perché li considera coglioni, basta vaccinarsi. Il collega Burioni, quello che aspettava una candidatura da Renzi (ma adesso gli va bene da chiunque), ha messo insieme una tale collezione di insulti agli obiettori vaccinali che non ci si crede in un uomo, un medico di quasi 60 anni, tutto un bestiario di cani, di sorci. Virologi da tastiera e da chiacchiera televisiva: cosa ha a che fare tutto questo con la professione? Niente e tutto, perché, si dice, “oggi va così”.
Così come? Così che per distinguersi occorre provocare incessantemente nei modi più volgari, modello influencer? Sì, proprio così. Ce n’è un altro, Lopalco, che aspettava una candidatura dal PD e gli è arrivata, fa l’assessore alla Sanità in Puglia, era quello che postava il pupazzo di Trump preso a mazzate dai fanatici (e Burioni subito metteva il like): ha sostenuto che il greenpass va ampliato “fino a poter respirare”. La veterinaria Ilaria Capua dalla Florida si avventura in spericolate analogie: si è fatta la terza dose e, ammette, l’ha sentita tutta. Meno male. Venti mesi fa definitiva il Covid “sindrome parainfluenzale” e invitava ad abbassare i toni. Poi questa gente si lamenta degli insulti e delle minacce: certo, sui social non mancano i bestioni e i lunatici, ma santo cielo se li eccitate, se li andate a cercare, che altro aspettarvi?
Medici, ricercatori, uomini di scienza che hanno messo da parte la scienza per la propaganda, che si mettono in mostra come prodotti essi stessi. Hanno scoperto la notorietà spicciola e non sono disposti a rientrare nel grigiore di un laboratorio, alzano sempre più la posta e poi invocano la scorta, simbolo di potere, di tracotanza e anche di irresponsabilità: con la scorta posso dire quello che voglio, sono intoccabile, è il prodromo al sospirato incarico parlamentare o ministeriale.
“Funziona così”; ma non è detto funzioni bene. Porterà sicuramente lustro, e magari ingaggi, a chi insiste, ma non è un bello spettacolo quello del medico che si lancia in passerella, in copertina, o in provocazioni da bar telematico; se c’è una cosa di cui non si ha bisogno oggi, dopo quasi due anni di società ristretta e di democrazia autoritaria, sono le esasperazioni che dividono ulteriormente il Paese in tribù, in curve ultrà e invece questi virostar, questi profeti di sventura non fanno altro, anzi si direbbe abbiano sostituito la missione di curare con quella di fare incazzare, di fomentare. Ovviamente il loro Ordine non dice niente, è impegnato a radiare i dottori dissenzienti, come del resto quello dei Giornalisti: ne esce una società dissociata, che nega se stessa, che ha perduto qualsiasi compattezza e sembra rigettare anche l’ultimo rigurgito di civiltà, di tolleranza. Di rispetto reciproco.
È difficile seguire questi personaggi nelle loro contorsioni, smentiscono domani quello che hanno sostenuto ieri, ma sempre nella stessa spocchia, con inattaccabile sicumera. Sono passati dall’irridere chi, a marzo 2020, si preoccupava di un virus sconosciuto (“è più facile che vi colga un fulmine”, diceva il solito Burioni) allo sfottere chi nutre un timore relativo e razionale; hanno giurato sull’efficacia del vaccino, di ogni vaccino, salvo ammettere che il vaccino non risolveva tutto, che poteva proteggere chi lo assumeva ma non al punto da renderlo immunizzato; hanno assicurato che una dose con relativo richiamo sarebbe stata risolutiva, definitiva, e adesso spingono per la terza dose, la quarta, l’ennesima. C’era chi, come la microbiologa Maria Rita Gismondo, che aspettava segnali dal Movimento 5 Stelle e se non altro è finita commentatrice sul Fatto Quotidiano, anche se la sua stellina si è eclissata, considerava il Covid “un raffreddore” e voleva farsi un ciondolo a guisa di virus. In quasi due anni di planetaria follia, questi luminari che prima nessuno conosceva si sono distinti essenzialmente per tre cose: la vanità, la fallacità e la litigiosità. Sono mesi che si scannano, si sfanculano, si offendono. In una sola cosa sono concordi: nel prendere in giro, in tanti sensi, chi li ascolta, bongré malgré. Piccola gente dalla quale dovrebbe dipendere la nostra salvezza. Il Covid ha portato tanti drammi, tante incognite, ma anche una certezza: il livello imbarazzante di tutte le componenti coinvolte, dalla classe politica alla burocrazia, dall’informazione alla élite scientifica. Dopo la vignetta offensiva su chi si costringe al tampone, il primario Bassetti ne ha messo un’altra per dire che ha ricevuto 20000 auguri. Chiara Ferragni non avrebbe saputo far meglio. Siamo soli, e il futuro ha il buio di un lockdown.