Ricorderete tutti, immagino, quel vecchio spot di una nota compagnia navale, di quelle note più che altro perché organizzano crociere, non fatemi fare il nome, nella quale si vedevano persone rientrate dalle vacanze che, ripensando a situazioni non troppo distanti, almeno allegoricamente, a quelle vissute durante le ferie, scoppiavano in lacrime senza ritegno. Un modo originale per dire che a tornare al lavoro, in fondo, non ci si abitua mai e che, quello lo scopo dello spot, appena ritornati a casa è già il momento giusto per pensare alle prossime vacanze.
Spot divertente, ben riuscito, seppur col tipico problema di tutti gli spot, il raccontarci un mondo di benessere spesso scollato da quello reale (non fatemi citare le navi cariche di abitanti dei Balcani che giusto una trentina di anni fa arrivavano nei nostri porti, illusi proprio dal mondo dorato rivenduto loro dagli spot visti nelle nostre tv dentro le loro televisioni, oltre che dall’impellenza di mettere miglia marine tra loro e la loro terra natia).
Volendo riportare il tutto ai giorni nostri, per intendersi, immagino che una certa idea di inclusività avrebbe avuto il suo peso, come dire: siccome non tutti possono farsi una vacanza in crociera tocca trovare un modo per raccontare la crociera senza far pesare questo scollamento sociale a chi ne è per suo status escluso.
Condizione che mi trovo a affrontare anche io, proprio ora. Condizioni che mi trovo a affrontare anche io, dovrei dire.
Sia quella di fare i conti con l’inclusività, sicuramente, quanti post sui social che facevano notare quanto fosse più discriminatorio il fatto che certa gente non può andare al ristorante o a un concerto perché non ha i soldi per poterselo permettere prima ancora di arrivare alla questione “Green Pass” avete letto?
Tanti, immagino.
Ne ho scritto uno anche io, in tempi non sospetti.
Sia la questione dell’essere a più riprese scoppiato in lacrime per ragioni irrazionali, qui in casa mia, a Milano, lontano dai posti che hanno ospitato le mie vacanze (dicendo questo, lo so, ho sostanzialmente negato quanto appena detto, ma in qualche modo dovrò pur muovermi, se voglio arrivare dove mi sono prefissato, addio al politicamente corretto).
Ora, le vacanze sono in effetti finite, almeno per me, che sì, le vacanze le ho fatte, quindi a mio modo sono un privilegiato, so anche questo, ma comunque ora sono in casa a lavorare, cosa che al momento in cui queste mie parole incontreranno i vostri occhi voi non starete facendo, a meno che per lavoro non leggiate i miei scritti, e in caso sarei assai curioso di sapere che lavoro fate, ma questa è altra faccenda, mentre scrivo, adesso, io sto lavorando, è un fatto, così funziona la scrittura.
Certo, potrebbe essere che voi leggiate questo pezzo tra mesi e mesi, mentre magari io sarò nuovamente in vacanza, o magari che nel mentre io abbia avuto una inaspettata eredità e abbia definitivamente smesso di lavorare, fatto che ribalterebbe il discorso, perché al momento voi non stareste lavorando, come me mentre scrivo queste parole, ma è anche vero che nel mentre io sarei ai Caraibi a lanciare ghiaccioli ai delfini, fatto che mi porrebbe in una condizione di ulteriore privilegio.
Vai a sapere che magari qualcuno leggerà queste mie parole, anche subito, proprio mentre lancia ghiaccioli ai delfini dai Caraibi, per una eredità inaspettata già ricevuta, perché ha brevettato quel cosino per chiudere le buste di plastica che contengono i prodotti alimentari o perché ricco di famiglia. Insomma, a voler fare i postmoderni non se ne esce, e certo l’ironia non aiuta, almeno in questo caso, certo smussa gli spigoli della carenza di valori fondamentali, per questo in fondo il postmodernismo è nato, ma non facilita certo l’andare avanti di queste mie parole, al momento arenate qui, con me che piango a dirotto perché al lavoro invece che in vacanza, il tutto dopo essere da poco rientrato da suddette vacanze.
Perché mai iniziare un pezzo sulle prossime uscite discografiche, sin dai tempi della scuola ci siamo abituati a guardare a settembre un po’ come un inizio d’anno, non solo perché in effetti a settembre iniziava l’anno scolastico, quando ero piccolo io in realtà la scuola iniziava addirittura a ottobre, ma ci siamo capiti, quanto piuttosto perché le ferie estive durano mediamente più di quelle natalizie, anche se non sempre si trasformano magicamente in vacanze, perché, quindi, iniziare un pezzo sulle prossime uscite discografiche, quelle che accompagneranno i mesi finali di questo anomalo secondo anno pandemico, iniziando citando uno spot di qualche anno fa di una compagnia di crociere per poi proseguire andandomi a incartare sull’idea di privilegio del fare le vacanze e sulla liceità o meno del parlare di rimpianto per le vacanze appena compiute, si chiederà qualcuno, un qualcuno che mi ritrovo spesso a citare, sarà che non seguo quasi mai un filo logico e mi ritrovo quindi a dover spiegare il momento in cui, partito per la tangente, decido di sterzare bruscamente, tirare in corsa il freno a mano e, fatta inversione a U, arrivare alla meta che avevo in mente sin dall’inizio, lontana parecchio dal percorso che mi ero ritrovato a fare, qualcuno che appunto ora starà ancora una volta lì a interrogarsi?
Semplice, si fa per dire, perché, per dirla con Salmo, ultimamente mi ritrovo spesso a citarlo, sia mai che qualcuno pensi che è un mio punto di riferimento, è una pura casualità, casualità che mi sono permesso di sottolineare, certo con un po’ di malizia, non tanto perché temessi che qualcuno lo avrebbe notato da solo, figuriamoci quanti saranno tra voi che leggono ogni mio scritto e che, anche leggendo ogni mio scritto, si ricordano le mie citazioni, i miei scritti son sempre lunghissimi e infarciti di citazioni, dichiarate o meno, quanto perché mi andava di fare un altro guizzo metanarrativo, un ennesimo giochino postmoderno, a rischio di apparire pedante e di sfociare nell’ambiguità, sono io l’autore, avrò il sacrosanto diritto di essere ambiguo, se voglio o se capita?, e a pensarci bene di citare un’altra volta Salmo non mi va, fate finta che io non lo abbia neanche tirato in ballo, o che lo abbia tirato in ballo ma, in balia delle mie divagazioni mi sia poi dimenticato di chiudere la parentesi, del resto divagare si dice anche errare, un errore ci sta alla grande, semplice, quindi, si fa per dire, ho deciso di scrivere un pezzo sulle prossime uscite discografiche di questo ultimo strascico d’anno a partire da un vecchio spot di una compagnia navale e alla annosa, almeno adesso, quindi non tanto annosa quanto apicale, faccenda delle vacanze appena finite e già rimpiante vs vacanze neanche fatte, perché mi andava di farlo, perché in quello che Elio e le Storie Tese chiamavano il boschetto della mia fantasia questo era il modo migliore per raccontare quel che sto per raccontare, poco importa che l’intro sia molto più lungo del corpo del racconto, e poco importa per modo di dire, perché è evidente che importa come io ho deciso di scrivere questo pezzo, il peso che ho dato alle parti, gli equilibri interni del racconto, nella mia testa il racconto girava così e io così l’ho scritto.
E così l’ho scritto per arrivare a una semplice, questa sì, lineare domanda: ma perché mai ci ritroviamo a guardare a settembre come a una ripartenza, nel senso che, consapevoli che l’anno solare è l’anno solare, anche a tanti e tanti anni dalla fine del nostro rapporto diretto con la scuola, magari riaperto, è il mio caso, nel momento in cui le scuole tornano nella nostra vita in quanto genitori di qualcuno che a scuola ci va in quanto bambino o adolescente, e so che anche nei confronti dei figli si potrebbe aprire una qualche parvenza di dibattito riguardo al citarli o meno, come per le vacanze, perché magari ci sarà chi i figli li vorrebbe ma non può averli, per x motivi, e io citando la mia condizione di padre, esattamente come la mia condizione di uno che è stato in vacanza, non che le due cose abbiano lo stesso peso, sia chiaro, almeno per me, sto facendo una specie di bullismo involontario, come di chi non è capace di modulare la propria forza fisica e ti dà una pacca amichevole sulla spalla ma è talmente grosso che ti procura una microfrattura, e si sa che le spalle non si possono ingessare, vai di tutori e fisioterapia, questo non è un capitolo che voglio aprire, e comunque provateci voi a tirare su quattro figli e poi mi fate un fischio, grande dono e tutto, certo, ci mancherebbe altro, ma anche grande fatica e grandi responsabilità, tornando però a noi, perché mai, quindi, ci troviamo a guardare a settembre come una ripartenza, e stavolta voglio decisamente lasciare da parte la pandemia, le paure di ritornare presto in lock down, i Green Pass, i vaccini e compagnia bella, quando alla fin fine le canzoni che stanno uscendo in questo settembre sono del tutto irrilevanti, sotto il mero profilo artistico, per me anche su quello dell’intrattenimento, esattamente come le canzoni che ci hanno violentato le orecchie nel corso dell’estate? Cioè, tutto questo solo per arrivare vivi fin qui e poter ascoltare Magari no di Tommaso Paradiso? Ma davvero? Ne valeva la pena?
Ecco, ora ricomincio a piangere.