La nuova normalità di normale non ha niente, è alienazione, è paranoia

E così il Ferragosto “tra mare e scampagnate” è stata una festa mesta, avvilita dalle solite discussioni sul green pass

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I telegiornali (e i giornali) mentono, è il loro mestiere. “Un Ferragosto normale, tra mare e montagna” vanno di repertorio, poi aggiungono: di nuova normalità. E la nuova normalità di normale non ha niente, è alienazione, è paranoia. Il Ferragosto “tra mare e scampagnate” è stata una festa mesta, avvilita dalle solite discussioni alienanti sul green pass. La nostra vita ridotta a un codice a barre, a una macchia di puntini esoterici sul telefono che sarebbe il QR, moderno lasciapassare senza il quale non puoi far niente, non puoi berti neanche un caffè. Il Ferragosto normale è stato un giorno in cui la gente, invece di tirare il fiato, litigava furiosamente, anche tra amici, anche in famiglia per una schermata puntiforme, qualcuno sui social è andato a inseguire i personaggi più o meno noti, tra i quali i giornalisti, per dargli del maiale, del fascista sia che lo rivendicasse, il QR, sia che lo esecrasse. Come già col vaccino. Poi, tutti: ah, che brutta società che siamo diventati, non sappiamo più rispettarci, non conosciamo più la tolleranza. Però sono pronti a scannarsi, a rinnegarti e senza neanche i trenta sicli di mercede.
Ferragosto dei disperati, con l’ombra lunga di nuove restrizioni, di prossime chiusure. Ferragosto di festa furiosa, meglio prendersi quel che resta, qui, adesso, subito, che del doman v’è una sola certezza, andrà peggio di ieri. L’Afghanistan, i talebani? Non frega niente a nessuno, anzi certi sotto sotto esultano considerandola una riscossa degli eroici talebani contro l’America, il grande Satana come lo definiva Gino Strada e come la vede Massimo Fini, giornalista in fama di apocalittico, in realtà vaneggiante coi suoi panegirici in favore del mullah Omar e dei mammasantissima fondamentalisti. C’è pure un gruppo di femministe non meglio identificate che annuncia una spedizione a Kabul per sostenere le donne che già vengono vendute, destinate. Ovviamente una trovata mediatica, non partiranno mai, però intanto se ne parla e magari ci scappa un’ospitata al Grande Fratello.
Ferragosto delle bugie, autentica missione dell’informazione nazionale: una testata spara il record di caldo in Sicilia, 50 gradi, e tutti la riprendono fino a che l’Aeronautica Militare non si sente in dovere di smentire con un comunicato ufficiale: nessun fondamento, caldo forte sì, ma ancora nella norma. Come a dire: siamo seri, ragazzi. Ma in questo caso conviene gridare al complotto, dire che la comunicazione istituzionale è pilotata. Curiosi però questi raziocinanti, questi anticomplottisti seguaci del comandamento delirante di Grillo: tutto quello che sai è falso, tutto quello che non sai è vero. Loro non sanno, quindi hanno la verità infusa. Non credono a una parola quanto a vaccini, virus, cure, tutti mentono, tutti cospirano, ma quando si tratta di riscaldamenti globali, di crisi climatiche credono a tutto, si bevono a tutto, la comunicazione ufficiale in questo caso è fondata, è verace, perché asseconda le loro credenze. E le famigerate multinazionali per una volta non c’entrano, che il pompaggio ossessivo del caldo estremo, che la manipolazione storica e dei dati serva a favorire un business colossale, nell’ordine dei cinque, dieci triliardi di dollari o di euro per la transizione energetica che dovrà riformattare il pianeta, non li disturba.
Ferragosto triste. Niente per cui entusiasmarsi, niente da dire, una giornata come le altre, che passa estenuata e affannata, riempirsi di cibo e di chiacchiere vane, azzannarsi a tavola o in mezzo al mare, maledire il caldo di cui è fatta l’estate, maledire il vicino che non porta la mascherina sotto l’ombrellone (oppure detestarlo perché la porta), denunciare a raffica sui social il ristorante che non ti fa passare senza la macchia puntiforme oppure non la richiede e dunque contribuisce alla peste manzioniana. Comportamenti di nuova normalità che di normale, di umano non hanno più niente. Dulcis in fundo, il ritorno prepotente di Orietta Berti in combutta con quelle due alghe che rispondono ai nomi di Fedez e Achille Lauro. Ma chi l’avrebbe detto, Orietta Berti, campionessa di estati obliate, seppiate, da secolo passato, riciclata dal solito Fabio Fazio, oggi celebrata dalla informazione mainstream come una Ella Fitzgerald, una Aretha Franklin. E per cosa? Per una roba che dice: labbra rosso coca-cola. Il filo rosso tra “Finché la barca va”, “Tipitipitì”, “Io tu e le rose” (povero Luigi Tenco) e “Mille”. Quando si dice una carriera rigorosamente votata alla canzone d’autore. Orietta, già protagonista di un indimenticabile episodio dei “Nuovi Mostri” con Ugo Tognazzi, marito e manager (“Fiorella! Sei una feiga! Sei una forza della natura! Ma lei, dico, lei non se la chiaverebbe una così?”), con la sua inquietante mania delle bambole e le sue reminiscenze delle feste di piazza, a 78 anni è la nuova sensazione dell’estate, la nuova ragazza e può dire di sé: “Sono una miracolata”. Curioso senso del sacro, miracolata perché ha “50 milioni di visualizzazioni sui social”, 3 dischi di platino e insomma fare soldi per fare soldi per fare soldi. Poi prova un po’ a chiamarlo Ferragosto normale.