Comedians, nel nuovo film di Salvatores la vita è appesa a una risata

Il regista torna dopo 35 anni a un testo che aveva già portato a teatro e a cinema. Stavolta la vicenda del gruppo d’aspiranti comici alla loro prima esibizione diventa più seria. Con Ale e Fraz, Natalino Balasso, Christian De Sica

Comedians

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Comedians è nato quasi come scelta di “ripiego”, nel senso che le difficoltà poste dal Covid-19, e l’impossibilità di girare un complicato film in costume, hanno spinto Gabriele Salvatores a immaginare un progetto diverso e logisticamente più gestibile. Così, forse non a caso, il regista ha optato per un ritorno alle origini, al testo del drammaturgo inglese Trevor Griffiths del 1975 che aveva già portato in scena con successo ai tempi del Teatro dell’Elfo nel 1985, riadattandolo all’atmosfera di una Milano anni Ottanta. Nella memoria di chi la realizzò e la vide, grazie a protagonisti destinati a carriere importanti come Claudio Bisio, Paolo Rossi, Silvio Orlando, quella versione era vivace scoppiettante anarchica, con l’energia propria di quell’epoca e quel luogo. Lo spettacolo fu poi all’origine anche della trasposizione cinematografica nel 1987, Kamikazen – Ultima Notte A Milano, con gli stessi attori.

Oggi, alla fine di un arco teso lungo 35 anni, la nuova versione di Comedians ha tutt’altro sapore. La storia è quella di un gruppo di aspiranti comici che, dopo aver seguito un corso tenuto da un professionista, Eddi Barni (Natalino Balasso), sono giunti alla loro grande occasione. Cioè l’esordio in un vero locale per una serata alla quale sanno parteciperà un noto agente di artisti, Bernardo Celli (Christian De Sica), che potrebbe cambiare la loro vita.

I comici di belle speranze, interpretati da Ale e Franz, Marco Bonadei, Walter Leonardi, Giulio Pranno, Vincenzo Zampa, son persone che nella vita fanno tutt’altro, mestieri qualunque cui vorrebbero finalmente sfuggire. E il loro maestro Barni è un artista sul viale del tramonto, autoreclusosi e ormai fuori dai giochi “che contano” in virtù d’un’idea di comicità alta e rigorosa, secondo la quale “la risata non è il fine ma il mezzo”,  perché il “comico deve essere uno che osa”, che rompe gli schemi del noto per spingere lo spettatore a riflettere.

Esattamente il contrario di quanto sostiene Celli, che quando li incontra prima che vadano in scena consiglia loro di “non essere profondi ma semplici”, perché il pubblico cerca intrattenimento ed evasione, comici e non filosofi. A quel punto, spiazzati, i comedians devono decidere cosa fare: se restare fedeli al maestro e al copione faticosamente costruito o se imboccare la via “commerciale” suggerita da Celli e assecondare i cosiddetti gusti del pubblico.

Comedians non è, con tutta evidenza, un film comico. Non solo perché di battute vere e proprie ce ne sono poche, ma perché il tono del racconto, che segue la struttura teatrale con l’unità di luogo e le entrate e le uscite degli attori, è decisamente serio. Salvatores ambienta tutto in una serata piovosa, con una fotografia, curata da Italo Petriccione, che privilegia tinte notturne, plumbee. Non ci sono gag, semmai riflessioni sui meccanismi su cui si costruiscono le gag, parlando diffusamente del buono e del cattivo uso degli stereotipi, della forza e dei limiti dell’autobiografismo, del fondamentale gioco di specchi che si crea tra attore e spettatori (Barni ammonisce i suoi allievi a “non odiare il pubblico per non odiare sé stessi”).

Così Comedians diventa un discorso al secondo grado sull’arte del comico. Nel quale funziona la scelta dei due protagonisti, perché Balasso indossa bene il ruolo del comico “impegnato”, mentre De Sica, con la sua storia d’interprete di un cinema popolare e d’evasione, rende credibili le affermazioni del suo personaggio (tutt’altro che scontate). Chiaramente, in un’epoca come l’attuale in cui non si fa che parlare di politicamente corretto, il film suona come una riflessione teorica e pure troppo didascalica sul tema, rispetto al quale auspicare un modello di comicità più libera e coraggiosa, ma non futilmente aggressiva (il discorso relativo al trattamento degli stereotipi).

Eppure direi che la nota migliore di Comedians, servito da attori consapevoli del tono generale drammatico del film (basta guardare Ale e Franz), sta proprio nella serietà dell’insieme, tra la fatica di far ridere e la paura vistosa che attanaglia personaggi al capolinea dell’ultima occasione possibile. In tal senso questa nuova versione di Comedians ricorda il vecchio Americani di David Mamet, anch’esso tratto da una pièce teatrale, in cui in una notte della verità, e dopo essere stati “spronati” da un volgare e offensivo motivatore, un gruppo di agenti immobiliari vengono posti di fronte a un bivio: chiudere un contratto quella sera stessa o venire licenziati. La situazione in Comedians non è molto diversa: solo che stavolta la vita è appesa a una risata.