Si Vive Una Volta Sola, l’ultima stanca commedia di Carlo Verdone

Dopo più di un anno e qualche polemica, sbarca su Prime Video il film di Carlo Verdone. Una storia tra goliardia e malinconia alla “Amici Miei”, con quattro medici amanti degli scherzi. La nota dolceamara, però, non arriva mai

Si Vive Una Volta Sola

Foto: Filmauro/Vision Distribution


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Alla fine Si Vive Una Volta Sola di Carlo Verdone è uscito. Annunciato sin dal febbraio 2020, rimandato più volte per pandemia nella speranza di poter essere proiettato nei cinema, poi paradossalmente è sbarcato dal 13 maggio su piattaforma, Amazon Prime, la stessa che gli sta producendo, insieme alla Filmauro di Aurelio De Laurentiis la serie Vita Da Carlo, che ripercorre la carriera dell’attore. Non è mancata la coda polemica, però, per il bizzarro, brevissimo passaggio a fine aprile, e alla chetichella, in tre sale romane di proprietà di De Laurentiis. Una scelta che, ha indispettito l’ANEC, l’organo che riunisce gli esercenti – “Una decisione incomprensibile quella di negare il film alla programmazione su tutto il territorio nazionale”, ha detto il presidente dell’associazione Mario Lorini –, privandoli di un titolo potenzialmente di richiamo da proporre in questa malcerta riapertura.

La lunghissima attesa di Si Vive Una Volta Sola ha se possibile innalzato le aspettative per la 27esima regia di Carlo Verdone. Il quale stavolta si concede una parte da primario chirurgo d’ospedale – è notissima la sua passione per la medicina, che gli ha anche fatto ottenere una laurea honoris causa alla Federico II di Napoli –, a capo di un’affiatatissima équipe composta da Anna Foglietta, Rocco Papaleo e Max Tortora. I quali oltre che compagni di lavoro sono anche compagni di merende, eternamente impegnati a farsi scherzi l’un l’altro – l’obiettivo principale è quasi sempre Papaleo –, dicono, anche per cercare di scaricare la tensione della loro usurante professione.

Son piccole goliardate, tipo andare a prendere la mamma di Papaleo dalla casa di riposo e piazzargliela in casa all’insaputa del figlio, che per il compleanno s’era organizzato una serata con la procace figlia di un paziente. Il gioco però si sgonfia quando gli altri tre vengono a sapere che il personaggio di Papaleo ha un tumore al cervello che gli lascia pochi mesi di vita. Per dirglielo, i tre colleghi e amici accettano l’idea di una vacanza tutti insieme in Puglia per qualche giorno, dove sperano di trovare il coraggio di annunciargli l’amara verità.

Sulla carta perciò Si Vive Una Volta Sola è una commedia con l’ambizione del risvolto amaro, secondo quel modello tragicomico su cui s’è fondato molto del cinema italiano migliore. E ovviamente in questo mescolamento di impennate goliardiche e riflessione sulla fine, immediatamente si pensa agli Amici Miei cui a modo suo Verdone rende omaggio.

Peccato però che le intenzioni restino in gran parte, appunto, sulla carta. Mettiamo da parte la fastidiosa invadenza dei product placement, all’interno di una cornice che, potenza dell’Apulia Film Commission, ha momenti tra droni panoramiche e musiche carezzevoli in cui lo spot prende il sopravvento sulla narrazione cinematografica. Il film di Verdone non funziona perché manca proprio l’equilibrio dolcemaro cui ambirebbe. Troppo vaghe e generiche restano le storie personali di ognuno dei protagonisti per consentire allo spettatore di appassionarsi alle loro presunte piccole e grandi ambasce, da cui dovrebbe emergere il risvolto umano e drammatico del racconto.

Per dare spessore al personaggio di Verdone gli sceneggiatori (lui stesso, Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino), s’inventano una vicenda familiare conflittuale con una bellissima figlia (Mariana Falace) di cui lui non s’è mai occupato, che adesso cerca di far carriera in virtù delle sue grazie generosamente mostrate in tv. “Io co’ sto culo c’ho fatto il picco d’ascolto”, dice lei, ricevendo il grande disappunto moralistico del padre (che però da regista le suddette grazie le mostra insistentemente).

Per quanto riguarda gli altri, tutto si riduce a piccole notazioni che ruotano sempre e comunque intorno a corna e famiglia. Come nel caso del fascinoso medico spagnolo ovviamente senza frontiere Sergio Muniz, che illude la Foglietta tradendola alla prima occasione (qui Verdone approfitta dell’accento straniero per riciclare una vecchia gag di Un Pesce Di Nome Wanda), oppure nell’elegante riferimento al “tartufo” che troppo spesso la moglie di Max Tortora andrebbe a cogliere in quel di Norcia all’insaputa del marito.

Trovate così insomma, che mantengono Si Vive Una Volta Sola in una bolla di preoccupazioni che difficilmente superano la soglia della camera da letto, cui la cornice vacanziera offre il destro per tenere bene a distanza qualunque cosa possa avere vagamente a che vedere con un paese reale, a parte l’ammicco qualunquista col solito politico arraffone e arruffone che si gode la vita con la starlet da piazzare in tv (le donne in questo film, siano esse giovani in ascesa o professioniste affermate, cercano solo un uomo cui aggrapparsi materialmente ed emotivamente). E il senso di morte e malinconia che dovrebbe aleggiare al fondo del racconto non riesce ad incidere in alcun modo, anche perché lo spettatore dopo un quarto d’ora capisce benissimo dove andrà a parare la storia.