El Inocente – Suburbia Killer, l’innovativa miniserie Netflix a scatole cinesi in cui l’intreccio soffoca la trama

Ogni episodio di El Inocente - Suburbia Killer sembra uno spin-off della serie stessa in questo innovativo thriller spagnolo di Netflix

El Inocente - Suburbia Killer

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Da quando è stata rilasciata su Netflix il 30 aprile 30, El Inocente – Suburbia Killer è entrata ed è rimasta ai primi posti della top10 della piattaforma: questo thriller spagnolo, basato sull’omonimo romanzo di Harlan Coben e diretto da Oriol Paulo, sin da subito si distingue per una cura della fotografia e della regia che lo rendono un prodotto cinematografico più che televisivo, anche se ormai la distinzione è quasi novecentesca. Ma a renderlo affascinante è senza dubbio la struttura narrativa peculiare.

El Inocente – Suburbia Killer è la storia intricata di un giovane che ha avuto un incidente di gioventù: Mateo Vidal (Mario Casas), studente di legge, viene coinvolto in una rissa in discoteca e uccide accidentalmente un coetaneo. Nei quattro anni di prigione che sconta per omicidio colposo, si laurea e diventa avvocato, riuscendo ad aprire uno studio legale una volta scontata la sua pena. Adattarsi alla ritrovata libertà non è semplice, ma il futuro sembra radioso quando sua moglie Olivia Costa (Aura Garrido) scopre di aspettare un bambino. Ma un viaggio di lavoro di Olivia a Berlino cambia tutto: quando il protagonista riceve immagini che testimoniano il presunto tradimento della moglie con uno sconosciuto, parte una spirale di incidenti, aggressioni, minacce, segreti apparentemente inconfessabili che lo portano a mettere in discussione tutta la sua vita presente e passata. Intanto l’ispettrice Lorena Ortiz (Alexandra Jiménez), indagando sul misterioso suicidio di una serie, finisce sulle tracce della coppia, che ha molti più scheletri nell’armadio di quanti lo stesso protagonista sia a conoscenza.

Il punto forte de El Inocente – Suburbia Killer è certamente la suspance sapientemente dosata che impedisce distrazioni: ogni scena è potenzialmente rivelatrice di un dettaglio che spiega i precedenti e introduce i successivi, costringendo lo spettatore a mettere insieme i pezzi di un enorme puzzle nel quale tanti personaggi – forse troppi – hanno un ruolo piccolo o grande che sia. 

Ma la vera innovazione di cui si fa portatrice la miniserie El Inocente – Suburbia Killer è la sua struttura narrativa, tale per cui ogni episodio sembra quasi uno spin-off del precedente, un capitolo a parte che introduce una storia nuova: la sensazione è nettissima tra il primo ed il secondo, quando la storia di Mateo viene completamente messa da parte e lascia spazio a quella dell’apparente suicidio di una suora in un istituto religioso, due eventi sconnessi che si rivelano poi collegati solo da una telefonata misteriosa, che a sua volta porterà la detective sulle tracce del protagonista. Si ha l’impressione di assistere ad episodi verticali, ognuno dedicato ad un personaggio e alla sua storia, con tanto di introduzione su chi sia, cosa ha fatto nella vita e come è arrivato fino ad oggi con la voice over della persona in questione.

Ogni episodio di El Inocente – Suburbia Killer introduce una sottotrama, relativa tanto al personaggio a cui è dedicato quanto, in modo più labile, agli altri mostrati in precedenza. Un meccanismo che di episodio in episodio si va via via assottigliando, fino al punto in cui ogni singolo personaggio e la sua storyline risulterà legata a doppio filo a quella di tutti gli altri: la svolta in questo senso è il quarto episodio, in cui una sezione omicidi speciale della polizia di Stato finirà per spiegare come le indagini della Ortiz stiano incrociando una storia di sfruttamento della prostituzione, ricatti e omicidi che lambisce tanto il protagonista Mateo quanto sua moglie Olivia, la cui identità è tutta da scoprire. Questo meccanismo a scatole cinesi, in cui aperta una tocca proseguire ad aprire le successive, innesca un racconto in cui c’è tanta, forse troppa carne al fuoco per una sola stagione, tanto che l’intreccio finisce per mangiarsi la trama (laddove il primo è da intendersi come l’insieme degli eventi della narrazione così come disposti dalla sceneggiatura). Seguire i fili e riannodarli di scena in scena non è difficile, stiamo pur sempre parlando di storie di criminalità piuttosto ordinaria, ma la costruzione del puzzle finisce per far diventare la serie più un esercizio di memoria che un piacere nella scoperta del racconto. Basti pensare che per dare il necessario spazio ad ogni personaggio, si lascia che sia ciascuno raccontare la propria storia a inizio episodio, perché le informazioni da mettere in scena per ognuno sono talmente tante da rendere necessario uno “spiegone” introduttivo.

La tecnica narrativa di El Inocente – Suburbia Killer è sicuramente innovativa rispetto alla stragrande maggioranza dei thriller disponibili nei cataloghi degli streamer, per non dire dei pochi in onda sulle tv generaliste: rendere ogni episodio una specie di spin-off della serie stessa non è semplice e comporta anche dei rischi, in primis quello di perdere gli spettatori meno pazienti e meno avvezzi a giocare con una narrazione tutta in salita. L’eccesso di storyline, personaggi, fatti e dettagli rende necessariamente la sceneggiatura carica, in ogni scena, di una gran quantità di informazioni da esplicitare: la vera sfida di questa serie è riuscire a farle metabolizzare al pubblico e non disperdere in mille meandri la sua attenzione.