Venezia, annunciato il Leone d’Oro alla carriera per Roberto Benigni: “Il mio cuore è colmo di gioia”

L'attore e regista ottiene l'ambito riconoscimento, che gi verrà consegnato a settembre alla 78. Mostra del Cinema, a coronamento di una carriera irripetibile

Roberto Benigni

INTERAZIONI: 1178

È stato attribuito al regista, attore e sceneggiatore Roberto Benigni il Leone d’Oro alla carriera della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che quest’anno si svolgerà dall’1 all’11 settembre 2021. La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, su proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera. Immediata la reazione di giubilo di Roberto Benigni: “Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine. È un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia”.

“Sin dai suoi esordi ha aggiunto il Direttore Alberto Barbera avvenuti all’insegna di una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni, Roberto Benigni si è imposto nel panorama dello spettacolo italiano come una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali. Alternando le sue apparizioni su palcoscenici teatrali, set cinematografici e studi televisivi con risultati di volta in volta sorprendenti, si è imposto in tutti in virtù della sua esuberanza e irruenza, della generosità con cui si concede al pubblico e della gioiosità appassionata che costituisce la cifra forse più originale delle sue creazioni”.

Il direttore ne ha poi sottolineato l’eclettismo, la capacità di “passare dal vestire i panni dell’attore comico tra i più straordinari della pur ricca galleria di interpreti italiani, a quelli di regista memorabile in grado di realizzare film di enorme impatto popolare, per trasformarsi da ultimo nel più apprezzato interprete e divulgatore della Divina Commedia dantesca. Pochi artisti hanno saputo come lui fondere la sua comicità esplosiva, spesso accompagnata da una satira dissacrante, a mirabili doti d’interprete – al servizio di grandi registi come Federico Fellini, Matteo Garrone e Jim Jarmusch – nonché di avvincente e raffinato esegeta letterario”.

L’incredibile monologo di Berlinguer Ti Voglio Bene

Quello a Roberto Benigni è uno dei rari riconoscimenti della Mostra di Venezia andati ad artisti che – nonostante l’eclettismo dell’artista toscano – sono prima di tutto dei comici. Un premio che si aggiunge ai Leoni d’Oro alla carriera ottenuti da Paolo Villaggio, Jerry Lewis e Woody Allen. All’avvicinarsi dei settant’anni – Roberto Benigni è nato nel 1952 – questo è il coronamento di una carriera certo irripetibile che l’ha visto, partendo dalle scorribande televisive di Televacca e dell’Altra Domenica di Renzo Arbore negli anni Settanta, trasformarsi in attore per il cinema, a partire da un film tagliato sulla sua giovanile misura recitativa anarchica, Berlinguer Ti Voglio Bene (1977) di Giuseppe Bertolucci, passando per il sodalizio con Massimo Troisi del buffonesco Non Ci Resta Che Piangere (1984), giungendo nella maturità, una volta passato alla regia, a una cifra inaspettata, in cui la vocazione comica e lunare s’è messa al servizio di un interprete capace di insospettabili sfumature drammatiche.

Dopo una serie di film di grande riscontro popolare da lui diretti, come Johnny Stecchino (1991) e Il Mostro (1994), è La Vita È Bella (1997) l’opera spartiacque della sua carriera. Un successo planetario – è il maggiore incasso internazionale di sempre del cinema italiano –, con cui Benigni ha ottenuto anche, unico attore nostrano capace di questo exploit, l’Oscar come migliore protagonista (il film ebbe tre statuette su sette nomination complessive). E se dopo quel film il Benigni regista non ha mantenuto il livello delle sue ambizioni – il flop del Pinocchio (2002), la poeticità insistita de La Tigre E La Neve (2005) –, la capacità del Benigni attore è tuttora intatta, come ha dimostrato il felice incontro recente con Matteo Garrone per un Pinocchio (2019) in cui interpreta un Geppetto dolcissimo e materno. In questa seconda fase della sua carriera, attraverso le letture-spettacolo sulla Divina Commedia o la Costituzione, Benigni ha anche recuperato lo spirito da cantastorie, da narratore orale che è all’origine del suo talento eterodosso, e che fa parte di una formazione attoriale inusuale e antica, segnata da una matrice orgogliosamente popolaresca.

Il Benigni di oggi, nel Pinocchio di Matteo Garrone