A un certo punto de Il Principe Cerca Figlio (Coming 2 America, dal 5 marzo direttamente su Prime Video) si svolge questo dialogo: “I film zamundiani sono sterco di babbuino – si lamenta lei, suddita del fiabesco regno africano di Zamunda –, il cinema americano è il migliore del mondo”. “Il migliore? – ribatte l’altro, che viene dal Queens – Cosa abbiamo a parte i supereroi, i remake e i sequel di film che nessuno ha chiesto?”. Alla fine però si trovano d’accordo su un punto: “Sui sequel avete ragione. Se un film va bene, perché rovinarlo?”.
Ovviamente non c’è un solo spettatore de Il Principe Cerca Figlio che non sappia – probabilmente è l’unica ragione per cui lo sta guardando – che si tratta del sequel, a 33 anni di distanza, de Il Principe Cerca Moglie, fortunato film con un Eddie Murphy, allora, all’apice del successo. Ed è possibile che una parte di loro si starà chiedendo esattamente questo: “Perché rovinarci il ricordo dell’originale con un brutto sequel?”.
Forse per questo gli autori hanno pensato bene di inserire uno scambio di battute metacinematografico. Il quale assolve a una duplice funzione. Da un lato strizza l’occhio al pubblico, per fargli capire che loro, gli autori, sanno benissimo che tipo di film hanno confezionato. Dall’altro, scherzandoci su prima che lo facciano gli altri, prevengono qualunque critica circa la modestia del risultato, mantenendo tutto sul piano dell’(auto)ironia e della leggerezza. Come ammettessero: “Che vi aspettavate? È solo il sequel di un vecchio film comico, un divertissement da condividere con voi”. E infatti, a conferma di ciò, ecco che nei titoli di coda riesumano il vecchio espediente delle scene sbagliate, con gli attori che s’impaperano e ridono, per dimostrare agli spettatori la natura ludica di tutta l’operazione, dietro e davanti alla macchina da presa.
Metacinema, autoconsapevolezza, distanziazione ironica, citazionismo: insomma, Il Principe Cerca Figlio dispiega l’intero armamentario postmodernista. La cosa ha un senso, visto che Il Principe Cerca Moglie uscì nel 1988, cioè in un decennio fondamentale per l’affermazione del postmoderno cinematografico. Però tutto questo non basta a salvare un film che è probabile deluda anche i fan più accaniti. Ai quali però si potrebbe obiettare che già il capostipite, di suo, era abbastanza dimenticabile, un esile giochino esageratamente kitsch in cui John Landis cominciava a mostrare segni di involuzione dopo i vari Animal House, The Blues Brothers, Una Poltrona Per Due.
Per Il Principe Cerca Figlio, Eddie Murphy s’è affidato alla regia di Craig Brewer, che l’ha diretto nella più efficace interpretazione recente dell’attore, quella di Dolemite Is My Name. Insieme, con la sceneggiatura di Kenya Barris, Barry W. Blaustein e David Sheffield è stata imbastito la nuova vicenda. L’eterno principe Akeem (Murphy) è felicemente sposato da trent’anni con Lisa (Shari Headley), con cui ha avuto tre figlie. Nel coloratissimo regno di Zamunda però solo i maschi possono assumere il titolo di re. Quindi, quando muore l’anziano sovrano Jaffe (il leggendario James Earl Jones), il novello re Akeem ha un problema di successione.
Sorpresa, compare un figlio illegittimo: che Akeem ebbe “a sua insaputa”, in una notte di baldoria nel famoso viaggio in America di tre decadi prima. Inutile dire che il prescelto, Lavelle (Jermaine Fowler), che tutti chiamano delicatamente il “bastardo”, è tutt’altro che un esempio di regalità. Un trentenne del Queens senz’arte né parte, che campa di espedienti, con una madre (Leslie Jones) e uno zio (Tracy Morgan) decisamente ingombranti. Akeem però non ha scelta: alle porte di Zamunda premono i guerriglieri del poverissimo regno di Nexdoria, guidati dal generale Izzy (Wesley Snipes al di sotto del minimo sindacale). E se Akeem non accetta il matrimonio tra Lavelle e la figlia del signore della guerra (un signore della guerra, beninteso, da regno di Zamunda), potrebbero essere guai.
Il Principe Cerca Figlio scorre prevedibile, tra le gag sul dirozzamento del ragazzaccio di New York, e quelle di Lavelle che scopre i vantaggi della regalità (allettanti lavacri e tonsure intime, riciclando battute che erano già ne Il Principe Cerca Moglie). Ovviamente, dopo lo shock inziale, saprà mostrare le sue qualità alla nuova famiglia, sapendo anche scegliere con saggezza tra una possibile moglie bellissima ma vuota (la figlia del generale, Teyana Taylor) e una donna di carattere (Nomzamo Nonzwakazi Mbatha). Ripetendo così la stessa parabola del padre Akeem, che a suo tempo andò in America per opporsi all’uso del matrimonio combinato.
Infatti, a tratti, Il Principe Cerca Figlio sembra quasi un remake de Il Principe Cerca Moglie. Sensazione aggravata dalla scelta di riprendere tutte le possibili situazioni e personaggi del primo episodio: dal padre di Lisa proprietario della paninoteca McDowell (John Amos, con ritorno delle stesse gag sullo scopiazzamento di McDonald) fino al cameo, almeno in effigie, di Ralph Bellamy e Don Ameche, vale a dire i fratelli Duke di Una Poltrona Per Due, che facevano capolino (i fan lo ricordano benissimo) anche ne Il Principe Cerca Moglie. E non possono mancare i numerosi travestimenti con i quali Eddie Murphy e il sodale Arsenio Hall si dilettavano già nel primo episodio. Insieme a troppe guest star a sorpresa e molto ingombranti product placement.
Il Principe Cerca Figlio è un omaggio senza idee, programmatico più che nostalgico. Pare quasi riesumato dagli anni Ottanta, costruito palesemente per accontentare gli appassionati. L’unico elemento di attualizzazione è nelle frecciatine indirizzate all’ossessione del politicamente corretto, che naturalmente sfociano nell’apologia del politicamente corretto con finale, diciamo così, femminista.