L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose è una commedia vintage all’acqua di rose

Dal 9 dicembre su Netflix, il film di Sydney Sibilia racconta la storia vera dell’uomo che nel 1968 costruì una struttura galleggiante al largo di Rimini, proclamandola stato indipendente. Con Elio Germano e Matilda De Angelis

L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose

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L’Incredibile Storia dell’Isola Delle Rose, da oggi in programmazione direttamente su Netflix, è l’ultimo parto della Groenlandia, la società di Matteo Rovere (qui solo produttore) e Sydney Sibilia, che del film cura la regia (e lo script insieme a Francesca Manieri). La Groenlandia è dietro l’ideazione della trilogia Smetto Quando Voglio (diretto da Sibilia) e di film come Veloce Come Il Vento e Il Primo Re (entrambi per la regia di Rovere), Il Campione di Leonardo De Agostini, La Belva di Ludovico Di Martino, che hanno segnato il significativo ritorno del cinema di genere in Italia negli anni Dieci.

E, vista l’appartenenza degli autori alla generazione nata negli anni Ottanta, cresciuta con un immaginario di film e serie tv americane, sono pellicole che spesso mutuano meccanismi narrativi e stilistici dal cinema d’oltreoceano, riadattandoli al contesto italiano. Di qui Smetto Quando Voglio, in cui l’estetica visuale alla Guy Ritchie e alla Breaking Bad incontra la suggestione tutta italiana del precariato intellettuale, condita dalla cialtroneria dei tipici personaggi da commedia italiana. O l’uso, per film sportivi come Il Campione (sul calcio) e Veloce Come Il Vento (automobilismo) di meccanismi narrativi fortemente riconoscibili: il confronto/scontro tra generazioni, la maturazione dei giovani, la rinascita e il riscatto degli adulti. Con sforzi creativi anche più complessi come Il Primo Re (e la sua costola seriale Romulus), che reinventa il film storico in cadenze di epica barbara sulle origini di Roma.

Con questo vogliamo dire che, rispetto a L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose, ha poco senso sottolineare negativamente le enormi discrepanze tra la storia vera e la sua versione cinematografica. Gli autori sono espliciti nei titoli di coda: “Sebbene il film sia ispirato a persone ed eventi reali, alcuni personaggi, luoghi, dialoghi e nomi sono stati romanzati a scopo narrativo”. Questo è cinema di genere, e come tale va giudicato.

Va detto che lo spunto di partenza è davvero singolare, e infatti in questi ultimi anni ha catalizzato l’attenzione, con un documentario del 2009 di Stefano Bisulli e Roberto Naccari e un libro di Walter Veltroni, che del film di Sibilia figura come consulente storico. Nel 1968 l’ingegner Giorgio Rosa costruì una piattaforma di 400 metri quadri a oltre 11 chilometri di distanza dal litorale di Rimini. Ed essendo al di là delle acque territoriali, la autoproclamò il primo maggio di quell’anno Stato indipendente, con l’esperanto come lingua (da cui il nome di “Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj”), un governo, una valuta, dei francobolli.

Ne nacque un caso internazionale, col coinvolgimento del Consiglio d’Europa di Strasburgo (da lì comincia il film) e del governo italiano. Il quale, nella ridda di voci che alludevano al coinvolgimento di una potenza straniera (si era in tempo di Guerra Fredda e in un anno proverbialmente turbolento), decise di intervenire all’inizio del 1969 demolendo la struttura, facendola brillare con centinaia di chili di tritolo. “L’unica guerra di aggressione nella storia della Repubblica Italiana”, recita la paradossale didascalia in chiusura.

E i paradossi, L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose li sfrutta fino in fondo, filtrandoli in una struttura narrativa molto tipizzata che reinterpreta la vicenda a dir poco con disinvoltura. Per cui il protagonista Giorgio Rosa (Elio Germano) diventa un utopista, un visionario che immagina un altro mondo possibile – “Bisogna correre qualche rischio se si vuol cambiare il mondo”, dice ispirato. Con un fondo di romanticismo, perché, suggerisce il film, fa tutto per amore di Gabriella (Matilda De Angelis).

La vera isola delle rose in una foto d’epoca

Attorno a lui non può che esserci una combriccola di irregolari: Maurizio (Leonardo Lidi) figlio di papà ribelle, Rudi (Tom Wlaschiha) tedesco senza passaporto che dell’isola diventerà una sorta di pr, Franca (Violetta Zironi) una ragazza incinta non si sa di chi, Pietro (Alberto Astorri) che cerca solo un posto in cui sparire o rifarsi una vita. Per tutti, l’isola che non c’è diventa la grande occasione.

Dall’altro lato L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose spinge sul thriller politico in cadenze marcatamente grottesche. Nel quale il presidente del consiglio Giovanni Leone (Luca Zingaretti) e il ministro dell’interno Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) sembrano non saper mai bene che pesci prendere, altri cialtroni in (eterna) commedia (ed esageratamente sboccati, per l’ingessata Democrazia cristiana del tempo).

La verosimiglianza però, dicevamo, importa poco. E importa poco che Giorgio Rosa non fosse un neolaureato idealista bensì un signore di 43 anni con un passato giovanile da repubblichino, il quale, a leggere alcune sue dichiarazioni, non stava inseguendo nessuna utopia ma un modo per sottrarsi al giogo delle tasse. Il film riadatta integralmente la storia a meccanismi di genere, in cui ovviamente un ruolo fondamentale lo gioca l’atmosfera d’epoca, con stili di vita, abbigliamento e soprattutto canzoni del tempo (onnipresenti, in un pot-pourri che mescola Edoardo Vianello e Jimi Hendrix, Barry McGuire e Caterina Caselli).

E però, pur sottolineando lo sforzo produttivo (con la piattaforma ricreata a Malta) e l’accuratezza della confezione, L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose non funziona. Perché gli anni Sessanta fungono più da ammiccante fondale vintage che da contesto storico. Perché al netto degli sforzi di Elio Germano proprio il protagonista resta un personaggio dalle motivazioni nebulose – è un visionario, un immaturo, un innamorato cronico? –, che per questo motivo non crea l’immedesimazione dello spettatore. La parte da intrigo internazionale punta su di una satira sopra le righe, col confronto didascalico tra politici cattivi da un lato e ribelli sognatori dall’altro, condotta su toni che sfidano qualunque verosimiglianza narrativa. Basti questo maldestro scambio di battute tra Giorgio Rosa e il ministro Restivo: “Fai il pieno d’avvocati str…” – “Testa di minchia, io c’ho un arsenale bellico che te l’atomizza quell’isola di m….”.

L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose ha l’aria del film più divertito che divertente. Sibilia e Rovere si son fatti incantare dalla storia in cui, come si dice, la realtà supera la fantasia. E proprio per questo sarebbe stato meglio asciugare la troppa carne al fuoco, restando più ancorati alla descrizione dei fatti invece di romanzare oltremisura e tratteggiare figurine macchiettistiche, che saranno pure funzionali all’idea di racconto pop degli autori, e che però non diventano mai personaggi.