Trent’anni e una chiacchierata con Tiziano Ferro (intervista)

OM intervista Tiziano Ferro. Sul documentario Prime Video dice: "Faccio ancora fatica a guardarlo perché non mi sono mai visto così neanche io"

tiziano ferro

Credits: ©️Prime Video & Amazon Studios


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Ferro è il documentario di cui avevamo bisogno per capire un po’ meglio, un po’ di più, un po’ più a fondo Tiziano Ferro. Sarà disponibile in esclusiva su Amazon Prime Video dal 6 novembre per raccontare una serie di momenti fondamentali della vita di Tiziano, come persona e come artista, due lati dello stesso uomo che, finalmente, ora convivono in armonia.

L’immagine qui sopra non è sicuramente la più bella di Tiziano Ferro ma è il primissimo primo piano che vediamo nel documentario, anche se non nelle scene iniziali. Tiziano ha lasciato, infatti, che ad aprire in autonomia il suo racconto fossero due capitoli fondamentali della sua vita: la Fede e il gruppo di supporto che segue in America.

In Ferro c’è molto, molto di più, a partire da Victor, l’amore della sua vita.

In Ferro c’è Tiziano: c’è l’artista di enorme successo che tutti conosciamo e c’è la persona, ora finalmente serena. Con il suo passato Tiziano Ferro ci ha già fatto pace, grazie ad un percorso intrapreso diversi anni fa. Ora racconta il suo cammino a chi lo conosce da 20 anni e a chi non lo ha mai seguito. Ai primi spiega cosa c’era dietro quei momenti, belli e brutti, trascorsi insieme, e a tutti racconta la storia di un uomo che ha avuto il coraggio di reagire, di affrontare le difficoltà e di superarle per il suo stesso benessere psicofisico.

Ferro è un messaggio da cogliere anche se non si è fan di Tiziano, con l’obiettivo di rimboccarsi le maniche per vivere la vita che realmente si vuole, perdonando se stessi per gli errori del passato;
con la caparbietà di affrontare i propri “fantasmi” percorrendo con coraggio il tunnel buio al termine del quale c’è un mondo bellissimo tutto da (ri)scoprire;
con l’umiltà di comprendere i propri bisogni e le proprie necessità senza lasciarsi manipolare né intimorire dalle aspettative degli altri.

Nel documentario Ferro inizi a raccontarti a partire dalla Fede. Che rapporto hai con Dio?
La Fede è uno dei capitoli più importanti, secondo me, del documentario. Sono cresciuto in una città molto piccola, ho frequentato una chiesa di provincia, di periferia. Il periodo in chiesa è sempre stato di grande ispirazione, mi ricordo queste frasi che Don Matteo leggeva dal Vangelo, ben selezionate. Ricordo quanto lui spingesse sulla carità, sull’empatia, sull’unione, sull’incisività, sull’amore universale. Sono messaggi che hanno marcato un’epoca della mia vita e sono rimasti lì. Poi sono uscito, sono andato in giro per il mondo e ho iniziato a vedere questi messaggi filtrati, e manipolati, dall’esigenza di creare dei gruppi. Mi ha sempre ferito perché io ci ho creduto, ci credevo; è come se avessi messo nel cassetto, chiuso a chiave, questo ideale e non avessi mai lasciato niente intaccare questa Fede che è rimasta sempre vera e reale. L’unica cosa che è cambiata, in positivo, dopo il periodo di recupero – che ancora va avanti – è il rapporto con Dio e con la spiritualità. La prima cosa che fai è imparare ad accettare la realtà e la maniera in cui prego oggi è completamente diversa: la preghiera non è una negoziazione con Dio. Uso la preghiera della serenità con la quale ho aperto il documentario perché è molto semplice. Ti chiedo di darmi quello che mi vuoi dare; dammi la giornata che vuoi, fammi solo capire come affrontarla. Dammi la serenità e il coraggio per poter intervenire e andare attraverso quello che succede, che sia dolore o gioia, tentando di fare il meglio. Spiritualità e rapporto con Dio sono essenziali perché non mi basto, da solo non mi basto.

Ferro racconta molti lati diversi di te, rimasti sempre nascosti. Da dove è nata questa urgenza?
Per me l’obiettivo è che non esista Ferro, non esista Tiziano Ferro, non esista Tiziano. L’obiettivo per me, come persona, per la mia sanità mentale, è vivere con una versione sola di me stesso che è il privilegio più grande che ho avuto nella vita, che ci sia arrivato per disperazione, per coraggio, per fortuna, per intelligenza, per sbaglio, boh. Però da quando ho iniziato ad affrontare insicurezze, problemi, traumi, stress post traumatico, ansia, depressione, mi sono sentito meglio. Ne ho parlato e ho capito che non è una questione di piacere o meno alla gente perché piaceremo o meno alle persone a prescindere da quello che diciamo. Piacere o meno alle persone per quello che sei veramente è un grande privilegio quindi l’obiettivo nella mia vita è continuare a essere Tiziano Ferro davanti e dietro le telecamere.
Questo documentario è assolutamente lontano dall’estetica del mondo pop. L’ho chiesto a Prime Video: “Voglio farlo ma non deve esserci musica, voglio pensare ad un messaggio”.
Faccio ancora fatica a guardarlo perché non mi sono mai visto così neanche io, è come se mi fossi visto anche io per la prima volta.

In Ferro racconti tanti momenti importanti ma c’è qualcosa che è rimasto fuori?
È rimasto fuori tanto. Per 6 mesi ho vissuto in simbiosi con il regista. L’idea era: arriverai ad essere sfinito da questa telecamera, così tanto che ad un certo punto non la vedrai più e quando non la vedrai più inizierà il documentario. Ci sono tante cose che sono rimaste fuori. Il meeting, molto lungo, con i miei amici, ad esempio; c’erano condivisioni molto belle che non sono entrate nel documentario. Mi hanno ripreso mentre stavo scrivendo una canzone che poi è diventata Le 3 Parole Sono 2, quel filmato mi piacerebbe recuperarlo in qualche modo. Abbiamo poi ripreso una giornata a Roma molto bella con la mia amica Dola Rashad, non l’abbiamo inserita perché durante quella giornata abbiamo fatto della musica e quindi magari uscirà quando questa musica la tireremo fuori.

Qual è stato il momento più difficile da raccontare?
Non credo nella difficoltà. Il momento più difficile è ammettere che hai delle difficoltà, che hai dei problemi, che hai dei traumi, che hai delle cose da affrontare. Quello è il momento più difficile, lo vivi con te stesso. Quando fai quel passaggio, inizi già a cambiare e quando accetti le fratture poi raccontarlo non è difficile, è liberatorio. È la forza dell’amicizia: il fatto di dire qualcosa che ti rende anche meno bello ma che crea un’empatia con qualcuno nel mondo. Qualcuno ti dirà “Pure io” e quel senso di identificazione è curativo. In realtà non è stato difficile raccontarlo, difficile è la prima parte, ovvero ammettere che c’è un problema e che bisogna muovere il culo e affrontarlo, rimboccarsi le maniche.

Il 6 novembre uscirà anche Accetto Miracoli: L’Esperienza Degli Altri, il tuo disco di cover…
Non era in contratto ed è nato durante la quarantena, quando ho pensato che la creatività fosse l’unica salvezza. Ho chiesto al mio arrangiatore, Marco Sonzini, di fare qualcosa: voglio fare il disco di cover che non uscirà mai, lo voglio fare per me. Avevo questo file da sempre intitolato “disco di cover” che andavo rimpinguando man mano con canzoni che mi sarebbe piaciuto fare. L’ho fatto per me, per divertimento e per conforto perché avevo bisogno di creare. Come tutte le cose fatte per divertimento mi sono trovato con una cosa bella, fuori dagli schemi, e poi ho aggiunto anche i pezzi di Sanremo.

(Il titolo di questo articolo vuole essere un omaggio al libro Trent’Anni E Una Chiacchierata Con Papà di Tiziano Ferro).