Ne La Regina degli Scacchi Netflix trova la sua miglior miniserie dell’anno e una memorabile Anya Taylor-Joy

La nuova miniserie Netflix offre tutto ciò che si può chiedere a un prodotto televisivo e proietta la sua protagonista fra i grandi del settore

Anya Taylor-Joy, protagonista de La Regina degli Scacchi su Netflix

[Netflix]


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L’ardire di sfidare ogni aspettativa, sovvertire equilibri consolidati e imporsi a dispetto di qualsiasi previsione alimenta le vite geniali come l’intento di raccontarle, sfuggendo a una comoda, prevedibile normalità per ambire a un’eccellenza oltre la quale resta solo l’ignoto. La Regina degli Scacchi, su Netflix dal 23 ottobre, rispecchia così la storia della sua giovane protagonista, Beth Harmon (Anya Taylor-Joy), orfana che nel freddo disinteresse di un orfanotrofio scopre il gioco degli scacchi. I misteri di ogni pezzo e dei loro possibili movimenti si svelano negli insegnamenti dapprima sospettosi, poi quietamente orgogliosi del signor Shaibel (Bill Camp), custode dell’orfanotrofio e inconsapevole miccia dell’ossessione che sconvolgerà la vita di Beth.

Già dal momento dell’adozione La Regina degli Scacchi su Netflix dà prova di saper eludere i più triti cliché del genere. L’adolescente Beth non trova certo una famiglia da sogno, ma neppure un’ostilità tale da farle rimpiangere il tetro orfanotrofio. La madre adottiva Alma (Marielle Heller), pianista di talento fiaccata da un matrimonio senza amore e da convenzioni sociali che la relegano al focolare domestico, vede in Beth un animo puro con il quale convivere in uno stato di perenne ebbrezza. La svolta – per entrambe, seppur in modi diversi – è la prospettiva di lauti guadagni con la vittoria dei molti tornei organizzati dalle federazioni a livello nazionale e internazionale.

La traiettoria vincente che La Regina degli Scacchi traccia per Beth è un fantastico espediente tramite il quale rivelare il prezzo della genialità. Ciò che Beth crede l’aiuti a vincere – le visioni indotte dal Librium e la foschia densa dell’alcol – è ciò di cui inconsciamente si serve per autosabotarsi, in uno scenario in cui l’eroina è anche la principale antagonista della storia. Il dolore di perdite insanabili, una solitudine più opprimente di quanto riesca ad ammettere, l’incapacità di gestire la sconfitta, la consapevolezza di un’unicità che vede come una condanna all’alienazione la spingono a un passo dal punto di non ritorno. Ma salvarsi, scoprirà, è un atto di fede. Fede in sé stessa, fede nella bontà del suo dono, fede nella forza di legami che al di là del sangue sanno farsi famiglia.

La sfida di Beth ai propri demoni – combatterli, cedervi, ribellarvisi –, alle circostanze di una vita sfortunata e allo scetticismo di un mondo degli scacchi apertamente maschile e maschilista è una prova di genialità tanto da parte della principale interprete quanto di ognuno dei creatori del mondo de La Regina degli Scacchi. Anya Taylor-Joy è impeccabile nei panni di Beth. La sua presenza scenica regge da sé l’intero impianto della serie, e il suo sguardo magnetico racchiude con autenticità stupefacente il complesso universo emotivo di Beth e il lavorio mentale che si contrappone alla sedentarietà tipica degli scacchi. Quel suo paio d’occhi, riconoscibile tra mille, supera i limiti dello schermo e tocca emozioni viscerali che le guadagneranno senz’altro dei riconoscimenti alla prossima awards season.

Il resto del cast, tra volti noti ed esordienti, offre prove memorabili che contribuiscono a elevare la serie. Bill Camp è uno straordinario signor Shaibel, e Marielle Heller strappa con forza la compassione del pubblico per il suo personaggio, una donna che nel dono della figlia adottiva crede di trovare una scorciatoia per la vita di lussi e passioni che ha sempre sognato. Paga invece il poco tempo a disposizione la commovente Jolene – interpretata da Moses Ingram –, giovane donna afroamericana capace di affrancarsi dal ruolo di outsider e prefigurare anni di lotte per il riconoscimento dei diritti civili.

Lo straordinario universo visivo de La Regina degli Scacchi su Netflix contribuisce al successo assoluto della serie. Gli arredi e la palette cromatica situano la storia in un’epoca al cui interno confluiscono stili e ispirazioni diverse, e a segnalarne la successione temporale sono gli abiti, le pettinature, il trucco di Beth e delle poche altre donne della serie, cui si contrappone lo stile ingessato del mondo maschile degli scacchi. La stessa eloquenza definisce una splendida colonna sonora: successi del tempo e brani originali accompagnano il fluire incalzante de La Regina degli Scacchi, calibrato sul ritmo dei migliori thriller e perfettamente godibile anche a chi sia estraneo al mondo del gioco.

Nella narrazione senza punti deboli, nella cura maniacale dei dettagli e nell’interpretazione semplicemente spettacolare di Anya Taylor-Joy si concretizza dunque l’eccellenza de La Regina degli Scacchi su Netflix. Una miniserie che basta a sé stessa, mantiene ogni promessa e offre esattamente quel che si chiede in questo folle momento alla televisione migliore: una storia così irresistibile da chiuderci il mondo alle spalle.

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