Fallisce l’esperimento Quibi, cosa non ha funzionato per la piattaforma di video brevi

Ecco perché la piattaforma di video brevi fruibili su smartphone e tablet chiude a soli sei mesi dal lancio

Il sito di Quibi, la nuova piattaforma di video brevi

[Quibi.com]


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A poco più di sei mesi dal lancio l’avventura di Quibi nell’arena dello streaming è già terminata. La piattaforma di video brevi – meno di dieci minuti ciascuno – pensati per essere fruiti su smartphone o tablet è costretta a gettare la spugna a causa di quelli che il fondatore Jeffrey Katzenberg definisce cambiamenti radicali nel settore [dello streaming e dell’intrattenimento].

La notizia della chiusura segue mesi di speculazioni sulla possibile vendita di Quibi e sul tentativo di salvare la piattaforma attraverso una quotazione in Borsa o la fusione con un’azienda che ne potesse sostenere lo sforzo economico. Tuttavia, dopo aver valutato le opzioni sul tavolo, Katzenberg e la CEO Meg Whitman sono stati costretti ad ammettere che Quibi non sarebbe stata in grado di continuare a operare nel lungo periodo su base autonoma, visti i mutatamenti del business e le sfide attuali.

Le difficoltà della piattaforma sono parse evidenti fin dal lancio – secondo il Wall Street Journal i due milioni di abbonati conquistati in questi mesi sfiorano appena il 30% degli utenti previsti – al punto che già all’inizio dell’estate gli analisti lamentavano il marketing fallimentare di Quibi, la sua programmazione poco accattivante e, nel complesso, una filosofia poco chiara che la pandemia di Coronavirus avrebbe messo in ulteriore difficoltà.

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In effetti è possibile che sia stata l’immobilità forzata del pubblico cui si rivolge – i millennial e la generazione Z – a stroncare le speranze di crescita di Quibi. L’obiettivo della piattaforma è sempre stato offrire quick bites, ossia contenuti brevi, da gustare in maniera casuale nei momenti morti della giornata, dai minuti trascorsi sui mezzi pubblici a quelli spesi in coda o in attesa di sbrigare qualsiasi incombenza. Il lockdown cui il mondo occidentale è stato costretto ha però svincolato il pubblico dalla necessità di fruire di contenuti brevi, per non parlare della disponibilità di opzioni simili e gratuite, tra cui YouTube e i social media in genere.

L’avventura di Quibi nel complesso e sovraffollato mondo dello streaming si concluderà dunque con i tentativi della dirigenza di venderne gli asset a piattaforme o network che dimostrino l’interesse a farne fruttare il potenziale. In attesa di scoprire se almeno queste intenzioni avranno esiti positivi, Katzenberg e Whitman hanno pubblicato su Medium una lettera aperta ai dipendenti, agli investitori e ai partner che hanno creduto in Quibi e hanno reso possibile quest’avventura.

Il nostro fallimento non è dipeso da una mancanza di tentativi; abbiamo considerato ed esaurito ogni opzione disponibile. Tutto ciò che ci resta da fare è porvi le nostre più profonde scuse per avervi delusi. Non possiamo ringraziarvi abbastanza per averci aiutati e per esserci stati accanto dall’inizio alla fine. […] Non avremmo mai potuto prevedere le circostanze del lancio [della piattaforma] durante una pandemia. Altre aziende hanno affrontato sfide senza precedenti e sono riuscite a trovare una via d’uscita, per noi non è stato possibile. […] Abbiamo ancora un capitale sufficiente per proseguire per un lungo periodo, ma abbiamo preso la difficile decisione di cessare gradatamente le attività, restituire gli investimenti agli azionisti e dire addio ai nostri talentuosi colleghi con dignità, si legge.