Caro Emis Killa, tira fuori le palle e manda a quel paese i tuoi seguaci che hanno trattato male Margherita Vicario

Margherita è una delle nostre artiste più interessanti e intelligenti e non merita l'attacco sessista che ha subito dai fan del rapper


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Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani.

Cade e muore.

Parliamo di rap.

Parliamo di come il rap, a volte, spesso, specie in Italia, sia rimasto al palo.

O meglio, parliamo di come il pubblico del rap, certo pubblico del rap, sia rimasto al palo. Perché, la citazione straabusata de L’odio è lì per ricordare che da quel film sono passati ormai venticinque anni, erano gli anni Novanta, questo è l’anno del Signore 2020, quello della pandemia e tutti gli altri segni dell’Apocalisse, continua a pensare che chiamare puttana una donna, o frocio un uomo, in entrambi i casi con intenti chiaramente biecamente denigratori, non credete a chi vi parla di slang giovanile o di narrazione, sia qualcosa di lecito.

Ora, non credo di essere la persona più idonea a parlare di politicamente corretto. Non mi piace il politicamente corretto. Non lo applico alla mia vita. Ma so distinguere il politicamente scorretto dall’attacco sessista o omofobo, so riconoscere quando si dice “negro” per ignoranza, sei stato chiamato “negro bianco” tutta la vita, dai, non scherziamo, e quando con intento razzista, so in sostanza riconoscere quando l’uso delle parole è parte del discorso e quando invece ne è la sostanza.

Questi i fatti, li avrete già sentiti. Esce 17, un album che vede insieme due pesi massimi del rap di casa nostra. Jake la Furia e Emis Killa, nello specifico, due che, possa piacere o non piacere quel che scrivono e dicono, sono comunque parte della storia del genere in Italia. Margherita Vicario, che come ho avuto modo di dire questa estate andrebbe trattata con cura perché è una delle nostre artiste più ispirate e talentuose (e nell’usare il femminile non intendevo certo tirarla fuori da un ipotetico confronto con i colleghi maschietti, che spesso e volentieri si mette in tasca col solo aprir bocca, usavo un femminile volontario, dando seguito immagino alle istanze di Vera Gheno), comunque Margherita Vicario critica una delle canzoni del duo, di Emis nello specifico, Sparami, canzone nella quale fanno capolino anche Salmo e Fabri Fibra. Lo fa sui social, sostenendo, devo dire a ragione, ma non è fondamentale che io sia d’accordo con lei, che il testo puzza di vecchio, intriso di una violenza verbale e con neanche troppi lontani rimandi alla violenza fisica, e quei termini, “mettere il cazzo in queste fighe infime”, “a fine serata gliel’avrò dato”, che per quanto ambientato in un bar, probabilmente vien da pensare un bar davvero di merda, suonano agghiaccianti.

Ovviamente arrivano i soliti sitarelli del cazzo, mimesi, dedicati al rap, che prendono lo sfogo ironico di Margherita, che non a caso chiosa dicendo “trattatela bene la figa, che è la cosa più preziosa del mondo”, e pavidamente nascosti dietro l’incitante “cosa ne pensate” lasciano agio ai tanti fan di scaricare odio e merda contro la cantautrice. Qualcosa che ha nel “figa infima” il punto di partenza, ma che va ovviamente oltre. Conosco la situazione. Mi è capitata, seppur spoglia dei riferimenti sessisti, più volte, quasi ogni qualvolta io mi sia trovato a criticare un rapper, dallo stesso Emis Killa, che va detto ci ha messo poi la faccia per incontrarmi e chiarire, a tanti altri, uno degli ultimi casi è relativo a Sfera Ebbasta, come un copione. Qualcuno chiede “cosa ne pensate”, arrivano le armate della notte, ti riempiono di merda fino al collo, minacciano te e i tuoi cari, ti segnalano massicciamente le pagine social, facendotele chiudere, vanno avanti per giorni e giorni, forti dell’essere branco. Ma qui è decisamente peggio. Perché gli insulti e le minacce hanno chiara matrice sessista, si ha un bel dire che così non è, perché quello è gergo, è come si parla nei bar (ma che cazzo di bar frequentate?). Nei fatti alla fine Margherita quasi arriva a prendere le distanze da se stessa, definendosi polla per essere caduta in una sorta di trappola. Sembra pentita non tanto dell’aver detto quello che legittimamente pensava, quanto di aver dato adito a qualcuno di poterla insultare. Che è un po’ come dire, se non fossi uscita quella sera non mi sarebbe successo niente. Qualcosa che abbiamo dovuto sentire anche troppe volte.

Ora, se ne era parlato già ai tempi degli insulti sessisti, quella volta live e senza neanche un punto di partenza come una critica (ripeto, quella è sacrosanta, non sto dicendo che Margherita Vicario se l’è cercata, lo dico per i fan subumani che volessero attaccarsi a queste parole, in caso, piuttosto, attaccatevi al cazzo, lo dico perché in questo caso gli insulti sono partiti da un lecito commento, nel caso che sto per raccontare no), quando CRLN si è beccata un diluvio di insulti mentre partecipava a un festival dove headliner sarebbe stato, poco dopo, Gemitaiz. Una cosa indegna, che ha avuto di molto indegno anche il tacere del rapper romano, sul momento e dopo, più attento a tenersi buoni i fan subumani che a difendere giustamente una collega attaccata in quanto donna. Il rap ha un problema serio con la misoginia. E non venite a dirmi che ce l’ha perché inscena situazioni di vita quotidiana dove la misoginia è in effetti di casa, questo voler sempre nascondersi dietro la narrazione ha rotto il cazzo. Qui si gioca su una ambiguità che non è narrazione e non è neanche politicamente scorretto. Si dice che una è una figa infima e si finisce per far passare il concetto che dire figa infima sia cosa naturale, normale. Ripeto, non è Fausto Leali che spaesato dice negro a Enock Balotelli, e nello spiegarsi fa anche peggio, perché in quel caso è più una faccenda di ignoranza, e lungi da me il voler difendere chi poco prima aveva fatto l’elogio di Mussolini, intendiamoci, ma attaccarsi a quella frase è stato decisamente meschino da parte di un programma, il GF Vip, che in effetti è un insulto all’intelligenza già di suo. Questo è un caso acclarato di abuso nei confronti di una cantautrice, che ha espresso un suo parere e è arrivata alla conclusione che dar seguito ai propri pensieri sia sbagliato, o quantomeno ingenuo.

Io mi aspetto, e me lo aspetto perché credo sia necessario, fortemente necessario, che Emis Killa prenda debitamente le distanze dai fan subumani, ripeto subumani, che hanno fatto questo a Margherita Vicario, perché, come lei stessa ha detto, sembra quasi che il suo parlare e venire inondata di merda sia stato una sorta di spot subliminale a Social Dilemma, il documentario piuttosto discusso di Netflix, ma nei fatti è stato un chiaro atto intimidatorio e sessista, e il sessismo e la misoginia non può essere difesa, mai. Intendiamoci, Margherita non ha bisogno del supereroe di Guerriero di Mengoni, sa benissimo difendersi da sola, quel “biscottini anacronistici kamikaze” credo sia il dissing dei dissing, roba che manco Eminem con Everlast ai tempi.

Il fatto è che il silenzio di Emis Killa, ma anche di tutti gli altri rapper coinvolti in questo brano, e degli altri rapper in generale, oggi, come quello di Gemitaiz e compagnia bella nel caso di CRLN, grida vendetta. Un silenzio che è tirare su il cane e armare il grilletto (volevo usare un linguaggio da duri, ma non so un cazzo di armi, chissà se ci ho preso) di una generazione di ragazzi e ragazzini che, fortunatamente non collettivamente, rischia davvero di non capire quanto le loro parole siano dotate di peso specifico.

Se poi, per caso, qualche subumano pensasse di venir qui a dirmi, ma come, ma proprio tu che attacchi la Pausini o Emma, che dici che fanno cagare? Ecco, già spiegarvelo è operazione imbarazzante, ma criticare l’opera di un artista non equivale a intimarle con il sopruso e la violenza verbale di star zitta. Non scherziamo. Dire che una canzone fa cagare non è dire troia, o quel che è. Ripeto, non scherziamo. Criticare un’opera non equivale a criticare una persona, e criticare qualcuno per quello che fa, parlando di quello che fa, non equivale a criticare una persona. Soprattutto non equivale a intimarle il silenzio, figuriamoci. A spingerla a dire, la prossima volta starò zitta. Anche perché, sempre per dire, non mi sembra di aver lesinato negli anni parole altrettanto amorevoli ai colleghi maschietti, da Biagio a Tiziano in giù.

Come nel caso di Willy, dove Ghali ha lamentato una sorta di vigliacco silenzio da parte dei suoi colleghi rapper, a suo dire impauriti di andare a incappare nell’abbandono da parte dei propri fan, vicini a quel tipo di pensieri che hanno mosso i fratelli Bianchi, così vien da pensare che chi adesso tace lo fa esattamente per quel motivo, direi assolutamente qualcosa di molto distante dalla poso da duro che quel tipo di testi invece palesa.

Quindi, caro Emis, tira fuori le palle e manda a cagare i tuoi seguaci che hanno trattato male Margherita Vicario. Spingiti oltre, chiedile scusa anche tu, che hai messo troppo tempo tra te e questa presa di distanze.

Più che altro, però, sarebbe il caso, e qui parlo a voi che leggete, di passare a seguire in massa Margherita Vicario, non perché vittima di questa brutta situazione, e ci mancherebbe altro, ma perché è una delle nostre artiste (vedi sopra) più interessanti e intelligenti. Una che, in effetti, son parole sue, nei suoi singoli Abaue, Giubbottino, Romeo e Mandela aveva proprio affrontato nel dettaglio esattamente il rapporto uomo, donna, emulazione, storytelling, ignoranza, violenza, con risultati notevolissimi. Lo dicevo settimane fa, plaudendo all’uscita di Piña Colada, un miracolo nell’estate dei Karoake e dei Guaranà, Giubbottino è una delle cose più belle uscite in Italia negli ultimi (aggiungete un numero per voi impressionante di) anni. Una voce, nel senso non solo di strumento ma di cifra, originale, spessa, capace di giocare coi generi rovesciandoli, come una scrittrice postmoderna, una Mark Leyner contemporanea.

Andatela a cercare, ascoltatela, innamoratevene.

Trattate bene le vostre orecchie, ascoltate Margherita Vicario.

Ah, poi trattate sempre bene la figa, è la cosa più preziosa del mondo.