Parte X Factor: non funziona niente e il meccanismo è logoro, ma continuerò a parlarne (con mia figlia)

Tutto è prevedibile, finto, sai già prima cosa sta per succedere e, colpo di scena, in effetti succede sempre quello che ti immagini, niente


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È dal 2015 che io e mia figlia Lucia, oggi diciannovenne, allora quattordicenne, scriviamo insieme le pagelle di X Factor. Una idea di Peter Gomez, all’epoca scrivevo per il sito del Fatto Quotidiano, nata da una stroncatura violenta di un concerto di Lorenzo Fragola, concerto a cui ero andato per accompagnare, appunto, mia figlia. Le cose erano andate così, mia figlia mi aveva detto che avrebbe voluto tanto vedere Fragola in concerto, al che le avevo chiesto: “e chi  Fragola?”, salvo poi capire subito che era il ragazzino che aveva appena vinto X Factor, uno che era arrivato cantando il Modugno di Uccellacci e uccellini salvo poi finire a fare canzoni con l’hashtag nel titolo, misera fine. Ovviamente l’amore paterno è più forte del buon senso, per cui l’ho accompagnata, ma una volta arrivati all’Alcatraz lei se n’è andata con le sue amiche in prima fila, e io sono rimasto come un cretino in fondo, con l’iPad.

Non ho avuto quindi di meglio da fare di scrivere un articolo, io, solo, in piedi, in un posto come l’Alcatraz, pieno di ragazzine urlanti per uno che faceva musica di merda. Non ne è uscito nulla di buono. Sono stato un filo violento, lo ammetto. Ma la cosa non si è fermata lì. Perché Fragola mi ha risposto, dalle pagine di Repubblica, per altro dandomi dell’omofobo, ma va bene così. E da lì montata tutta una querelle, con l’apice in un articolo su Noisey col giovane collega, siamo generosi, che mi faceva la perifrasi, salvo pensare che Modugno fosse vivo e avesse scritto per Fragola. Insomma una cosa triste e appiccicosa, come nella canzone di Gabbani, che però non è triste, solo appiccicosa. A questo punto a Gomez viene l’idea. “A me interesserebbe anche il suo punto di vista,” mi dice, parlando del motivo che mi aveva indotto a andare a sentire Fragola: mia figlia. Da lì l’idea di mettere a confronto le nostre idee su qualcosa rivolto apparentemente più a lei che a me, X Factor.

In realtà mia figlia, come buona parte dei ragazzi, non guarda la TV. I dati di ascolto di X Factor, 650mila spettatori la prima puntata, neanche la pubblicità di Prostamol ne fa così pochi, lo dimostra. Hanno perso spettatori a ogni tornata, per altro, come spesso capita ai programmi tv partoriti a Milano e dei quali a Milano si parla con una certa insistenza, insistenza del tutto assente già a Lodi, però, nonostante una percezione distorta dell’interesse intorno al programma stesso, i social in questo sono traditori, perché hai voglia a essere trend topic se poi la gente si limita a parlarne senza manco sapere esattamente di cosa sta parlando. Sono andati a tentoni, inseguendo giudici che, nel boschetto delle fantasia di produzione e autori, attirasse giovani, da Sfera Ebbasta, l’anno scorso, a Emma quest’anno, seppur il giudice che ha meglio fatto negli anni è stato Mara Maionchi, ottanta candeline soffiate quest’anno.

Comunque per cinque anni le abbiamo scritte. Doppie. Io scrivevo le mie, lei le sue, poi venivano pubblicate di seguito, senza che io e lei scrivessimo mai insieme. Pagelle che sono state molto lette, lo so, la rete concede l’agio di avere a disposizione i numeri. A volte da più gente di quanta non seguisse il programma, perché a modo loro erano un appuntamento nell’appuntamento. Alcuni, è ovvio, hanno usato le pagelle di mia figlia per vomitare odio nei miei confronti, dicendo che lei è più obiettiva, che scrive meglio, che capisce di musica più di me. Quasi nessuno ha attaccato lei, anche perché ho imposto ai siti che riportano commenti di moderare l’odio, almeno finché era minorenne. Per il resto ci sono le mie mani, del resto. Ovviamente c’è sempre chi mi attacca perché dice che faccio nepotismi, che se non fosse perché è mia figlia non ci scriverei le pagelle insieme, il che è direi abbastanza scontato, come potrei scrivere le pagelle padre/figlia con uno o una sconosciuto/a? Scrivo con lei perché vive con me, ascolto la sua musica, lei ascolta musica prevalentemente con lo smartphone come tutti i suoi coetanei, perché abbiamo un modo diverso di vedere le cose, ma comunque siamo padre e figlia, quindi ci conosciamo a memoria. Le pagelle doppie hanno senso anche per quello. Le famose interviste doppie delle Iene, per dire, mica le fanno a caso, c’è sempre un motivo dietro, una collaborazione, un rapporto, qualcosa. Così è nel caso delle pagelle padre/figlia, tocca essere padri e figlie per farle. Anzi, tocca che io sia il padre, e lei la figlia, perché io scrivo parlando spesso se non sempre della mia vita, o di quella porzione della mia vita che ritengo sia utile a esporre per arrivare a parlare d’altro, quindi il fatto che di colpo lei, parte del mio racconto, prenda voce rende il tutto più potente.

E poi, lo dico senza paura di essere accusato di essere obnubilato dallo sguardo paterno, e obnubilato è una parola che chi ha pensato di fare queste accuse ovviamente non potrà capire, dotato di un quoziente intellettivo composto di numeri a una cifra, le pagelle padre/figlia funzionano perché mia figlia ha cose da dire e sa come dirle, non so per una questione genetica, ma tant’è. Se qualcuno, ma devo dire questa è una accusa che non è mai arrivata, avesse pensato che sono sempre io a scriverle, appena lette si sarebbe dovuto rimangiare il tutto, perché è palese che quella non è farina del mio sacco, sia per contenuti che per stile (lo so, sono un cazzo di scrittore professionista, con un passato da ghost writer, ma perché mai dovrei sfornare nottetempo pagelle con la mia cifra e la cifra di mia figlia, quando c’è tanto bene lei che può farlo, per altro esternando gusti assai diversi dai miei, spesso in antitesi coi miei.

A nessuno dei due frega di X Factor, ma a entrambi piace avere un terreno di scambio dialettico comune e credo che quelle pagelle siano a loro modo interessanti anche per questo, per altro fanno numeri forse più alti del programma stesso, ripeto, credo che le pagelle piacciano anche a chi le legge. Solo che ho visto la prima puntata della nuova edizione. Non per fare le pagelle, quelle riguardano i live, più per la curiosità di vedere come sarebbe stata la versione Covid19, senza pubblico, e come sono i nuovi giudici Emma e Hell Raton, oltre che i due redivivi Mika e Manuel Agnelli. Ho visto la prima puntata della nuova edizione e mi ha fatto davvero cagare sangue.

Non funziona niente. Il meccanismo è logoro, questo lo aveva capito da anni, non a caso nel resto del mondo non esiste più X Factor da eoni. Tutto è prevedibile, finto, sai già prima cosa sta per succedere e, colpo di scena, in effetti succede sempre quello che ti immagini, niente.

I giudici, a parte Hell Raton, di cui ignoravo la resa televisiva ma che si è dimostrato empatico e competente, sono inguardabili, gente che si commuove a ogni cazzata, anche per gente che, se suonasse a un pianobar, ci vedrebbe chiamare di nascosto la Polizia per dire che nel locale c’è una bomba, pur di farla smettere.

Vedere Manuel che piange per la tizia che canta Joni Mitchel, per dire, mi ha indotto a usare i cd degli Afterhours, cd che ho amato alla follia, per scrostare le fughe delle piastrelle del bagno, perché a tutto c’è un limite. Il fatto che dica di continuo che X Factor è un mostro non è una attenuante, perché se pensi che una cosa sia negativa puoi semplicemente non prenderne parte, senza doverne prendere le distanze di continuo.

Emma è la quintessenza della cafonaggine, ma questo già lo sapevamo, e dimostra di capirne di musica quanto io ne capisco di… niente, non c’è qualcosa di cui io ne capisca altrettanto poco, anche di cose a me sconosciute ne capisco più di quanto Emma non dimostri di capire di musica, e, diciamolo una volta per tutte, star sempre lì a evocare che è stata male, ha contrapposto il mostro con cui ha combattuto lei, reale dice, a quelli evocati da Manuel, ha un pochino rotto il cazzo. Perché le malattie ci sono da sempre, e non è che sbandierarle a destra a sinistra possono giustificare una carriera costellata di canzoni ridicole e soprattutto quell’aura di rocker che, diciamolo, addosso a una che canta Latina ci sta tanto quanto a me starebbe… ci siamo capiti. Per altro, ma dico l’ovvio, lei non è empatica, perché non sa esserlo, forse, e comunque non sa simulare empatia manco a pagamento.

Cattelan è perennemente scazzato, e almeno a lui lo pagano, pensa noi. Mika deve fare la parte di quello estroso, perché è vestito da cazzo, andando a volte a prendere decisioni del tutto  posticce, ma considerando che l’anno scorso era andato ospite blastando in diretta produzione e autori, parlava di voci di stronzi nelle cuffie, e quest’anno è lì, direi che siamo in presenza di un altro caso di riciclaggio evidente, di una carriera che non va da nessuna parte e che necessita evidentemente di una boccata di ossigeno.

Non funziona niente, ripeto, credo di aver reso l’idea.

Insomma, un tormento.

Non a caso per cercare di montare un minimo di interesse si sono inventati il fenomeno “Casadilego”, la ragazzina coi capelli verdi che ha interpretato A case of you di Joni Mitchell, brava, intendiamoci, ma che dopo neanche trenta secondi di performance vedeva già Manuel commosso, le lacrime a rigargli le guance, e soprattutto vedeva i giorni seguenti vecchi tromboni come Renato Franco del Corriere e soprattutto Ernesto Assante di Repubblica dedicarle paginate sui rispettivi quotidiani, manco stessimo parlando di una vera artista, perché dopo due minuti di cover montati in tv chi potrebbe davvero dire se si tratta di arte o semplicemente di spettacolo, e soprattutto come se X Factor non fosse un flop, ma di un momento centrale per la nostra cultura e il nostro show business. Roba da voltastomaco, Casadilego a prescindere.

Tutto da buttare.

Quindi, non fosse che perdere questa occasione di scambio di opinioni mi scoccia, sarei tentato di mollare il colpo e chiudere le pagelle qui, prima che nascano, come con la pillola del giorno dopo.

O, magari, potremmo fingere di farle e in realtà parlare delle musiche che ci interessano, confrontandoci su quelle. Certo, se con Fedez in zona mi sono concesso l’agio di chiamarlo in ogni pagella Stocazzetto per anni, non oso pensare che chance mi offrirebbe la presenza di Emma, come mi incuriosirebbe tanto vedere se la prossima volta che incontro Manuel fingerà di nuovo di non vedermi, è successo a Sanremo, offeso per le mie parole, visto che ci conosciamo da oltre venti anni e abbiamo anche lavorato insieme.

Ma di Emma potrò scrivere parlando d’altro, e che Manuel sia permaloso lo sapevo già negli anni Novanta, posso anche farne a meno.

Sì, credo proprio che, coi live, io e Lucia faremo delle pagelle piuttosto personalizzate, nelle quali parleremo del programma il minimo sindacale, perché non vogliamo essere complici di questa merda, e più che altro parleremo di musica che a noi piace. Tipo così.

EMMA 9

Fare oggi un album di musica suonata è qualcosa che con buona probabilità andrebbe indicato come gesto rivoluzionario. Forse di quel tipo di rivoluzione che prevede un tributo di sangue, quelle che poi finiscono ricordate con monumenti con su scritto i nomi dei caduti. Perché oggi la musica si ascolta al volo, con lo smartphone, spesso non prestando attenzione, questa almeno la mia recondita speranza, vista la qualità di merda della suddetta musica, perché mai uno dovrebbe spingersi a entrare in uno studio di registrazione, usare uno strumento vero, suonarci davvero, senza star lì a spiegare a un programma cosa fare o cosa andare a prendere? Ecco, fare oggi un album di musica suonata è quindi qualcosa che con buona probabilità andrebbe indicato come gesto rivoluzionario, fare un album nel quale, per solo pianoforte, si reinterpretano le canzoni di una band sì rivoluzionaria come i Decibel, tredici tracce nelle quali non ci sono altri strumenti, non c’è la voce di Enrico Ruggeri, solo il piano e le canzoni, è qualcosa di folle, ma roba da camicia di forza e pillole colorate da mandare giù con un paio di bicchieri d’acqua. Io adoro i folli, e Silvio Capeccia Plays Decibel è un album incredibile, perché prende quelle canzoni che così tanto abbiamo amato, canzoni che ci hanno fatto conoscere il punk, parlo per me ma ovviamente non solo per me, ci hanno indotto all’ascolto dei Wire, degli Stranglers, degli Sparks, di Costello, e ce le regala in una veste del tutto inedita, dimostrando come le composizioni fossero ricche a prescindere dai suoni che poi le hanno vestite, dimostrando come un pianoforte, se suonato bene, e Silvio Capeccia, che è uno dei tre Decibel insieme a Ruggeri, qui nelle vesti di co-produttore con lo stesso Capeccia, e Fulvio Muzio, suona in maniera assai personale, non un pianista classico ma decisamente un pianista che è venuto su con gli ottimi ascolti di cui sopra, tra gli altri, può prendere canzoni già belle e renderle belle di una bellezza altra. Ascoltatelo, fatevi un favore.

Ah, Emma a X Factor, almeno alla prima puntata, ha fatto cagare. Finta, affatto empatica, simpatica come lo spigolo del comodino cui abbiamo lasciato una porzione del mignolo del piede, nessuna capacità di comprendere cosa sia la musica oggi, ma anche ieri. Il voto, quello che avrei dato a lei, è 2, di incoraggiamento.