The Old Guard, il nuovo film Netflix con i guerrieri immortali Theron e Marinelli

Da oggi su Netflix il film in cui un gruppo di mercenari col dono della vita eterna combatte contro una multinazionale del farmaco che vuole usarli come cavie. Un action che mira alla costruzione di una serie. Ma è un cinema senza cuore

The Old Guard

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Da oggi su Netflix c’è The Old Guard, l’action diretto da Gina Prince-Bythewood e prodotto da Skydance (6 Underground, il nuovo Top Gun: Maverick), tratto dall’omonimo fumetto scritto da Greg Rucka e disegnato da Leandro Fernandez, con il primo anche sceneggiatore dell’adattamento cinematografico.

La mattatrice è Charlize Theron, anche coproduttrice del film, ormai specializzata nei ruoli di algida guerriera, dopo gli ottimi Mad Max: Fury Road e Atomica Bionda. Stavolta è Andromaca di Scizia, leader di un piccolo gruppo di combattenti mercenari che, per misteriose ragioni, sono dotati del potere dell’immortalità. Accanto a lei, di età indefinita ma sicuramente più che millenaria, ci sono Booker (Matthias Schoenaerts) che ha combattuto nelle guerre napoleoniche e la coppia Nicky (Luca Marinelli) e Joe (Marwan Kenzari), che hanno partecipato alle Crociate e sono sentimentalmente legati da allora.

Gli immortali sono cementati dall’etica guerriera e intervengono nelle situazioni in cui il loro contributo può fare del bene. Costretti all’invisibilità, hanno però inevitabilmente lasciato delle tracce, che hanno consentito a un ex agente della Cia (Chiwetel Ejiofor) di individuarli e consegnarli nelle mani di Merrick (Harry Melling), megalomane Ceo d’una multinazionale farmaceutica che vuole usarli come cavie per scoprire, e commercializzare, il siero della vita eterna. La vicenda si ingarbuglia anche perché gli immortali scovano una giovanissima marine, Nile Freeman (Kiki Layne), dotata dei loro stessi poteri, che cercano di fare entrare in squadra. E tutti insieme devono sventare il malvagio piano di Merrick.

Kiki Layne, la regista Gina Prince-Bythewood e Charlize Theron

Niente di nuovo sotto il sole con The Old Guard: il film prende il canone del genere spionistico, di cui mantiene la classica ambientazione internazionale (si passa dal Marocco a Londra all’Afghanistan) e vi innesta su l’elemento tra fantastico e supereroistico dell’immortalità (col contorno di grandi poteri cui conseguono grandi responsabilità). Il che consente non solo di spaziare sull’intero globo terracqueo ma di muoversi anche lungo la direttrice del tempo, con flashback che portano nell’antichità, alle Crociate o nell’era della caccia alle streghe.

Gli immortali sono dei mostri, o mutanti per restare dalle parti dei supereroi. Quindi il potere dell’immortalità porta con sé il prezzo della discriminazione, e della conseguente solitudine, cui si aggiunge la disillusione legata alla mancanza di senso di una vita interminabile e dal peso emotivo insostenibile. Come svela Andromaca alla neofita Nile, il dolore dipende “non da quello che la vita ci porta via, ma da quello che ci lascia”. Inutile aggiungere che, come da manuale di sceneggiatura standard, tutti i personaggi hanno un rimpianto, un amore perduto, una colpa incancellabile che determina ogni loro scelta.

Dall’altro lato, i villain hanno la prevedibilità dei cattivi action anni Ottanta, mossi da pulsioni grette e feroci, secondo una bidimensionalità psicologica che non lascia scampo. “Cosa vedi?”, chiede Merrick alla sua caporicercatrice quando osservano gli immortali legati come topi da laboratorio. “Il premio Nobel”, risponde lei, rintuzzata dal Ceo che aggiunge: “Un mucchio di soldi”. Multinazionali del farmaco alleati a scienziati fanatici, nel segno della più sfrenata ambizione e avidità, cui solo la saggezza millenaria degli Immortali può opporre resistenza.

Non c’è molto altro in The Old Guard: la malinconia degli eroi è nella media di un film senza originalità, con la Theron alle prese con un carattere lontano dallo spessore della Furiosa di Mad Max. Di routine gli altri protagonisti, anche il bravissimo Marinelli. Che sfoggia un buon inglese con inserti di italiano (che parla con il compagno Joe), ed è però costretto nella gabbia di un cinema-algoritmo che non offre occasioni per finezze interpretative. La produzione però ci crede, data la struttura quasi da pilota d’una serie, con la presentazione di tutti i personaggi e un finale che pone smaccatamente le basi per il sequel. Si vedrà.