Stasera in prima tv su Italia alle 21.10 c’è Mad Max: Fury Road, il film con Tom Hardy e Charlize Theron. È il quarto episodio della saga del guerriero della strada, arrivato trent’anni dopo il terzo capitolo. Non c’è più il protagonista storico della serie, Mel Gibson, per raggiunti limiti d’età. Mentre invece dietro la macchina da presa c’è ancora una volta George Miller: che i più ormai davano sulla via della pensione, non tanto per i settant’anni, ma soprattutto perché le sue ultime prove – il dittico d’animazione dei pinguini ballerini di Happy Feet 1 e 2, coi quali, per carità aveva pure agguantato un Oscar – facevano immaginare che il suo stile elastico e nervoso d’un tempo fosse ormai un pallido ricordo.
E invece con Mad Max: Fury Road George Miller ha dato a tutti una lezione di cinema, ridando linfa all’immaginario post-apocalittico che l’aveva reso celebre, uno scenario neomedievale in cui esseri non più così umani combattono tra loro per contendersi i pochi beni disponibili, dall’acqua alla benzina, in un mondo segnato dalla penuria.
È una distopia pessimista e disturbante quella della saga di Mad Max, incastonata in uno scenario inospitale, arido e polveroso come il deserto dell’Australia da cui proviene il regista. Un mondo senza prospettive e speranze di futuro, appiattito su una realtà fatta di oggetti di seconda mano rimessi in sesto e mutati d’uso. In cui persino gli uomini, spogliati della loro identità, sono trasformati in materie prime da impiegare per far funzionare le macchine.
Ed è così che nel film troviamo Mad Max, interpretato da un attore ideale per la parte, il roccioso, furibondo Tom Hardy: incatenato con una museruola al cofano di un’automobile, utilizzato come sacca di sangue di scorta dal pilota del mezzo.
La sorpresa più grande di Mad Max: Fury Road è che, pur muscolare e rabbioso, si tratta di un film tutto nel segno del femminile. La vera protagonista infatti è Furiosa – una Charlize Theron perfettamente in parte -, la guerriera che si è ribellata al signore della Cittadella, Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne), autoproclama divinità cui tutti tributano una fanatica obbedienza religiosa perché è il padrone dell’acqua.
Furiosa fugge verso un’agognata terra promessa, portando con sé le giovanissime mogli dell’imperatore, che lui violenta e ingravida alla disperata ricerca di un erede sano (gli unici suoi figli sono uno stupido colosso e un nano). Suo malgrado, il solitario Mad Max si trova catapultato in questa missione apparentemente suicida, e decide di aiutare il gruppo di donne.
Il film è un unico, lunghissimo inseguimento, ma è un action movie che possiede un’anima. Merito dell’impianto di base della storia, che ritrae un mondo povero, dominato dalla scarsità, il che restituisce alla missione dei fuggitivi un senso di disperazione autentico. E povere sono le macchine, automobili rattoppate con pezzi di risulta, lontanissime dalla tecnologia levigata e opulenta dei film di fantascienza hollywoodiani.
Quello di Mad Max: Fury Road è un universo sempre sul punto di collassare, che infatti scompare inghiottito da maestose tempeste di sabbia o da notti grigie, che sottraggono i colori a una realtà in cui non cresce nulla, con pochi alberi rinsecchiti nella vastità desolante del nulla. Miller fa un cinema che rifiuta la pulizia anestetizzante del digitale, investendo lo spettatore con un mondo fatto di polvere, deserto, carne e sangue. Un film di orgoglioso artigianato, pieno di invenzioni visionarie che s’imprimono nella memoria: il chitarrista cieco appeso al camion che suona la carica heavy-metal d’una cavalleria postmoderna; l’esercito d’invasati rasati, scarificati e coperti di biacca che sognano di sacrificarsi per accedere al Valhalla; la droga metallizzata che i guerrieri si spruzzano sul volto per acquistare coraggio.
La fantascienza di George Miller ha il passo e la densità della tragedia, da cui deriva la centralità dei legami di sangue (la famiglia dell’imperatore, repellente e deforme, ha qualche debito con quella di Dune di David Lynch). La realtà di Mad Max: Fury Road è talmente disperante che dovrebbe essere sopraffatta dal pessimismo. Invece Miller ci regala un film incredibilmente energico e vitale, con personaggi che dentro la rabbia custodiscono un insospettabile grumo di sentimenti ostinatamente umani e il sogno di un’utopia possibile. Un film che ha lasciato un segno fortissimo nell’immaginario. E anche Hollywood s’è inchinata, tributandogli nel 2016 l’onore di 10 nomination e 6 premi Oscar.
Mad Max: Fury Road di George Miller, con Tom Hardy e Charlize Theron, stasera in prima tv su Italia Uno alle 21.10