Birdman, è uno spericolato tour de force visivo il film premio Oscar di Iñárritu

Su Rai Tre alle 21.20 il film consacrazione del regista messicano. Un ex divo, famoso per un supereroe, riparte dal teatro. Un tour de force girato in piano sequenza, in cui il cinema diventa teatro e il teatro si fa cinema. Con Edward Norton, Emma Stone e Naomi Watts

Birdman

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Birdman (2014), accompagnato da un sottotitolo impegnativo, L’Imprevedibile Virtù dell’Ignoranza, ha segnato la definitiva consacrazione di Alejandro González Iñárritu a maestro del cinema contemporaneo. Il regista messicano con questo film ha vinto nel 2015 tre Oscar personali, miglior film (in qualità di produttore), regia e sceneggiatura originale. Un exploit straordinario, confermato poi l’anno successivo da un altro Oscar alla regia per Revenant, il film che permise anche a Leonardo DiCaprio di ottenere l’agognato premio come miglior attore.

Birdman costituisce anche un punto di svolta nella carriera del regista. Fino ad allora, grazie alla collaborazione con Guillermo Arriaga, sceneggiatore dei suoi tre primi film (Amores Perros, 21 Grammi e Babel), Iñárritu si era distinto per storie ad alta temperatura emotiva, con protagonisti funestati da ogni possibile tragedia, tossicodipendenti, malati terminali, aspiranti suicidi. Il sapore piuttosto ricattatorio delle vicende era riscattato dalla calibrata struttura temporale a incastri – con andirivieni tra passato e futuro – che mascherava la natura melodrammatica del racconto e dava all’insieme una patina di eleganza narrativa quasi avanguardistica.

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Birdman
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Birdman segna un cambio di direzione. Basta mélo spudorati, è la volta di un racconto su di una compagnia che mette in scena uno spettacolo teatrale. Il protagonista è Riggan Thomson (Michael Keaton), ex divo del cinema, famoso per il supereroe Birdman, che per risalire la china mette in scena a teatro una riduzione dei racconti di Raymond Carver. Il cinema riflette sul teatro e su sé stesso. E lo fa, Iñárritu conferma le sue predilezioni, attraverso una struttura formale vistosa. Se prima indugiava sui giochi di prestigio temporali, adesso, dato siamo a teatro, luogo del realismo, di attori in carne ed ossa che espongono la propria corporeità senza infingimenti, ecco che il regista opta per un piano sequenza interminabile. Due ore senza fiato in cui la macchina da presa pedina i protagonisti in una messinscena febbrile e senza stacchi di montaggio.

È un rilancio continuo di dialoghi incessanti, con i personaggi pedinati da una camera ravvicinata che riprende ogni loro sussulto, trasalimento, dubbio. È una macchina di realismo assoluto, di più, di verità totale, come ripete Mike (Edward Norton), l’attore che pretende sia tutto autentico sulla scena, dal whisky che deve bere all’erezione che deve avere con la coprotagonista Lesley (Naomi Watts). Il teatro è il regno dell’autenticità, il luogo in cui l’interprete si mette a nudo. E quindi, paradossalmente, l’attore più bravo è quello che non recita ed è integralmente sé stesso. Iñárritu quindi prende le metafore alla lettera: e mostra attori in mutande sul palcoscenico che invece di indossare un ruolo espongono senza filtri la propria disperazione.

Emma Stone e Edward Norton

In Birdman il linguaggio cinematografico sembra piegarsi integralmente a quello teatrale, dando assoluta preminenza alla fisicità dell’attore, eliminando finzioni, effetti speciali e tagli di montaggio, puntando su una completa, lancinante radiografia del reale. Se fosse esattamente così saremmo dalle parti del cinema di John Cassavetes de La Sera Della Prima. Ma Iñárritu slitta continuamente da questo piano e rimescola i livelli della rappresentazione. Non dimentichiamo che Riggan è un ex supereroe dello schermo. Quindi, quando compare la prima volta in camerino, sta tranquillamente levitando a mezz’aria. Sposta oggetti con pensiero, è capace di volare e parla continuamente col suo alter ego, l’uomo uccello che l’ha reso famoso.

È un paranoico o cosa? E cosa è il film Birdman: un racconto realistico sull’arte del teatro o una più vertiginosa riflessione metalinguistica, in cui l’apparente autenticità è contraddetta dalla presenza di trucchi smaccatamente cinematografici? Persino il decantato piano sequenza di due ore è finto, sia perché il racconto copre diversi giorni, sia perché, con un effetto esibito, la notte si trasforma in giorno in un attimo.

Birdman è un’operazione anche intellettualistica, con questo gioco di specchi in cui il cinema si fa teatro e il teatro diventa cinema. Ma è anche, fino a oggi, l’unico film della sua carriera in cui Iñárritu dà spazio a un versante ironico, per come mostra questi attori un po’ disperati un po’ ridicoli nel loro prendersi terribilmente sul serio. E Riggan, che spera di ritrovare sé stesso attraverso la disciplina e la fatica delle tavole del palcoscenico, alla fine ottiene il successo solo quando accetta di essere quello che è. Cioè un uomo pieno di difetti (il rapporto difficile con la figlia Emma Stone), un attore mediocre e uno splendido supereroe.